Ivrea, sciopero studentesco: discorsi, canzoni, slogan, sorrisi, orgoglio di esserci. Per tante e tanti è stata la prima volta.
E’ una sorpresa, una gran bella sorpresa non essere soli davanti ai cancelli della scuola: nemmeno il tempo per biasimare i colleghi dentro le aule come niente fosse e ci ritroviamo circondati dai nostri allievi, perfino delle prime classi.
La comunicazione dei ragazzi è veloce come a noi è difficile comprendere. Solo ieri avevano deciso di manifestare, ma la notizia nella rete vola ed eccoli qua: quelli del liceo Gramsci con un gruppo del Botta, un altro del Cena e anche dell’Olivetti.
Dal liceo Botta arrivano presto, perché di uscire dopo non se ne parla: arrivati ai giardini il corteo troverà portone inchiavardato e finestre serrate, certamente per difendere la scuola dalla dolorosa e sgradevole realtà.
A dimostrare come la realtà sia multiforme e sorprendente, la nostra idea che fino a stamattina era forse alcuni liceali sciopereranno con noi ora è seguiamo gli studenti e chiudiamo il corteo.
Il corteo che adesso è loro, come gli slogan, le canzoni (be’, Bella ciao la cantiamo pure noi ché quella è anche nostra), le parole prima di partire, e poi di nuovo e di più alla rotonda dei giardini.
Che per molti sia la prima volta si era capito subito, quando i carabinieri ci avevano fatto notare che mancava la richiesta per il blocco del traffico: è stata fatta solo una telefonata al 113, i ragazzi devono capire che certe regole vanno rispettate.
Certo, devono capire, siamo d’accordo… ma poi saranno proprio loro, polizia e carabinieri, a fermare le auto e bloccare il traffico di Corso Nigra, quando il corteo si allungherà e si allargherà e arriveranno studenti ritardatari, amici del presidio per la pace, persone che condividono la protesta perché la voce è volata e tra giovani e adulti siamo tanti e non è che si possa camminare in fila per tre.
E inoltre oggi le forze dell’ordine sono inclini al sorriso (volevo ringraziare anche la polizia, dirà poi una ragazza del Marocco).
Che sia la prima volta si intuisce quando qualche giovanissimo teme di dover rientrare in classe a far presenza dall’insegnante che non sciopera se no poi mi segna assente… e va be’, dai, non ti preoccupare: un’assenza onorevole, la potrai rivendicare a testa alta! (basta poco a convincerlo).
Che sia la prima volta è poi confermato dai volti luminosi di tanti ragazzi e tante ragazze: bandiera palestinese disegnata sugli zigomi, sorriso stampato in faccia e ha visto prof, io non potevo non venire!; si guardano attorno increduli e ascoltano e scrutano e archiviano: ci sarà da ricordare.
E mentre lo fanno, tu li vedi crescere.
È la mia prima volta lo dichiarano infine loro, i ragazzi che prendono la parola: per leggere poesie, testimonianze da Gaza, testi sulla pace e sullo sterminio, pensieri e riflessioni (vi invito a leggere e studiare la storia della Palestina, l’oppressione di quel popolo non è cominciata dopo il 7 ottobre, è importante saperlo, esordisce uno di loro), per promettere che il nostro impegno non finirà qui, per condividere la propria emozione con la voce rotta dal pianto: Per me è la prima volta, voglio dire grazie anche a tutti i miei compagni per essere qui.
E in effetti grazie – oggi, qui – è quel che tutti stanno pensando.
sire