Pace e canoa

Cosa c’entra la pace con la canoa? Se avete la pazienza di leggere questo articolo, proviamo a spiegarlo.


Cosa c’entrano le bandiere della Pace con la coppa del mondo di canoa?”, chiede un cittadino commentando un articolo che propone la cronaca della cerimonia di apertura della tappa della Coppa del mondo di canoa a Ivrea, riportando anche la presenza in piazza Ottinetti di un presidio per la Pace molto partecipato con bandiere e i cartelli “Stop Wars”, “Stop armi” e “Stop arming genocide” era presente anche un lungo striscione con passaggio di Imagine di Jhon Lennon “Imagine all the people living life in peace / You may say I’m a dreamer / But I’m not the only one”.

La bandiera della Palestina sulla canoa di un atleta francesce (Fond. Museo Fila)

La risposta a quel signore che commentava l’articolo è che le bandiere della Pace c’entrano molto in una manifestazione sportiva, perché lo sport incarna i valori della fratellanza e della lealtà. In particolare, quegli sport non esasperati dal dio denaro, come la canoa è. La sfilata delle squadre dei canoisti, con le loro bandiere colorate, i sorrisi dei giovani atleti, l’allegria sono stati essi stessi un messaggio di richiesta di Pace in tutto il mondo. E i caldi applausi reciproci tra chi sventolava la bandiera della Pace e gli atleti che sfilavano dietro la bandiera del proprio paese sono stati la dimostrazione di quanto c’entrassimo.

In realtà le bandiere della Pace c’entrano ovunque. La richiesta di Pace dovrebbe essere parte del nostro quotidiano, ed ha bisogno di palchi per essere ascoltata da chi sta in alto, da chi decide, e anche da chi è indifferente, come se la guerra, anche molto vicina, non lo riguardasse, ma appartenesse ad altri mondi che nulla hanno a che fare con l’umanità della quale tutte e tutti facciamo parte.

 

Invece ci riguarda molto una guerra combattuta a poco più di 2.000 chilometri, in Ucraina, una guerra combattuta anche con le nostre armi. In piena violazione dell’articolo 11 della Costituzione e della legge 185/1990 che vieta l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato. Dal suo inizio nel febbraio 2022 come movimenti per la pace ci opponemmo all’invio di armi, perché era chiaro a tutti che non sarebbero servite come deterrente per arrivare allo stop della guerra, ma al contrario avrebbero aumentano il numero di vittime, allontanando sempre più la possibilità di una trattativa diplomatica. E purtroppo così è stato, dopo più di due anni e mezzo, i morti sono ormai migliaia di migliaia, una popolazione sotto terrore, obiettori di entrambi i paesi incarcerati, quando va bene. E non è finita, ora il presidente ucraino chiede di poter usare armi a lungo raggio dei paesi Nato per colpire la Russia. È chiaro che le conseguenze di un attacco con queste armi non potrà che scatenare reazioni che potrebbero far superare quel limite che ci illudiamo sia insuperabile, portandoci ad una guerra atomica.

E la richiesta della Pace in ogni occasione possibile c’entra molto perché “da più di dieci mesi, ogni giorno a Gaza, anziani, donne, bambini e uomini vengono deliberatamente presi di mira e uccisi. L’occupante attacca scuole, ospedali, campi profughi. Si accanisce contro medici, giornalisti, atleti. Organizza la fame. L’occupante tortura i prigionieri, come ha dimostrato il rapporto di B’Tselem. Il mondo lo sa e i leader tacciono. Alcuni si dichiarano «preoccupati», ma collettivamente permettono al governo di estrema destra al potere in Israele di distruggere ogni giorno un po’ di più il diritto internazionale. Peggio ancora, continuano a fornire armi e munizioni ai genocidi. Gli Stati Uniti hanno appena rinnovato il loro finanziamento di miliardi di dollari a Israele per armi ed equipaggiamenti militari. La decisione necessaria, quella di sanzionare severamente questo Stato che commette i peggiori crimini con totale impunità, non è ancora stata presa.”

Questo non lo scrivono accaniti filopalestinesi, ma insegnanti, giornalisti, attivisti, artisti e personalità, ebrei di tutto il mondo: “Noi, ebree ed ebrei, poiché il crimine viene commesso in nostro nome, rifiutiamo di essere complici di queste atrocità, perché rifiutiamo che l’antisemitismo (che è parte della nostra storia interiore) sia usato per giustificare l’orrore.”

Per tutto questo continueremo a sventolare le nostre bandiere della Pace.

Anzi, dovrebbero essere esposte in tutti i balconi dei Municipi, nelle facciate delle scuole, delle chiese, ai balconi delle case. La Pace conviene sempre ai popoli, anche quelli non in guerra (pensate alle conseguenze speculative sull’aumento dei prezzi), la Pace non conviene solo ai venditori di morte, a chi fa enormi guadagni con i sistemi di offesa, a chi sta alla testa delle fabbriche di armi.

Per tutto questo come Presidio per la Pace di Ivrea, dopo la presenza alla cerimonia di apertura, sabato eravamo allo stadio della canoa con le nostre bandiere colorate e i cartelli e sabato 21 settembre, Giornata internazionale della Pace, manifesteremo per le vie di Ivrea (appuntamento 10.30 in piazza Nazionale) per sensibilizzare, per invitare ad unirsi a noi, per chiedere che cessi il fuoco e che l’Italia rispetti la Costituzione e le leggi dello Stato, favorendo la pace non alimentando le guerre. E ci auguriamo che gli amministratori comunali marcino per la Pace insieme a noi, per primi avanti a noi.

Cadigia Perini