Così belli a gridare nelle piazze

L’intervento di Franco Giorgio al Presidio per la Pace sulla manifestazione degli studenti di Ivrea per la Palestina che ha visto centinaia di ragazze e ragazzi nelle strade cittadine, come da tempo non si vedeva. Una speranza per l’oggi e il futuro.

C’è una cosa della giornata di ieri [venerdì 3 ottobre, ndr] che mi ha reso particolarmente felice, vedere anche a Ivrea centinaia di giovani studenti scendere in piazza.

I nostri giovani con le kefiah al collo o le bandiere disegnate sulle guance, i cartelloni con gli slogan e le spillette in bella vista sugli zaini, sono stati loro l’anima di una bella giornata a sostegno della causa palestinese.

Rabbiosi nelle parole contro le ingiustizie, ma mai aggressivi. Contagiosi nell’allegria che si prova nel combattere per una giusta causa. Preziosi, nel ricordarci di avere coraggio. Di rispondere, a chi si fa toccare dal disinteresse, che non bisogna cedere all’indifferenza e che il cambiamento può e deve arrivare da ogni parte del mondo.

E poco importa se sui social si leggono commenti fuori luogo dalle tastiere, al caldo e col sedere appoggiato alla sedia gli hanno dato loro dei fannulloni che hanno solo saltato la scuola. Perché soltanto la vera motivazione, ormai, spinge ad esserci davvero, in carne ed ossa.

Altro che giorno di festa, altro che weekend lungo, hanno scelto di gridare la loro distanza dal genocidio palestinese.  Forse è chi li accusa che, ai suoi tempi, invece di farsi coinvolgere davvero dalle cause se ne andava al mare. E infatti si è visto, a livello di coscienza politica del paese, in che pessima situazione stiamo versando…

Per questo, invece di essere insultati, questi giovani presenti, attenti e attivi, vanno ringraziati. Con tutto il cuore. Ci restituiscono speranza in un mondo che ogni giorno fa di tutto per annichilirci. Ci ricordano che, se vogliamo, possiamo ancora darci da fare per una società migliore. Ci mettono sotto gli occhi il motivo vero per cui bisogna continuare ad impegnarsi: loro. E chi verrà ancora dopo.

L’individualismo, la mancanza di empatia, ci stanno consumando l’anima. Nervosi e frustrati, sfoghiamo la nostra insoddisfazione vomitando rancore e chiedendo solo di non essere scocciati (o toccati?) da niente e da nessuno. Come se l’unico nostro scopo vitale sia produrre, consumare e poi crepare. Per questo tutto lo splendore di questi giovani impegnati fa salire la bava alla bocca. Ci denuda, rivelando tutta la nostra pochezza. Ed è lì che tocca scegliere da che parte stare. Continuare a graffiare l’aria dalla gabbia dell’egoismo. Oppure stringere la mano che ci hanno teso, e passare dall’altra parte. Con loro, a viso scoperto. Ma soprattutto a cuore pieno.

Allora grazie davvero, ragazzi. Per aver riempito le strade, ma anche la nostra batteria vitale di nuova energia, per chi l’ha saputa cogliere. Eravate “così belli a gridare nelle piazze”, come canterebbe Roberto Vecchioni*, “perché stanno uccidendoci il pensiero”. Ed è “Per il bastardo che sta sempre al sole/per il vigliacco che nasconde il cuore/per la nostra memoria gettata al vento/da questi signori del dolore” che dobbiamo continuare così. Insieme a voi.

Dovevamo guidarvi e invece ci siamo persi, per fortuna che si sono ribaltati i ruoli. Indicateci voi il percorso e proveremo almeno a seguirvi.

Grazie e continuate così!

Franco Giorgio

* Chiamami ancora amore, 2011