Al via quattro referendum per il lavoro targati Cgil

E’ iniziata nella data simbolica del 25 aprile con la firma del segretario generale Maurizio Landini presente a Casa Cervi, la campagna di raccolta firme per i quattro referendum abrogrativi proposti dalla Cgil per superare le norme che hanno introdotto precarietà e impoverimento del lavoro.

Ha preso il via nella giornata della Festa della Liberazione la raccolta firme per portare al voto i cittadini e le cittadine italiane nel 2025 su quattro quesiti referendari proposti dalla Cgil per cambiare norme riguardanti i licenziamenti, i tempi determinati e gli appalti, che hanno impoverito il lavoro e hanno reso i lavoratori meno tutelati. Insieme all’iniziativa referendaria la Cgil porterà avanti anche delle proposte di legge: azioni combinate per arginare le numerose riforme che stanno togliendo tutele e per promuovere nuovi diritti quali il salario minimo e la democrazia partecipata nei luoghi di lavoro.

L’appello della Cgil

Il lavoro in Italia è troppo precario e i salari sono troppo bassi. Tre persone al giorno muoiono lavorando. Per realizzare il massimo profitto possibile appalti, subappalti, finte cooperative, esternalizzazioni di attività sono diventati normali modelli organizzativi di ogni azienda privata e pubblica.
Il frutto di vent’anni di leggi sbagliate è un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle persone che per vivere devono lavorare.
È il momento di ribellarci e di cambiare.
Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale. Deve essere sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile perché la precarietà è una perdita di libertà.
Per questo ti chiediamo di firmare per poter poi cancellare attraverso il referendum alcune di queste leggi sbagliate.

Vediamo uno per uno i quattro quesiti referendari


1. TORNARE ALL’ARTICOLO 18 PER TUTTI
Il decreto che si vuole abrogare è quello che ha escluso la possibilità per il lavoratore di essere reintegrato in caso di licenziamento illegittimo: ha diritto solo a un indennizzo che viene stabilito esclusivamente in base agli anni di servizio nell’azienda (elemento peraltro dichiarato incostituzionale dalla Consulta).
Il cosiddetto contratto a tutele crescenti ha dunque precarizzato il lavoro e tolto tutele al lavoratore: chiunque assunto dopo il 2015 (quindi per lo più i giovani), o chi ha cambiato lavoro successivamente, ha diritto a un mero risarcimento economico qualora un giudice stabilisca che un eventuale licenziamento sia stato immotivato.

 

 

2. CANCELLARE IL TETTO MASSIMO ALL’INDENNIZZO IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO NELLE AZIENDE PICCOLE E MEDIE
Con il secondo quesito siamo nell’ambito delle aziende al di sotto dei 15 dipendenti. Piccole e medie. Se un lavoratore viene licenziato, va dal giudice e dimostra che il suo è stato un licenziamento illegittimo, la legge (604 del 1966) prevede la riassunzione o l’indennizzo. Il referendum della Cgil chiede di abrogare le norma che mette un tetto massimo all’indennizzo che è di 6 mensilità, maggiorabile dal giudice fino a 10 mensilità per il lavoratore con anzianità superiore a 10 anni, e fino a 14 per quello con più di vent’anni. Alzare il tetto massimo può essere un deterrente ai licenziamenti illegittimi.

 

 

3. CANCELLARE L’ABUSO DEL CONTRATTO A TERMINE
Il terzo quesito riguarda il contratto a termine e vuole intervenire sulle norme che ne hanno liberalizzato l’uso da parte delle aziende, fino al ricorso dilagante che se ne fa: basti dire che secondo l’Istat sono 3 milioni gli occupati a termine in Italia e sono impiegati in tutti i settori, nel privato come nel pubblico. Con il referendum si vuole abrogare le norma che consente di stipulare contratti a temine anche senza alcun motivo visto che, per definizione, un’azienda dovrebbe stipulare contratti a termine perché ha esigenze temporanee da soddisfare: sostituzioni maternità, picchi produttivi, stagionalità e così via. Oggi invece le imprese possono attivare per un anno, in forza di legge, questi contratti senza alcuna ragione verificabile e, trascorso l’anno senza vincoli di conferma.

 

4. CANCELLARE LA DERESPONSABILIZZAZIONE DELLE AZIENDE COMMITTENTI NEL CICLO DEGLI APPALTI
Per il quarto quesito siamo nel campo degli appalti e in particolare della sicurezza negli appalti. Oggi se un’azienda dà in appalto un’attività ad un’altra e questa ad un’altra ancora, i committenti non sono responsabili in solido in caso di infortunio o di malattia professionale del lavoratore. Questo vuol dire che il lavoratore non può chiedere nessun risarcimento del danno alle imprese committenti. Il quesito vuole cancellare la norma che esclude questa responsabilità.
L’effetto della cancellazione sarebbe quello di rafforzare e ampliare la sicurezza sul lavoro, arginando la piaga degli infortuni mortali e di spingere i committenti a selezionare appaltatori adeguati.

E’ partita la campagna anche in Piemonte

E’ partita mercoledì 24 aprile in Piemonte, in concomitanza con le celebrazioni per la Festa della Liberazione del 25 aprile, la campagna nazionale di raccolta firme per i quattro referendum della Cgil sulle maggiori tutele del lavoro, dal titolo “Per il lavoro ci metto la firma”.

L’obiettivo di raccogliere 500mila firme in 3 mesi.

I primi banchetti a Torino, Biella, Asti, Vercelli, il 25 aprile anche a Lace.

Nei prossimi giorni verranno resi note le date e luoghi dei prossimi banchetti nella nostra regione e territorio.