Di manganelli, di bombe, di rabbia, di autocensura. Di sofismi

Roma, 9 marzo 2024

Se oggi, 9 marzo 2024, ventunesimo (invano) secolo
ed ennesimo dall’età della pietra,
il famoso extraterrestre capitato per caso a Roma
in Piazza della Repubblica,
avesse chiesto a uno di noi il significato
di bandiere, zainetti, fischietti che portiamo,
si sarebbe sentito rispondere:

“Siamo qui alla manifestazione
per manifestare per il diritto di manifestare
e per il dovere di fare la guerra alle guerre”.
Il giudizio pessimo su questo mondo,
ridotto così per colpa solo nostra, di noi umani,
arriva da lontano, da decine di piazze,
di pullman e di treni,
e si rafforza nel riconoscersi,
lungo via Cavour, in altre facce un po’ così,
in altri occhi pieni di indignazione, di delusione,
in altri corpi con tanta, ma proprio tanta, rabbia,
ma soprattutto in una maggior determinazione,
a non abituarsi ed a reagire.

Come non essere irritati nel profondo
dopo aver visto a Pisa e Firenze e Catania,
e prima ancora all’Università di Torino,
giovani studenti e studentesse,
in strada per il popolo Palestinese
picchiati con l’uso del manganello,
in uno squadrismo travestito da manganellismo,
da parte di forze dell’ ordine
a cui qualcuno/a che rimarrà ignoto/a,
ha imposto di diventare forze del caos?
E poi siamo qui perché non è più possibile sopportare
la manipolazione apparentemente razionale della realtà
che porta a conclusioni sconclusionate.
Veri e propri sofismi, per cui
bombardare un ospedale in Ucraina
è considerato un atto lesivo della libertà Europea,
ma raderne al suolo uno a Gaza
è un atto dovuto per distruggere i tunnel sottostanti,
come se tutta l’umanità sofferente
tra il bombardiere ed il sotterraneo non esistesse
Basta arrischiarsi a precisare che a Gaza
trentamila persone non sono morte,
ma sono state uccise,
basta accennare alla probabilità di genocidio,
basta ricordare che il diritto al pane dei Palestinesi
è diventato il diritto di Israele di negarlo agli affamati,
basta togliersi la mascherina sugli occhi
di fronte alla realtà,
che si viene definiti fiancheggiatori di Hamas. A questo noi diciamo, gridiamo, basta!

Ed infine non se ne può più
di dover auto-censurarsi,
in tutti i posti che frequentiamo,
con gli amici, persino con noi stessi,
perché ogni parola che usiamo rischia di essere
catalogata fra le parole del nemico.
Non possiamo nemmeno più
farci venire in mente delle idee,
perché non potremo condividerle,
come aveva intuito anni fa il grande Cipputi.
Perché dissentire è il peggior reato dei regimi autoritari,
l’esatto opposto della Democrazia.
Se non ricordiamo male noi, insieme, ai Fori imperiali.

Luciano Guala