Ivrea la bella. Così, in tanti, abbiamo imparato a conoscerla. E non erano, suggestioni letterarie a parte, solo la Dora, le rosse torri e la Serra, il Borghetto e i laghi e infiniti altri angoli e prospettive. Era, soprattutto, e voglio credere che continui a essere, la sensazione, ben fondata e sempre rinnovata, di essere arrivati al riparo sulla sponda giusta della storia e della sua viva memoria. Una riva sicura. Che ti accoglie e che, senza nulla chiedere né pretendere, ti fa sentire a casa. Una casa che, magari con trattenuta discrezione, ti apre timidamente le sue porte ma poi, con gesto deciso, e consapevole, ti offre i simboli e i segni di un cammino, lungo e anche faticoso e doloroso, di consapevole resilienza e resistenza, e di lotta e sacrificio nel nome di un bene comune, sempre più altrove disprezzato e dimenticato, che si fonda sul suo passato e si riconosce nel suo presente. E quel bene e il suo materializzarsi nella res publica vuole pervicacemente continuare a sognarli. E nel futuro rinnovarli.
Già, la res publica. La casa comune costruita su solide e profonde fondamenta, immaginate, disegnate e tracciate con mano sicura da tutti coloro, e davvero erano tanti, che hanno stretto quel patto che ha fatto fiorire la nostra Costituzione. E non c’è bisogno di scomodare Calamandrei per ritrovare i segni e i semi di quella straordinaria fioritura. Non c’è nemmeno la necessità di rimandare a mente i picchetti e i fili, dei più diversi e luminosi colori, che hanno tracciato il profilo di quelle fondamenta.
Antifascismo, e tanto basti.
Anche per chi non vuole o non può o non riesce a comprendere. Lì, solo lì, lorsignori disattenti e distratti, che sapete solo inseguire le onde fatue dei sondaggi o le punzecchiature dei like, sta il fuoco vitale della vostra pace e di quella libertà che sapete solo disprezzare. Sempre lì, fatevene una ragione, cuoce il pane del vostro benessere e lievita la sostanza, tutta la sostanza, dei vostri diritti.
Ma questi sono tempi distorti, fragili e confusi, violenti e spaventati. E ci tocca ancora, una volta di più, registrare, con dolore e con vergogna, sì con vergogna, lasciatemelo scrivere, l’ennesimo scempio. Perché opporsi o astenersi sulla mozione a favore dell’adesione di Ivrea all’anagrafe antifascista, non solo è uno sfregio imperdonabile alla città tutta, ma è un atto deliberato di disprezzo e di stupro di quel patto fondativo, dei suoi valori e dei suoi principi, che sorregge, e certo nemmeno ne siete coscienti, non solo la nostra casa comune ma anche il vostro fragilissimo potere di rappresentanti di quelle istituzioni che quotidianamente screditate, picconate, offendete, umiliate.
Già, curioso che la parola antifascismo non compaia mai nella Costituzione. Ammesso che l’abbiate letta, ve ne eravate mai accorti, gentili signori? Eppure la linfa vitale sta tutta in quella parola che tanto vi spaventa, soprattutto perché ancora non avete capito che il contrario di fascismo non è comunismo, ma sono libertà e democrazia.
Non c’è bisogno di pronunciarla perché ne innerva ogni ramo, ne nutre ogni pagina, ne vivifica ogni passaggio. E questo perché la lettera della Costituzione è strutturalmente orientata in direzione ostinata e contraria a tutto quanto il fascismo è stato. E vorrebbe, disgraziatamente, tornare a essere.
E questo è lo stesso motivo per cui Ivrea non ha bisogno di dirsi antifascista. Lo è.
Avete respinto una mozione che non solo rimanda alla pietra angolare della nostra res publica, avete anche spezzato i legni che sorreggono i vostri scranni, avete avvelenato la fonte che nutre il comune sentire e la gratuità della condivisione consapevole di quei valori e di quei principi che, se continuamente rinnovati, fanno di una somma di individui un tessuto forte e duraturo fatto di persone che sanno, e vogliono, riconoscersi in un progetto e in un futuro comuni nati dal sacrificio di donne e uomini che, anche, per questo sogno mai del tutto realizzabile, e proprio per questo continuamente perseguito e infinitamente bello, hanno dato la vita.
Di tutto questo siete responsabili. E poco importa che abbiate agito consapevolmente o meno. Anche la distrazione e la superficialità o, mi sia concesso, l’ignoranza del dovere di adempiere con disciplina e onore alle funzioni pubbliche, di essere fedeli alla Repubblica e osservarne la Costituzione non verranno dimenticate.
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Chissà perché continua a ritornarmi in mente Don Milani … «Un fascista e dieci qualunquisti fanno undici fascisti.»
Luca Calderini