Tutti dentro (o quasi)

Primo Consiglio Comunale nel quartiere Carcere di Ivrea

La seduta del Consiglio Comunale di giovedì 14 dicembre, eccezionalmente svoltasi all’interno del quartiere Carcere di Ivrea, conclude un percorso di ascolto dei diversi quartieri della città, avviato dalla Giunta poco dopo essersi insediata e allargato, giovedì, all’intero Consiglio, ribadendo l’interesse comune verso una realtà complessa e importante.
Ma anche in questo caso la minoranza appare divisa; non sono infatti presenti i consiglieri Gabriele Garino e Andrea Cantoni (…) la propaganda arcobalenata colpisce ancora e pretenderebbe di trascinare i Consiglieri Comunali in carcere per incensare qualche politico e chissà chi altro (…). Un’occasione persa.
L’ordine del giorno contiene un solo punto: Progetti, problematiche, e futuro relativi alla vita delle persone private della libertà e del personale di sorveglianza della Casa Circondariale di Ivrea. L’occasione, è quella di andare sul posto, ascoltarle dai diretti interessati, le problematiche e provare a immaginarlo insieme, il futuro.

Le problematiche

Gli interventi sono tanti, ma sono appena un pugno le parole chiave che si ritrovano in molti di essi.
Giuseppe è il primo dei detenuti a prendere la parola. Cita le violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Ivrea tra il 2015 e il 2016 (sono 28 gli indagati, 27 agenti penitenziari e un medico in servizio presso il carcere, per lesioni e falsi aggravati) ma sottolinea che adesso è tutta un’altra cosa, che i rapporti con gli agenti penitenziari e con la direzione sono più distesi. Il rischio della prescrizione è reale e il prezzo troppo alto, per arrivare a una condizione che dovrebbe essere la normalità se, come recita l’articolo 27 della Costituzione, che non so sia bella, ma è sicuramente giusta, puntualizza Armando Michelizza presidente dell’Associazione Volontari Penitenziari Tino Beiletti, che in quel luogo ha insegnato per tanti anni e ha svolto la funzione di Garante, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Insomma, ribadisce qui si lavora prima per costruire il dopo).
L’edificio del carcere di Ivrea, la cui costruzione risale agli anni ’80, ha carenze strutturali importanti. La parola umanità non va d’accordo con sovraffollamento, infissi da sostituire, mancanza di spazi adeguati e altre carenze che i detenuti che prendono la parola elencano e che l’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone aveva evidenziato puntualmente dopo la sua visita al carcere di Ivrea il 3 agosto 2021
A novembre 2023 erano presenti nel carcere di Ivrea 263 detenuti (di cui 70 stranieri) rispetto ai 195 previsti come dato numerico della capienza regolare). E’ inoltre rilevante la presenza di soggetti “fragili” (detenuti con patologie psichiatriche e con dipendenza da sostanze).
Ma la parola più sentita è lavoro, che va a braccetto con rieducazione e con speranza.

Prepararsi al domani

U carciri sinza spiranza è nu campu santu (il carcere senza speranza è un cimitero), recita la poesia scritta da un detenuto della sezione Collaboratori di Giustizia per lo spettacolo Dell’anima mia ne farò un’isola, andato in scena in quella stessa sala una settimana prima. La speranza è quella del dopo, della seconda possibilità che va offerta al detenuto che un giorno uscirà dal carcere, il quale deve essere strutturato in modo da non correre il rischio di ritornarci. A oggi la percentuale di recidiva è pari al 70%; una qualunque azienda privata che mancasse il 70% dei propri obiettivi fallirebbe e questo dato è il fallimento di una società che si dice civile.
Se il dopo va preparato prima bisogna considerare i quasi 300 detenuti che vivono all’interno del carcere di Ivrea una risorsa. E sulle risorse potenziali si investe. Offrendo possibilità di studio e di lavoro, dentro e, quando possibile, fuori dal carcere. Perché se è fuori che torneranno è fuori che devono imparare a muoversi. Perché uscire dal carcere vuol dire spesso essere senza lavoro, senza una famiglia che accoglie, senza documenti, senza casa.

Gli altri

Il segretario del Sinappe, SIndacato Nazionale  Autonomo di Polizia Penitenziaria Raffaele Tuttolomondo, nel suo intervento, ha evidenziato le difficoltà di un lavoro (quello degli Agenti di Polizia Penitenziaria, gli altri inquilini del carcere) in condizioni di pesante sottodimensionamento: un esempio per tutti; Sono state 437 le visite mediche dei detenuti all’ospedale di Ivrea da inizio anno. Quasi due al giorno, che incidono pesantemente sull’orario di lavoro e gli straordinari “infiniti.”.

I bisogni

Massimo Beratto è un medico in pensione che in carcere svolge la sua attività a tempo pieno e che condivide con quattro infermieri tunisini che ci tiene a ringraziare (a differenza della direzione generale dell’Asl TO4 che ritiene scarsamente collaborativa) il lavoro di un ambulatorio dove abbiamo tappato le falle, per questo non siamo affondati.
E’ il posto giusto, la sala polivalente del carcere, dove mettere in fila i bisogni delle persone private della libertà. Che sono, salute, lavoro, formazione (perché le aziende richiedono competenze), misure alternative per chi può fruirne e alloggio per chi uscirà. E sono gli interlocutori giusti quelli in ascolto; i consiglieri comunali, seduti per una volta tutti  dalla stessa parte, la giunta, il presidente Luca Spitale, il sindaco Matteo Chiantore. Che, pur ricordando di non avere la bacchetta magica, si impegna a provare a raggiungere quanti più obiettivi possibile.

Il Comune si impegna

L’Assessora alle politiche di integrazione e dei quartieri Gabriella Colosso elenca quanto già messo in cantiere e quanto in progetto. Nel primo caso una Convenzione con il Ministero della Giustizia e con il Tribunale di Ivrea che permetta a sei detenuti di svolgere lavori di pubblica utilità non retribuiti presso il Comune e una Convenzione tra la Casa Circondariale  la Caritas per consentire a due detenuti lavoro volontario e gratuito (con possibilità di accedere alla mensa comunale e usufruire di biglietti gratuiti per lo spostamento con i mezzi pubblici) presso il Comune.
Tra i progetti presentati e in fase di presentazione: un punto di raccolta e di cura per gatti randagi. presso il Carcere; incontri con gestori di telecomunicazione per la realizzazione di un Call Center; un progetto di formazione inerente la Raccolta Differenziata; un accordo con la Casa Circondariale in materia di Iscrizione anagrafica (perché spesso chi esce dal Carcere non possiede documenti) per garantire  la presenza dell’ufficio Anagrafe del Comune con cadenza mensile; una raccolta dati con un questionario/intervista per conoscere competenze professionali e non e facilitare i corsi di formazione o la ricerca del lavoro in modo più mirato possibile.

La Carta di Ivrea

A inizio della seduta Luca Spitale cita la carta di Pisa, un documento presentato da un gruppo di detenuti del carcere della città e che nasce sulla scia della Carta di Milano e che chiede al mondo di parlare del pianeta carcere non solo per raccontare episodi negativi, ma per mettere in risalto quelli positivi. Forse non è utopia immaginare una carta di Ivrea; occorre sedersi dalla stessa parte, come oggi, e fare rete.
La consigliera Fiorella Pacetti nel suo intervento mette a disposizione la sua professionalità di medica pneumologa direttamente al dottor Beratto (fatemi sapere se avete problemi nell’approvvigionamento farmaci e con le ricette dematerializzate e vediamo di risolvere). La seduta è tolta, ma il lavoro è appena cominciato.

E’ Giuseppe a concludere i lavori, con una poesia scritta da lui e dedicata a tutte le donne del mondo.
La vita è come un fiore,
sbocciato in un immenso prato,
che aspetta di essere raccolto, accarezzato e amato.
Ma non è così:
viene calpestato, maledetto,
per impedirgli di vivere ancora.
Quel fiore sono proprio io…

Simonetta Valenti