Autonomia differenziata: consegnate firme. Una marea.

Consegnate stamattina alla Corte di Cassazione le firme per il referendum per la cancellazione della legge Calderoli sull’autonomia differenziata. L’obiettivo delle 500.000 firme è stato quasi triplicato! Il paese al contrario dei suoi governanti vuole un’Italia “unita, libera, giusta”.

I rappresentanti dei Comitati contro ogni autonomia differenziata, della Cgil, dell’Anpi, delle forze politiche dell’opposizione (tranne Azione), stamattina hanno consegnato le 1.291.488 firme raccolte ai banchetti (57,1%) e online (42,9%) per il referendum per l’abolizione totale della legge Calderoli (L. 86/24). Si era capito fin dall’inizio della campagna che il numero minimo di firme sarebbe stato superato velocemente, ma la risposta è andata oltre le aspettative arrivando quasi a triplicarle.

Grande la soddisfazione dei promotori a partire dalla Cgil, che con la voce del segretario generale Maurizio Landini parla di “un successo che dimostra quanto il progetto Calderoli sia inviso a tantissime persone e in tutto il territorio nazionale, perché è ormai chiaro a tutti che, se realizzato, questo progetto segnerebbe la spaccatura radicale di un Paese che già oggi è attraversato da profondissime fagli socio-economiche. C’è una domanda di partecipazione fortissima in un Paese che vive una crisi democratica, dove la metà dei cittadini non va a votare, in realtà oggi c’è una spinta dei cittadini che vogliono decidere sulla loro vita. Per noi si apre una fase che deve portare a votare 25 milioni di italiani“, conclude Landini.

Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale dell’Anpi ha dichiarato: “C’è una grande soddisfazione in quanto è stato abbondantemente superato il milione di firme. Un ampio successo che dimostra il sentimento diffuso che c’è in tutta Italia, non solo nel Mezzogiorno. E’ passata la percezione che la legge Calderoli mette in discussione l’unità del Paese e i diritti di tutti.

Anche da La Via Maestra, che raccoglie oltre 100 organizzazioni e associazioni, esprime grande soddisfazione per il risultato raggiunto: “È stato un impegno straordinario per dire no a una legge che divide il Paese, acuisce le diseguaglianze, lede i diritti dei cittadini. Continuiamo ora la nostra mobilitazione per portare i cittadini a votare in massa per difendere l’unità del Paese e i nostri diritti”.

Questo straordinario risultato ripaga anche per il lungo lavoro i Comitati contro ogni Autonomia differenziata che su questo tema sono attivi fin dal 2018. Un tema divenuto cruciale nel dibattito politico, anche grazie alla loro costante azione di denuncia. “Abbiamo partecipato con convinzione ed impegno alla raccolta, contribuendo in maniera significativa al conseguimento del risultato: un’estate di intensissimo lavoro di controinformazione, raccolta e certificazione delle firme di cittadini e cittadine indignati e preoccupati per le ricadute del progetto separatista di Calderoli sull’unità della Repubblica italiana, sulla sua tenuta economica e sulla qualità della vita di tutti e tutte, a ogni latitudine.“, dichiara Marina Boscaino, portavoce nazionale dei Comitati.

Molto soddisfatti anche i promotori del Comitato Contro l’Autonomia Differenziata di Ivrea e Canavese (Anpi, Cgil, Uil, Pd, M5S, Avs, Prc, Legambiente, Laboratorio Civico, Viviamo Ivrea, Rosse Torri, ZAC!) che in due mesi ha raccolto quasi 2500 firme ai banchetti nei principali centri, nelle piazze, nei mercati e moltissimi sono stati i cittadini canavesani che hanno firmato online. La Cgil, che si è fatta carico del coordinamento della raccolta, “ringrazia tutti per l’impegno costante e la buona volontà che ci ha visti tutti impegnati in questa raccolta firme. Senza questa coesione e forza d’animo non avremmo raggiunto un risultato così importante.”

Una mobilitazione sulla quale sono intervenuti anche collettivamente i settori più colpiti dall’AD: sanità, lavoro, trasporti, scuola. Il collegio docenti del liceo Gramsci di Ivrea si è schierato contro questa legge con una sua mozione dove, in quanto comunità educante e democratica “esprime grave preoccupazione e profondo dissenso nei confronti della legge 286/2024. E motiva: “La Costituzione italiana, nei suoi articoli 33 e 34, stabilisce i principi fondamentali della libertà d’insegnamento, dell’accesso all’istruzione gratuita per tutti, e del ruolo centrale dello Stato nell’assicurare un sistema educativo equo e inclusivo. Tali principi, che garantiscono la parità di opportunità indipendentemente dalle condizioni economiche e territoriali degli individui, sono pilastri della nostra democrazia. Negli ultimi anni, il settore dell’istruzione ha subito un progressivo impoverimento delle risorse finanziarie e umane, aggravato da politiche che hanno aumentato il peso delle burocrazie e ridotto la libertà e l’efficacia didattica. A ciò si è aggiunta una crescente diseguaglianza tra le scuole, senza sostegno adeguato per le istituzioni situate in aree economicamente e culturalmente svantaggiate. La legge 26 giugno 2024, n. 86, è il culmine di un processo di mercificazione dell’istruzione pubblica. In nome di una presunta maggiore vicinanza al territorio e di una gestione più redditizia delle risorse, la riforma propone una riorganizzazione radicale del sistema scolastico, che il Collegio Docenti considera dannosa e contraria ai principi costituzionali. La crescente delega di competenze alle Regioni potrebbe favorire una graduale privatizzazione del sistema educativo, con conseguenze gravi sulla qualità dell’insegnamento e sull’equità di accesso. L’esperienza di autonomia differenziata in settori come la sanità ha già mostrato un incremento delle disuguaglianze e una diminuzione delle garanzie per i lavoratori del settore pubblico. Con il trasferimento di competenze alle Regioni, lo Stato rischia di perdere la sua funzione regolatrice e di garante dell’unitarietà del sistema scolastico, rendendo sempre più difficile assicurare standard comuni di qualità nell’istruzione e nella formazione su tutto il territorio nazionale.

Cosa accade ora?

La Suprema Corte ha trenta giorni di tempo per dichiarare la legittimità del quesito, che dovrà essere confermata entro il 20 gennaio 2025 dalla Corte Costituzionale. Possibili date per il referendum tra il 15 aprile ed il 15 giugno del prossimo anno.  La sfida più grande, dopo aver raccolto le firme, sarà portare le persone a votare la primavera prossima. Gli auspici sono buoni.

cp