Konecta (ex Comdata) ancora contratti di solidarietà

Ancora ammortizzatori sociali in Comdata, oggi Konecta. Ancora contratti di solidarietà per 12 mesi in diverse sedi italiane, fra le quali quella di Ivrea. Le motivazioni le solite: calo di volumi e commesse. Ma devono proprio pagare sempre i lavoratori?

Nel pomeriggio del 10 giugno 2025 le segreterie nazionali e territoriali di SLC CGIL, FISTEL CISL, UILCOM UIL, con le RSU/RSA, si sono incontrate con i rappresentanti di Konecta Italia (ex Comdata). L’incontro ha avuto come oggetto la difficile situazione aziendale, causata sia da crisi già conclamate (come quelle relative alle commesse TIM, Generali, e Fibercop), sia da potenziali riduzioni di volumi (nelle commese Acquirente Unico, Unipol Assistance, e Aria). A ciò si aggiunge una generale diminuzione dei volumi che sta colpendo l’intero mercato del CRM/BPO (Customer Relationship Management – Business Process Outsourcing).

Per affrontare questa crisi e scongiurare misure drastiche, l’azienda ha proposto la firma di un accordo di solidarietà difensiva. L’accordo, che coinvolge 12 sedi Konecta in Italia, prevede una durata di 12 mesi con una percentuale massima individuale di riduzione dell’orario di lavoro del 60%. L’azienda dichiara come obiettivo dei contratti di solidarietà la “riorganizzazione dei volumi tra i vari siti aziendali e salvaguardare tutti i posti di lavoro”.

La delegazione sindacale ha sottoscritto l’accordo di solidarietà, tuttavia ha evidenziato che sia la durata sia la percentuale massima individuale dell’ammortizzatore non fossero assolutamente sostenibili né giustificabili.

I termini dell’accordo

  • Applicazione a tutti i 2.748 dipendenti di 11 siti (tra i quali Ivrea, Asti, Torino)
  • Durata di 9 mesi dal 16 giugno 2025 al 16 marzo 2026
  • Riduzione media complessiva, a livello aziendale, non superiore al 25%
  • Riduzione massima individuale, su base mensile, del 45%
  • Riduzione dell’orario di tipo verticale (giorni a casa e non poche ore ogni giorno)
  • Anticipo del trattamento di integrazione salariale da parte dell’azienda
  • Integrazione salariale derivante dal fondo di Settore TLC
  • Incontri di verifica con cadenza almeno trimestrale
  • Percorsi di riconversione, riqualificazione e formazione mirati, nell’ottica di preservare l’occupazione e la continuità produttiva sui territori e al fine di superare la crisi contingente senza utilizzare misure traumatiche di gestione degli esuberi.

Su richiesta delle Organizzazioni Sindacali è stato confermato dall’azienda che le giornate di formazione avranno retribuzione piena e sono state calendarizzate due date nel mese di luglio per avviare la trattativa per la sottoscrizione di accordi sul Premio di Risultato e sul Lavoro Agile.

Si è convenuto inoltre che nelle sedi in cui non verrà utilizzata la solidarietà non si potrà applicare supplementare o straordinario ove vi siano commesse/attività coincidenti.

L’accordo prevede anche l’apertura di una procedura di licenziamento collettivo, con l’unico criterio della non opposizione, per favorire le uscite incentivate.

Nei prossimi giorni si svolgeranno, nei diversi siti impattati, assemblee con le lavoratrici/tori per illustrare l’accordo

Che dire

E’ chiaro che non essendoci le condizioni per l’apertura di una mobilitazione, avendo ormai passivizzato i lavoratori di questo comparto (ma non sono gli unici), le organizzazioni sindacali insieme alle Rsu continuano a firmare accordi per ammortizzatori sociali cercando di ottenere le “migliori condizioni” (anche per perdere l’anticipo del trattamento di integrazione salariale che senza accordo salta) e a garantire la vigilanza sulla sua equa applicazione.

E’ corretto però dire che non è una conquista aver messo nell’accordo che durante la solidarietà l’azienda non possa chiedere straordinari né utilizzare lavoratori interinali, questo dovrebbe essere ovvio, il minimo sindacale, anche se certo non scontato. Anche la formazione per riqualificazione “nell’ottica di preservare occupazione” è tutta teoria che sentiamo da decenni. Le vicende aziendali sono zeppe di corsi di formazione, palliativi che non hanno mai conservato occupazione. Anche l’accordo sulla procedura di licenziamento collettivo con uscite incentivate è un’arma a doppio taglio. Si sa come vanno queste cose, la volontarietà è sempre relativa. Principalmente sono le donne a “decidere” di lasciare il lavoro dietro incentivo economico (anche se minimo), in particolare quando l’occupazione è particolarmente gravosa per le donne nella conciliazione fra lavoro e gestione familiare.

Il settore dei servizi telefonici continua ad essere complicato e “selvaggio”, con mobilità estrema dei volumi di lavoro e delle commesse. Nel caso specifico di Konecta gli odierni problemi derivano da commesse che si riducono o spariscono, come Telecom che ha deciso di internalizzare il lavoro svolto fin qui da Konecta, come FiberCop che non garantisce i volumi previsti.E ancora Unipol che non rinnova una parte del contratto. Ma la grande beffa è quella della commessa pubblica “Acquirente unico” (società pubblica, interamente partecipata dal Gestore dei Servizi Energetici Spa a sua volta interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze) che reinternalizza il servizio per erogarlo non più attraverso operatori, ma con l’intelligenza artificiale.

Sono ormai almeno nove anni che scriviamo di crisi in Comdata, e sue collegate, passano gli anni ma lo scenario e le formule non cambiano. Da un lato le aziende committenti puntano solo a rincorrere il minor prezzo del servizio ad ogni costo e dall’altro le aziende di servizi non hanno ancora trovato il modo per non tradurre puntualmente ogni calo di volumi o perdita di commesse, in cassa integrazione o licenziamenti. D’altronde solo una visione etica del lavoro potrebbe portare ad un impegno in questo senso. Anche lato sindacale, in un settore dove la ricattabilità dei lavoratori, conseguenza della precarietà, è alta, ci vorrebbero modalità di approccio con le aziende e di mobiliazione degli operatori, nuove e differenti.

Cadigia Perini