Io ti accolgo… tu mi accogli?

Cronache elementari

Quando frequentavo la quarta elementare e ancora non sapevo che avrei fatto la maestra, nella mia scuola, fino a quel momento totalmente femminile, furono gentilmente ammessi anche i maschi.
Si trattava di pochi esemplari ammirati e ricercati da una moltitudine di bambine e tra di loro, spiccava Miguel, spagnolo, arrivato per motivi ignoti nel nostro mondo totalmente italiano, alto, bruno, affascinante. La sua sola presenza evocava il pensiero di terre esotiche e lontane, tutte volevano diventarne amiche e un discreto numero aveva l’ambizione, neppure tanto nascosta, di fidanzarsi con lui.
Ricordo che investii buona parte dei miei pochi risparmi in un’automobilina di plastica, acquistata al magazzino Elettronica 2000, per regalargliela e il giorno del mio compleanno, durante la ricreazione in cortile, gli diedi trepidante due caramelle alla crema, le RosseRossana, che lui si affrettò a consegnare a due suoi amici, infrangendomi, in un colpo solo, il cuore e ogni illusione di conquista.
Non saprò mai se lo fece per arroganza, indifferenza o imbarazzo. In questi giorni si parla tanto di accoglienza, anche se ormai da molti anni l’inclusione di alunni stranieri non è più un evento raro o eccezionale.
Accogliere: ricevere qualcuno o qualcosa, accettare. Aprirsi, far entrare qualcuno o qualcosa in una casa, in un gruppo, in una scuola, in una classe, in se stessi. Non è soltanto ospitare, è mettersi in gioco, è accordare e, nello stesso tempo, chiedere all’altro il permesso di entrare in una relazione fatta di reciprocità. Ma ci sono problematicità e potenziali rischi insiti nell’accoglienza, perché anche il desiderio di aiutare e lo spirito di solidarietà non sono immuni da possibili errori ed ambiguità.

Ne parla Raffaele Iosa in un suo recente articolo, in cui evidenzia alcune cautele da utilizzare, in questa primissima fase, nei confronti degli alunni ucraini che stanno arrivando nelle nostre scuole: offrire loro una speciale normalità; dialogare con loro e con gli adulti che li accompagnano, per conoscere meglio possibile le condizioni di partenza reciproche, possibilmente con l’aiuto di un mediatore linguistico; usare molto tempo per l’ascolto, senza domande dirette e curiosità eccessiva, con pazienza, sobrietà e delicatezza; lavorare in modo attivistico, creando una rete di reciprocità e aiuto tra pari.
E nell’articolo colpisce la ridondanza con cui l’autore ci invita a ricordare il motivo per cui questi bambini sono qui: Teniamone conto: non è per amore e gioia che arrivano da noi. Ma è anche lo stesso Ministero dell’Istruzione, che offre, in varie note e circolari, suggerimenti organizzativi e didattici e spunti di riflessione pedagogica in merito all’accoglienza degli studenti profughi dall’Ucraina: invita alla lentezza, parla di fasi diverse, di un tempo lento per l’accoglienza, di calma e ponderazione, bilanciando benefici e rischi di interventi e attività, di
pedagogia dell’emergenza, perché anche la scuola è luogo in cui curare le ferite dell’anima.
E mentre leggo queste parole penso che queste indicazioni debbano essere valide sempre, per tutti i profughi, per tutti gli immigrati, per tutti i nostri bambini e ragazzi, italiani e stranieri, dall’Ucraina, da Albania e Romania, da Marocco e Tunisia, dall’Afghanistan, dalla Siria, in ogni tempo e in ogni scuola.
Intanto, la scorsa settimana, nella nostra scuola è arrivato Juri. Nelle tre settimane in cui sono andata “a casa sua” ad insegnare un po’ di italiano a suo fratello e alla sua giovane mamma, lo avevo sempre visto giocare coi videogiochi.
Tranne quando ho portato Uno, il gioco di carte: ha sollevato la testa dal cellulare, ha sorriso e poi abbiamo giocato, tutti e quattro insieme. E l’ho sentito parlare in ucraino, ridacchiare per la sfortuna di un altro giocatore e saltare sulla sedia per le sue vittorie.
Le carte sono state la chiave per accogliere, ma soprattutto per sentirmi accolta da lui, per avere da lui il permesso di entrare in punta di piedi nella sua vita.

Betta Dolcemiele – Maestra

Raffaele Iosa, Bambini ucraini nelle scuole italiane. Accoglienza e solidarietà ma con equilibrio e prudenza, su GessettiColorati.it,