Per “mancanza di visione e di coraggio “ della comunità eporediese e dell’amministrazione comunale, denunciano le associazioni promotrici
Sono sempre più numerose le città, grandi e piccole, in Italia e all’estero, che si attivano per promuovere lo sviluppo di orti urbani: Torino, Genova, Roma, Firenze, ma anche Alba, Ostuni, Rovereto, Foligno, e moltissime altre ancora. Sono progetti voluti e finanziati dalle amministrazioni locali, o esperimenti sostenuti da grandi associazioni nazionali come Italia Nostra e Coldiretti, o ancora piccole esperienze create dal basso da gruppi di cittadini o associazioni locali. In comune hanno un modo nuovo di intendere il rapporto con il verde e con la natura in città, non più di fruizione passiva, ma di valorizzazione attiva e partecipata. L’orto urbano è visto oggi come un luogo privilegiato dove i saperi tradizionali e le moderne conoscenze di un’agricoltura rispettosa dell’ambiente possono unirsi con le esigenze sociali di soggetti deboli o svantaggiati e con l’impegno alla riqualificazione degli spazi urbani; un luogo che rovescia simbolicamente il rapporto tra città e campagna: la produzione di cibo viene posta al centro e la comunità che vive di quel cibo può recuperare almeno in parte, l’equilibrio uomo-ambiente-cibo, oggi stravolto e compromesso. Gli orti urbani diventano luoghi di nuova socialità, spazi di incontro e di integrazione intergenerazionale, per i giovani, gli anziani, le famiglie, i lavoratori, i disoccupati, le persone di diversa origine sociale e nazionalità; permettono di ritrovare il contatto con il ciclo di crescita naturale, forniscono prodotti freschi e stagionali per una dieta sana a coloro che se ne occupano, ma migliorano la qualità della vita di tutti i cittadini.
Anche la città di Ivrea sembrava interessata a questa rivoluzione culturale nel modo di intendere il verde urbano: pur senza farsi promotrice in prima persona di progetti specifici, l’amministrazione aveva infatti manifestato l’intenzione di coinvolgere associazioni locali e singoli cittadini nella gestione delle aree verdi di nuova acquisizione, per progetti diversificati di coltivazione o “rinaturalizzazione”. Si è parlato a lungo negli ultimi due o tre anni di un bosco naturale con camminamenti e radure per la grande area di via Lago San Michele, senza purtroppo trovare un accordo chiaro e forte con i cittadini per realizzarlo. Più recentemente si è data per certa la destinazione a orti collettivi per l’area di verde pubblico della Fiorana, per la quale il Comune ha anche predisposto l’opportuna recinzione e attacco all’acquedotto e ha sollecitato a presentare progetti di gestione.
Un gruppo di associazioni locali tra cui Ecoredia e Legambiente, con una lunga esperienza di progettazione nel campo della tutela del verde e nella costruzione di filiere del cibo, hanno preso sul serio questa intenzione dell’amministrazione e hanno presentato, con l’aiuto di esperti, un progetto dettagliato di orto urbano, chiamato “Giardino degli orti”, dove accanto agli orti collettivi e individuali e all’orto didattico per la vicina scuola primaria, coesistevano ampie aree a giardino e a prato, per l’incontro, la rigenerazione e il benessere, aperti al quartiere e a tutta la cittadinanza. Il costo per l’amministrazione sarebbe stato molto contenuto e relativo soltanto alle spese di avvio, in quanto le associazioni proponenti si impegnavano a donare gratuitamente le proprie competenze agronomiche e tecniche e il proprio lavoro volontario per garantire non solo la costruzione degli orti e dei giardini, ma anche il coordinamento dei futuri “ortolani”, la promozione e la gestione nel tempo di corsi e eventi, l’accessibilità quotidiana dell’area al pubblico.
Purtroppo questa proposta che poteva tradursi in un virtuoso esempio di collaborazione tra istituzioni e cittadini e di vera partecipazione, ha visto l’opposizione delle famiglie direttamente confinanti con l’area, per diffidenza o forse timore verso ciò che è nuovo e chiede di modificare un poco abitudini consolidate e schemi di pensiero. A nulla è valso che le associazioni promotrici accogliessero le riserve manifestate dai cittadini residenti, modificando il progetto per renderlo più condiviso: l’amministrazione non ha saputo o voluto tener fede alla propria intenzione iniziale, e ha ceduto a esigenze particolari e personali di un ben ristretto numero di cittadini, rinunciando a un’opportunità che andava a beneficio di tutto il quartiere, della scuola e della cittadinanza in genere.
Una grande occasione perduta, ancora una volta, per la nostra città, che guarda nel passato o in altri territori per cercare modelli innovativi di sviluppo e di cambiamento, ma poi non ha la forza di portarli avanti, di cogliere le potenzialità e le risorse che sono già presenti al suo interno: una mancanza di visione e di coraggio di cui purtroppo sono soprattutto le nuove generazioni e i più deboli a portare le conseguenze.
La nostra disponibilità, come associazioni promotrici del progetto “Giardino degli orti” resta valida, perché continuiamo a raccogliere da tante persone e da tanti gruppi, il bisogno e il desiderio di natura, di socialità e di impegno, che si potrebbero concretizzare nella gestione di un orto urbano: confidiamo che ci sia, in città, il luogo adatto per realizzarlo e che in futuro il progetto possa ricevere un’accoglienza più aperta, fiduciosa e disponibile da parte della comunità eporediese e dei suoi amministratori.
Patrizia Dal Santo (a nome di: Associazione Ecoredia, Circolo Dora Baltea di Legambiente, Associazione Albero della Speranza, Associazione Senza Confini)