Il 2023 di Ivrea: la scomparsa di Bettazzi e la nuova amministrazione comunale

Luci e ombre dei primi sei mesi dell’amministrazione Chiantore alle prese con un 2024 che impone cambiamenti nel modo di vivere la città e capacità di attivare partecipazione, non solamente di conservare o allargare consenso

Tanti gli eventi mondiali e nazionali che hanno connotato questo 2023 che sta per finire e che hanno condizionato e condizionano ovviamente anche la nostra vita quotidiana.
Localmente, in ordine cronologico, fondamentalmente solo due: il cambio di amministrazione comunale a Ivrea e la morte di Luigi Bettazzi.
Sì, ci sarebbe anche il fatto che a gennaio 2023 è definitivamente tramontata “Italvolt a Scarmagno e le migliaia di posti di lavoro” sbandierati, ma a crederci e a sostenere acriticamente l’ennesimo “cavaliere bianco” (questa volta lo svedese Lars Carlstrom) presentatosi in Canavese, era la solita “classe dirigente” locale e la Regione Piemonte di Cirio. Nulla di nuovo, nessun segno significativo lasciato, se non la triste conferma dell’inconsistenza degli organismi di rappresentanza locali e regionali.

E ci sarebbe anche, a marzo 2023, l’ultimo maldestro tentativo dell’amministrazione comunale di centro destra di affossare lo ZAC! L’ennesimo contro questa esperienza cittadina, che tanto ha fatto dannare l’amministrazione comunale dal 2018 al 2023 e tanto significa per il territorio e per la sua parte attiva. Tentativo stroncato da una mobilitazione eccezionale, quale non si vedeva da tempo a Ivrea. Ma anche qui nulla di nuovo.

Ben più grave per la città e il territorio è stata la scomparsa, il 16 luglio scorso, del “vescovo di Ivrea (perché, non ce ne vogliano i successori, Bettazzi è stato e resterà “IL vescovo di Ivrea”, un po’ come Sandro Pertini è stato e resterà “IL presidente della Repubblica”). Un uomo che ha lasciato segni profondi nella città e nel territorio contribuendo a definirne l’identità di comunità aperta, accogliente, vivace, democratica, antifascista, solidale, capace di combattere la disumanità (oggi persino esibita), di guardare oltre la sua dimensione e di prestare attenzione e cura alle peggiorate condizioni sociali e al divario materiale e culturale crescente.
Una perdita, quella di Bettazzi, che, seppur prevedibile perché giunta a 99 anni di età, ha consegnato un’impegnativa “eredità” a quanti l’hanno amato e hanno imparato da lui. E a un’amministrazione comunale insediatasi a Ivrea poco più di un mese prima della morte di Bettazzi, che ai suoi valori sostiene di fare riferimento.

Ma quanto e come effettivamente ha operato in questo senso l’amministrazione “progressista” Chiantore in questi sei mesi?
Normalmente occorrerebbe aspettare un po’ più di tempo per esprimere giudizi fondati, ma è lo stesso Sindaco Chiantore che, nella conferenza di presentazione della Giunta, ha messo in campo il fattore esperienzaquattro nuovi assessori per anni consiglieri comunali e pertanto conoscitori della macchina comunale e tutti che vantano una conoscenza diretta, continua e duratura della città e del territorio») grazie al quale sarebbe stato possibile “saltare” l’anno necessario per conoscere e gestire la cosa pubblica.
E allora proviamo a ripercorrere questi primi sei mesi dell’amministrazione comunale eporediese.

I riferimenti ideali o “della dimensione morale”

Già a giugno Chiantore e le assessore Dal Santo e Colosso, come primo atto politico, visitano il carcere d’Ivrea, contribuendo a rafforzare l’idea che l’edificio in corso Vercelli 165 è e continuerà ad essere un “quartiere” della città e come tale ha diritto ad essere seguito, ascoltato e non abbandonato (a maggior ragione dopo le tristi vicende di violenze interne del 2015 e 2016 che hanno visto indagati 28 tra agenti di polizia penitenziaria e un medico). Un impegno confermato e rafforzato dalla riunione del Consiglio Comunale svolto dentro le mura carcerarie svoltasi poche settimane fa, il 14 dicembre scorso.
Gesti simbolici che indicano una concezione della comunità senza esclusioni, con una particolare attenzione agli “ultimi”.

Ma ecco, a fine estate, il primo scivolone con la concessione del patrocinio comunale all’evento in memoria di Norma Cossetto promosso dal Comitato 10 febbraio (richiesto dall’esponente locale Igor Bosonin, ex Casapound riciclato Lega). Patrocinio che genera forti critiche da parte dell’ANPI di Ivrea e della Valle Elvo e Serra, di Unione Popolare e dello storico Eric Gobetti, ma che non provoca alcuna crepa evidente nella maggioranza. Un episodio che però lascia il segno e mostra un’amministrazione che sceglie la continuità con la precedente Giunta di centro destra (contando forse su un passaggio inosservato di un patrocinio quanto meno discutibile) e perde un’occasione per assumere una posizione chiaramente antifascista.

Altro scivolone clamoroso della maggioranza in Consiglio Comunale a Ivrea la gestione delle mozioni sullo sterminio (oltre ventimila morti finora, di cui almeno ottomila bambini) del popolo palestinese per mano dell’esercito israeliano, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre (che ha provocato 1.200 morti e il rapimento di 240 ostaggi nella popolazione israeliana).
Mentre il 21 ottobre si svolge in città una prima manifestazione contro l’occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi e per il riconoscimento dello Stato di Palestina (perché «la sicurezza per tutti è raggiungibile solo realizzando la parità di diritti, ponendo fine all‘occupazione e rimuovendo la discriminazione istituzionalizzata»), in Consiglio Comunale il 26 ottobre approda una mozione delle destre di totale ed esclusivo sostegno al governo e all’esercito di Israele al punto da non riportare neppure una volta la parola Palestina (quasi a voler cancellare la stessa esistenza di un popolo palestinese).

Già in difetto per non aver predisposto una propria mozione su una questione così drammatica e ancora viva, la maggioranza consiliare, invece di votare semplicemente contro (paura di essere definita antisraeliana?), si lancia nella contorta via degli emendamenti che si conclude con la sceneggiata dell’uscita dall’aula del proponente Andrea Cantoni (il giovin-Balanzone pupillo di Bertot e dell’estrema destra locale) che provoca il ritiro della mozione stessa.
Una più grande e partecipata manifestazione cittadina «per la pace e la giustizia in Palestina» organizzata l’11 novembre da 36 associazioni locali, raccoglierà poi anche l’adesione di tutte le forze della maggioranza e una mozione su questo tema sarà infine approvata in Consiglio Comunale il 28 novembre. Ma il ritardo e la difficoltà a muoversi della maggioranza su una questione umanitaria e di pace così rilevante e devastante, ha messo in mostra la distanza dalla sua stessa base sociale. Una difficoltà avvertita anche durante la seduta del Consiglio Comunale nella quale nessuno ha sentito la necessità di redarguire e fermare il giovin-Balanzone lanciatosi in roboanti offese dirette e personali nei confronti del consigliere Gaudino (capogruppo di Laboratorio Civico) nel corso della discussione della mozione sul conflitto israelo-palestinese.

Due scivoloni su questioni che hanno a che vedere con i valori di riferimento e con il sentire comune della parte attiva del territorio. Valori di riferimento basilari per pensare di poter “dare una mossa” alla società locale, condizione essenziale per immaginare di rispondere alla domanda (posta in apertura del programma elettorale della coalizione per Chiantore sindaco) «cosa vuole diventare Ivrea nei prossimi dieci anni e cosa vuole raccontare di sé?»
Allo stato attuale pare impossibile che una risposta possa arrivare senza un’attivazione del tessuto sociale, civile e culturale della città e del territorio. Ed è certamente questo il compito più impegnativo che ha di fronte questa amministrazione cittadina.

“Della dimensione amministrativa”

Impacciata e incerta sul piano politico e ideale, l’amministrazione comunale di Ivrea finora non è incorsa in alcun infortunio di rilievo sul terreno amministrativo, anche se le ristrettezze di bilancio (approvato il 27 dicembre) potrebbero determinare qualche problema nel prossimo futuro.
Intanto, in questi ultimi mesi l’amministrazione eporediese ha aperto tre questioni i cui esiti si potranno misurare nel 2024: l’assessore Fresc ha “salvato” le corse del trasporto pubblico locale dei quartieri periferici e promette di aprire un confronto con gli altri sindaci della conurbazione; l’assessore Dulla ha “ritoccato” verso l’alto alcune imposte locali (tra cui l’IMU, la tassa di soggiorno, le tariffe pubblicitarie e i ticket per i parcheggi), mentre l’assessora Dal Santo si appresta ad affrontare l’emergenza abitativa con politiche che agevolino gli affitti per le fasce deboli (aprendo alla sperimentazione sul territorio di pratiche realizzate in altre realtà dalla cooperativa La Tenda).

Più complesso, ma più ambizioso per i risvolti che può produrre è infine il caso dell’elettrificazione della ferrovia. Progetto ereditato dall’amministrazione Sertoli, era stato uno dei punti nevralgici della campagna elettorale, soprattutto per quanto riguardava la possibilità o meno di utilizzare treni a batteria per evitare l’apertura di un mega-cantiere della durata di almeno un anno in piazza Perrone che avrebbe paralizzato buona parte del traffico cittadino.
Una discussione che aveva visto Chiantore e Comotto favorevoli a una battaglia per modificare il progetto di RFI («ho chiamato personalmente la Stadler in Svizzera per chiedere se fosse fattibile usare dei treni a batteria e mi hanno garantito che si può fare» aveva dichiarato Chiantore), salvo poi sminuire questa posizione dopo la vittoria elettorale e virare verso la richiesta di maggiori compensazioni ottenute nel mese di novembre: uno studio finanziato da RFI per il raddoppio dei binari e la ristrutturazione dell’ex caserma Valcalcino.

Tanto? Poco? Abbastanza? Questa vicenda può essere giudicata sotto molteplici punti di vista, ma lo stesso Sertoli, ben prima delle elezioni, aveva messo in guardia sulla possibilità che esistessero margini per rivedere il progetto. L’incontro a Roma con il Ministero dei Trasporti, a cui aveva partecipato anche l’allora deputato del PD Davide Gariglio, era stato, infatti, un buco nell’acqua.
Viste le premesse e considerata la velocità con cui si procede spediti verso la realizzazione dei cantieri (quello della galleria in programma subito dopo Carnevale) la strada dell’opposizione tout-court al rialzo della galleria sotto via Riva pare essersi ridotta a un vicolo cieco.

Nel 2024 il tema della mobilità diventerà centrale come non lo è mai stato a Ivrea e nel territorio circostante e Chiantore e la sua maggioranza verranno giudicati per come riusciranno a cambiare lo stato attuale delle cose: la viabilità andrà completamente ripensata, il trasporto pubblico locale avrà bisogno di essere rivoluzionato, saranno necessarie politiche per disincentivare l’uso dell’automobile e altre per incentivare l’uso della bicicletta.
L’asticella è fissata molto in alto e non sarà facile per l’amministrazione Chiantore tenere assieme “cambiamento” e “consenso”.
Molto dipenderà dalla capacità di consolidare ed estendere la partecipazione alla vita pubblica di quei tanti cittadini e associazioni che rappresentano la vera ricchezza immateriale di questa città, fonte inesauribile di competenze, conoscenze e di legami con il territorio, nonché portatori di uno spirito di comunità.

Andrea Bertolino e ƒz