Il Ministero dell’Interno ha annullato su tutto il territorio nazionale le manifestazioni pro Palestina il 27 gennaio per “inopportuna concomitanza con il Giorno della Memoria”. Anche a Ivrea è stata cancellata la manifestazione organizzata dal neonato Comitato Ivrea per la Palestina (spostata al 17 febbraio). Un giusto divieto? C’è chi dice no, a partire da Gad Lerner a Ivrea domenica 28.
La manifestazione organizzata dal neonato Comitato Ivrea per la Palestina era prevista in piazza Ottinetti nel pomeriggio di sabato. Sarebbe stata una “installazione umana” che aveva l’obiettivo di porre sì l’attenzione sui più di 25mila morti a Gaza ma anche sulla scellerata scelta politica di tagliare la spesa sanitaria e per contro aumentare invece la spesa militare. Per l’universalità del messaggio della giornata, il Comitato eporediese ritiene che “la scelta di vietare le manifestazioni ribalti il senso della Giornata della Memoria che dovrebbe essere vissuta nello spirito del “mai più“. Invece, un genocidio si sta di nuovo oggi consumando sotto i nostri occhi e viene chiesto di non parlarne proprio il giorno in cui si ricorda il genocidio, le persecuzioni razziali e politiche, la pulizia etnica messi in atto dal regime nazista.”
La visione degli organizzatori delle manifestazioni per il cessate il fuoco e l’interruzione del genocidio, riconosciuto come tale da organismi internazionali quali l’Onu e la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja (anche se non ha sciaguratamente chiesto il cessate il fuoco), è che “la Giornata della Memoria debba essere tenuta viva anche manifestando oggi contro i governi che ripetono le atrocità che vogliamo ricordare perché non si ripetano più”.
In tutta Italia si chiede il cessate il fuoco
“Annullare queste manifestazioni vuol dire annullare il senso alto della Giornata della Memoria”. E’ con questo spirito che sabato 27 in tantissime città e paesi in tutta Italia, e anche a Ivrea e in tutto il Piemonte, sono nati silenziosi flash mob con donne e uomini vestiti di nero e un bavaglio bianco sulla bocca e fra le mani le lettere per comporre la scritta CESSATE IL FUOCO. Ad Ivrea davanti al Municipio, lo stesso a Bollengo e allargando, a San Mauro Torinese, Settimo Torinese, Cossato, Vercelli, Casale Monferrato, Mondovì, Collegno, Torino, per citare solo alcune città. Con più di 25.000 vittime su una popolazione di 2 milioni di abitanti il cessato il fuoco è il minimo da chiedere, tutti, tutti i giorni, proprio nel rispetto delle vittime della ferocia nazista.
Ricordare il 27 gennaio 1945, il giorno in cui le truppe dell’Armata rossa, aprirono i cancelli campo di concentramento di Auschwitz, vuol dire che l’umanità dice basta, mai più campi di concentramento, mai più genocidi, ma più, in nessuna parte del pianeta. Per questo, perché il Giorno della memoria non diventi un rituale, perché “Se si continua solo con la memoria del passato ci si illude che è successo solo allora” (come ci avverte l’autore Gianluca Fogliazza (Foglia), da anni impegnato nel Teatro Civile con progetti sulla memoria e in particolare sulla Resistenza) occorre vivere al presente il giorno della memoria, con la storia fra le mani.
scelta stolta e autolesionista quella di chiedere la proibizione delle manifestazioni pro Palestina (Gad Lerner)
All’evento organizzato dal Forum democratico domenica 28 gennaio al Giacosa, alla domanda sulla validità ancora oggi del modo in cui viene svolto il giorno memoria, Gad Lerner risponde: «Per rispondere con sincerità, Il giorno della memoria sta traballando. (…) Con la guerra, le guerre, in corso mai come quest’anno serpeggia il dubbio, che ci fa male perché è un dubbio vero, che un conto è dire delle cose e un conto è farle o non farle e noi veniamo giudicati e soppesati nel mondo per quello che facciamo. E’ il motivo per cui – io vi parlo qui a cuore aperto perché porto rispetto ai miei parenti sterminati, perché amo Israele dove sono nati i miei nonni materni e i miei genitori prima che nascesse lo stato, perché avverto un senso di fraternità alla comunità ebraica italiana, è proprio per tutte queste ragioni che dobbiamo parlare in pubblico come parliamo tra di noi e dobbiamo condividere in pubblico le lacerazioni e i dubbi, tutto questo scricchiolio. Tanto per capirci, io ho trovato una scelta stolta e autolesionista quella di chiedere la proibizione delle manifestazioni pro Palestina, e ho trovato come un sopruso che le autorità che le avevano autorizzate dietro quella richiesta siano tornate sui loro passi e poi le abbiano proibite. Trovo che si ottenga l’effetto esattamente opposto a quello desiderato. Noi che vogliamo far vivere la memoria come insegnamento e non soltanto fare retorico omaggio alle vittime di 80 anni fa, dobbiamo vivere la sfida di confrontarci con le contraddizioni di oggi. E’ questo che rende ancora più necessario il giorno della memoria perché lo toglie da ogni pericolo di ritualità, e quest’anno non c’è proprio spazio per la ritualità.» Chapeau.
Cadigia Perini