Intervista a Federico Bellono (Segretario generale della Cgil di Torino) su contenuti e significato del rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
Mentre si prepara lo sciopero generale nazionale di venerdì prossimo, 29 novembre (con manifestazione regionale a Torino, concentramento ore 9 in piazza XVIII Dicembre) contro la manovra di bilancio presentata dal governo e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni, insieme al finanziamento adeguato di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali, sono tanti i rinnovi contrattuali in corso che vedono un nuovo – e quanto mai necessario – protagonismo delle classi lavoratrici.
Tra questi c’è quello dei metalmeccanici, un rinnovo contrattuale che in tempi passati rappresentava un po’ il riferimento e il metro di misura per tutti gli altri.
E’ ancora o di nuovo così? Lo chiediamo a Federico Bellono, Segretario generale della Cgil di Torino.
Bellono: Sarà per il ruolo che ricopro ora, o perché la deindustrializzazione ha picchiato duro, ma il Contratto dei Metalmeccanici non è meno importante di un tempo – riguarda pur sempre un milione e mezzo di lavoratori – ma va considerato in un quadro più ampio, che riguarda altre categorie, a partire da scuola e pubblico impiego.
La questione salariale è un fatto oggettivo, drammatico, siamo il fanalino di coda dell’Europa con retribuzioni che – al netto dell’inflazione – in questi anni hanno perso valore, determinando condizioni di povertà anche in chi ha un lavoro regolare. Per questo i metalmeccanici chiedono un aumento di 280 euro.
Quindi salari più alti, stop precarietà, la sicurezza prima di tutto, riduzione dell’orario di lavoro, superamento del gap di genere: queste le parole chiave della piattaforma sindacale.
La settimana scorsa è stato sottoscritto il rinnovo del contratto 2023-2026 che riguarda i circa 500mila lavoratori delle 122mila imprese artigiane metalmeccaniche e prevede, tra l’altro, un aumento salariale complessivo nel periodo di 216 euro mensili. E’ un buon inizio?
Bellono :Lo è certamente, tenendo conto che in questo caso non hanno pesato i rapporti di forza, quanto il fatto che le retribuzioni nel settore artigiano sono decisamente più basse rispetto all’industria, e quindi le imprese hanno bisogno di contrastare la fuga dei lavoratori più professionali verso aziende con stipendi migliori.
Dal punto di vista occupazionale la situazione appare sempre più disastrosa.
Bellono: Per quanto riguarda l’industria siamo entrati in una fase di crisi – a Torino la cassa integrazione è cresciuta in un anno del 70% – e questo non aiuta, perché per molti la priorità è la difesa del lavoro.
In questo quadro la partita dei meccanici è complicata ma decisiva, e dopo i tentativi di trovare un accordo non andati a buon fine, ci si prepara ad un’inevitabile fase di conflitto, in parallelo peraltro alla mobilitazione generale contro il Governo Meloni di Cgil e Uil.
Governo che propone una manovra di bilancio che Cgil e Uil definiscono “nemica del lavoro”. Perché?
Bellono: Il Governo Meloni per i contratti pubblici ha stanziato risorse che recuperano un terzo dell’inflazione e in un caso – il contratto delle Funzioni Centrali – ha firmato un contratto separato con la Cisl e i sindacati autonomi. Un precedente grave e che potrebbe ripetersi.
Ci sono poi alcune variabili non trascurabili: una Confindustria particolarmente filogovernativa e il decreto sicurezza, con cui il Governo ha messo le mani avanti per sterilizzare e contrastare i conflitti sociali, in una logica repressiva che caratterizza la destra al potere.
Anche per queste ragioni, ancora una volta, e paradossalmente più di una volta, quella dei Metalmeccanici è una battaglia decisiva per tenere aperta la questione sociale, in un paese dove in questi anni la lotta di classe l’hanno fatta i padroni, spalleggiati dalle forze di destra, e dove i lavoratori hanno provato a resistere, insieme a buona parte dei sindacati, ma con una sinistra in parte evaporata e comunque non all’altezza del suo ruolo.
a cura di ƒz