Non chiude la voce dal carcere “La Fenice”

A parole “positiva esperienza”, nei fatti si cerca di impedire la prosecuzione dell’attività del giornale online prodotto dalle persone detenute

«Ribadendo l’importanza trattamentale dell’attività in oggetto (…) si chiede l’individuazione di altri operatori quali “soggetti incaricati del progetto”».
 Si conclude così la lettera che “il direttore della Casa Circondariale di Ivrea” ha inviato nei giorni scorsi all’associazione Rosse Torri (editrice del giornale varieventuali) e al direttore responsabile del giornale.
La “attività in oggetto” alla quale fa riferimento la lettera è la redazione dell’inserto La Fenice (attiva dal 2018) del giornale online varieventuali, che dal dicembre scorso non pubblica nuovi articoli provenienti dall’interno della Casa Circondariale di Ivrea.

Perché? Cos’è successo?
Semplicemente l’attività è stata sospesa a fine novembre per decisione della direzione, ufficialmente per effettuare accertamenti sui computer, peraltro da sempre periodicamente effettuati, senza alcuna ulteriore spiegazione o contestazione.
Spiegazioni che non sono arrivate neanche in un incontro, svoltosi a metà dicembre, chiesto dai responsabili esterni della redazione della Fenice e di varieventuali. In quell’occasione la direzione segnalava una generica “immagine negativa” della vita in carcere che sarebbe emersa dagli articoli, la presenza all’interno dei pc di elementi non attinenti alla attività di redazione (file musicali e giochini) e la necessità di ridurre, per ragioni di personale disponibile, l’orario di apertura della stanzetta adibita a redazione interna al carcere.
Passato un altro mese, ad attività sempre sospesa, il 20 gennaio la redazione esterna della Fenice e l’Associazione Volontari Penitenziari “Tino Beiletti” hanno chiesto congiuntamente un incontro alla Direzione della Casa Circondariale di Ivrea  «per chiarire se il contributo (sempre oggetto di miglioramento e di ridefinizione delle modalità di collaborazione) di associazioni esterne alla struttura penitenziaria, ma radicate nella società locale, sia o meno benvoluto e incoraggiato». Una richiesta nata dalla condivisa «convinzione che l’apporto della comunità locale e il rapporto con questa siano risorse per la funzione rieducativa svolta negli istituti penitenziari- ma, aggiungono – ci dispiace dover rilevare come, in questi ultimi mesi, tale apporto e rapporto ci appaiano considerati come problemi. In particolare proseguono i richiedenti l’incontro – le incertezze sulle attività di redazione dello storico giornale “L’Alba” e della “Fenice” (inserto del giornale Varieventuali), si protraggono ormai da diverse settimane senza che ad oggi sia sopraggiunto alcun chiarimento».
Pochi giorni dopo, il 24 gennaio, arriva all’associazione Rosse Torri la lettera, che fa seguito all’incontro di metà dicembre, nella quale l’attività della redazione della Fenice viene valutata come «un’ottima occasione non solo per garantire il pieno diritto all’informazione (intesa in senso largo), ma anche per assicurare la tutela alla libertà di pensiero», tuttavia «previa rivisitazione della Convenzione siglata in data 20.04.2023» [un protocollo che definiva le modalità di svolgimento dell’attività N.d.R.] e poiché «si ritiene venuto meno il rapporto di fiducia verso gli operatori incaricati del medesimo progetto» si chiede all’Associazione Rosse Torri «l’individuazione di altri (…)».
In sostanza: pareri positivi sull’attività svolta dalla Fenice, ma sfiducia nei due volontari che quell’attività l’hanno messa in piedi (peraltro attivandosi per procurare anche tutti i pc per la redazione interna) e svolta per oltre sei anni. Senza alcuna altra spiegazione e senza alcuna contestazione mai avanzata ad alcuno degli “operatori incaricati del progetto”.
Francamente sembra un modo “elegante” per far cessare un’attività che, al di  là delle belle parole probabilmente può aver talvolta dato fastidio, essendo facile a chiunque comprendere che i volontari non sono sostituibili in qualsiasi momento e per qualsiasi attività. Un’esperienza di lavoro redazionale di sei anni all’interno di una struttura complicata come quella di un carcere non si improvvisa.
E poi, quand’anche faticosamente si trovassero altri volontari con competenze e capacità personali adeguate, non sarebbero sempre soggetti a una insindacabile “sfiducia”?
In pratica si tratta della scelta di chiudere di fatto un’esperienza che riusciva in qualche modo a far arrivare la voce, le vite e i percorsi delle persone detenute al di fuori del carcere.
Basta guardare nell’archivio della Fenice gli articoli scritti dai redattori detenuti (che negli anni sono quasi tutti cambiati per i frequenti trasferimenti in altre carceri o per termine pena) per verificare quanto siano affrontati vari argomenti: dai difficili rapporti con altre persone in ambienti ristretti alla voglia di mantenere vivi i rapporti famigliari, dagli errori commessi in gioventù alle speranze di una vita diversa una volta liberati, dai commenti alle proposte legislative in tema di carceri ai racconti di fortunosi arrivi sulle coste italiane.
Certo non sono tutti ottimisti sul futuro né possono magnificare la vita nelle celle, però diverse volte hanno voluto esprimere l’apprezzamento per il lavoro degli agenti penitenziari quando sopperivano alle carenze della struttura o dell’organico.
Nessun problema di sicurezza, questione che giustamente preoccupa molto il Dipartimento Penitenziario, perché ogni articolo è sempre stato vagliato prima della eventuale pubblicazione, e ovviamente nessuno ha mai riguardato i casi personali, arrivando a rispettare anche la misura richiesta a Ivrea di non firmare con il proprio nome (cosa che invece si verifica normalmente in altri giornali redatti in carceri italiane).
Attività certamente migliorabile, che ha contribuito a ridare consapevolezza ai partecipanti nel sentirsi persone pensanti e non semplici numeri e a cercare un qualche collegamento con il mondo esterno dove dovranno reinserirsi.
Ora l’inserto La Fenice resta aperto e pubblicherà quanto riguarda “l’universo carcerario”, mentre faremo il possibile perché questa esperienza non divenga parte, come spesso è accaduto, del “glorioso passato di Ivrea”, ma torni ad essere una espressione di un “quartiere della città” o “un villaggio del territorio”.

Redazione di varieventuali