Italvolt a Scarmagno: il sostegno acritico a qualsiasi “cavaliere bianco” si presenti in Canavese gioca l’ennesimo brutto scherzo alla classe “dirigente” locale e alla Regione

Dopo i roboanti annunci di diecimila nuovi posti di lavoro, Carlstrom rinuncia alla prelazione sull’acquisto dell’area ex Olivetti di Scarmagno e, dopo due anni, “scopre” problemi che suonano come giustificazioni per il fallimento di un progetto rimasto tutto sulla carta.

I sindaci di Scarmagno, Romano e Ivrea con Carlstrom e Patrick Del Bigio (Prelios) il giorno della firma dell’accordo (Settembre 2021)

In questi giorni è tornata d’attualità la vicenda Italvolt, protagonista un paio di anni fa di una martellante campagna promozionale, soprattutto da parte di Confindustria Canavese e della Regione.
Il cambio di contesto è plasticamente evidente, al TG Piemonte di mercoledì 25 gennaio, nei volti e nelle parole dell’assessore regionale Andrea Tronzano e del neo presidente degli imprenditori locali Paolo Conta: una prudenza mai vista prima, facce tirate, parole di circostanza e un bel po’ di disagio. Rivendico invece la coerenza, mia personale e della Cgil, nell’approccio che fin dall’inizio, insieme a pochi altri, non ha nascosto dubbi e perplessità. Come in questi anni è avvenuto in altre occasioni, ad esempio nel caso di Manital.

La vicenda è abbastanza nota: dopo che per mesi Scarmagno era stata proposta come sede del nuovo Ospedale, improvvisamente dal cielo cala Italvolt, progetto di Gigafactory dedicata alla produzione di batterie per auto elettriche: pochi milioni di investimento iniziali, a cui ipotetici investitori avrebbero dovuto aggiungere 4 miliardi di euro, ma soprattutto la prospettiva di 10 mila posti di lavoro (3 mila diretti e gli altri nell’indotto).

Una speranza per il Canavese, una nuova vita per Scarmagno, dopo le tante delusioni (da Mediapolis al nuovo Ospedale, appunto)? O l’ennesima illusione di una classe “dirigente” locale che deve per forza pensare in grande, dato che il confronto è con i fasti dell’Olivetti?!

Confesso di essere stato talvolta in difficoltà, in questi anni, nell’esternare le nostre critiche: “i soliti bastian contrari, portatori di una visione negativa, senza immaginazione e capacità di visione….”
Il fatto è che io me li ricordo i Fulchir, i Cimadom, o il buon Luppi che si vantava di avere un computer tatuato sul petto (ed è poi anche finito dietro alle sbarre). Senza nulla togliere ai De Benedetti, Colaninno e Tronchetti Provera che hanno ucciso l’Olivetti.
E pensare che qui il cavaliere bianco è svedese…
Noi fin dall’inizio abbiamo manifestato dei dubbi sul versante industriale, perché in Europa sono le grandi case automobilistiche a progettare e costruire le Gigafactory, magari in joint venture con altri, come la Total in Francia da parte di Stellantis. Vedere quindi un “imprenditore” abbastanza sconosciuto che fa tutto da solo, promettendo con disinvoltura migliaia di posti di lavoro, non può che alimentare perplessità, tanto più che ad oggi neanche i terreni sono stati acquistati, non esercitando un diritto di prelazione che era stato a lungo sbandierato come prova che si stava facendo sul serio.
In questi giorni ciò che ha fatto scattare i media è stato il fallimento di Britishvolt, avventura inglese da cui poi Carlstrom si è tolto per dar vita a Italvolt, con cui in verità ci sono analogie ma anche differenze.

Ciò che fa effetto sono le successive reazioni dello stesso Lars Carlstrom: improvvisamente, dopo due anni, vengono sollevate questioni – come i costi di bonifica e le presunte difficoltà di approvvigionamento dell’energia elettrica – quasi a mettere le mani avanti e avere delle giustificazioni su un progetto ad oggi rimasto sulla carta. Possibile che in tutto questo tempo questi problemi non siano stati valutati?
E mentre si spiega che questi problemi potrebbero mettere in discussione l’ambizioso progetto, si dice al contempo che nei prossimi giorni importanti investitori annunceranno l’arrivo di centinaia di milioni di euro… difficile non cogliere un elemento di schizofrenia!
E quest’ultimo resta un problema di fondo: nel nostro sistema per fare impresa ci vogliono i soldi, e anche tanti, come in questo caso.
Naturalmente, visto il periodo, ci si mette anche in coda per accaparrarsi un po’ di fondi del Pnrr… chiedere non costa nulla.
Che conclusioni trarre? Non è una domanda retorica, perché i sostenitori della prima ora, che citavo all’inizio, un pò disillusi, se la cavano con le buone intenzioni: l’imprenditore è privato, abbiamo il dovere di agevolarlo, se poi è tutta fuffa non è colpa nostra, se invece l’avventura andasse a buon fine un po’ di merito ce lo prenderemo anche noi.
È giusto ragionare così?
Questa non è la vertenza di un’azienda che sta per andare a gambe all’aria e il sindacato non ha alternative, anche perché non ha il tempo né gli strumenti per valutare chi ha di fronte.
Qui le Istituzioni si sono esposte moltissimo, e non mancano i modi per valutare davvero un progetto come Italvolt, innanzitutto da parte della Regione.

Un’altra “cantonata”, però, diminuirebbe ulteriormente la credibilità della politica, e aggiungerebbe ulteriore disillusione a un’opinione pubblica già segnata da anni di crisi e false promesse.
Il più disinvolto, di fronte alla RAI, alla fine era proprio lui, Lars Carlstrom, linguaggio “avvolgente”, da imbonitore, grande ottimismo.
Spero davvero di sbagliarmi, e di essere giustamente accusato di essere preda dei soliti pregiudizi di chi ce l’ha con gli imprenditori per partito preso.

Federico Bellono (Cgil Torino)

Cfr.
QuiFinanza 18 febbraio 2021: «In Italia la più grande gigafactory d’Europa: da Italvolt 4mila posti di lavoro e un indotto di 15mila»

Lars Carltrom, 26 gennaio 2023: «Ci siamo accorti solo adesso che nell’area industriale c’è un problema di approvvigionamento elettrico insufficiente ad alimentare una Gigafactory da 45 GWh. Abbiamo chiesto a Terna, il gestore nazionale della Rete, di investire per risolverlo: ci hanno risposto che ci vogliono 4 anni. Se i tempi sono questi saremo costretti a fare l’impianto altrove, non possiamo attendere oltre».