Laboratorio Civico, Partito Democratico e ViviamoIvrea hanno chiesto un impegno maggiore all’amministrazione eporediese per la promozione dei referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno. Presidio CGIL davanti alla Rai di Torino e Roma dal titolo “rompiamo il silenzio sui referendum”
Il Comune d’Ivrea darà una mano per portare quante più persone al voto referendario. È questo, in sintesi, l’esito della mozione presentata dalla maggioranza nel consiglio comunale di lunedì 29 aprile e sottoscritta da Laboratorio Civico, Partito Democratico e ViviamoIvrea. «La mozione – si legge – impegna il sindaco e la giunta a garantire la massima diffusione delle informazioni relative alla data del voto, alle modalità di voto e al contenuto dei quesiti referendari attraverso i canali istituzionali» e «favorirà la partecipazione democratica assicurando la disponibilità gratuita o calmierata di auditorium, spazi istituzionali e piazze pubbliche per iniziative di informazione promosse sia dal comitato promotore sia da eventuali altri soggetti con posizioni favorevoli o contrarie alla proposta referendaria, garantendo così il pluralismo».
Una mozione di buon senso, che punta a stimolare una partecipazione democratica sempre più tiepida o, per dirla come il presidente della Repubblica Mattarella “a bassa intensità”, ma che ha incontrato alcune resistenze all’interno del consiglio comunale da parte dei consiglieri d’opposizione che si sono astenuti. È il caso della consigliera Piccoli che, pur trovandosi d’accordo sul favorire la comunicazione attraverso gli organi istituzionali e nel garantire una pluralità di trattamento tra favorevoli e contrari, ha chiesto garanzie sull’imparzialità degli spazi pubblici. «Vorrei capire – ha domandato – se nei luoghi pubblici è compreso anche lo ZAC dove al momento non è ancora stato definito un contratto». Immediata la risposta del sindaco Chiantore che ha precisato: «nel bando abbiamo previsto una decina di giornate a discrezione del Comune. Potremo usare quelle giornate per garantire un trattamento equo tra favorevoli e contrari». Tra i contrari (anche si è astenuto sul voto della mozione) si è messo il consigliere Cantoni che ha fatto campagna per l’astensionismo e per non far raggiungere il quorum, lanciandosi in una bizzarra richiesta di equità di trattamento tra chi è favorevole al referendum e chi si vuole astenere: «in questa discussione non è stato affrontato il tema del quorum. È legittimo non partecipare al voto e siccome chi è contrario può astenersi difficilmente ci sarebbe parità di trattamento in questa mozione, perché chi si astiene non chiederà degli spazi pubblici». Diretta la risposta della consigliera Vidano: «questa equiparazione tra “astensionismo” ed “essere contrari” nasconde una cavillosità che non mi sento d’incentivare. Dobbiamo concentrarci sul fatto che gli strumenti di democrazia diretta sono uno strumento pensato nella Costituzione per promuovere la partecipazione politica».
Che l’astensionismo sia diventato nel corso degli anni lo strumento privilegiato di chi vuol sabotare un referendum senza doverlo combattere è una realtà tristemente assodata, visto che dal 1995 ad oggi su 29 referendum abrogativi solo 4 (quelli del giugno 2011) hanno raggiunto il quorum. La campagna per l’astensionismo è stata anche “abbracciata” a Rivarolo durante il consiglio comunale di lunedì 28 aprile, quando la maggioranza guidata dal sindaco Martino Zucco-Chinà ha respinto una mozione simile a quella presentata a Ivrea da parte del gruppo di minoranza Energia per Rivarolo adducendo come motivazioni il fatto di non credere al referendum come strumento di partecipazione.
È proprio per contrastare i boicottaggi, i silenzi e la scarsissima informazione da parte del servizio pubblico che martedì 29 aprile è stato indetto dalla CGIL un presidio davanti alla Rai di Roma dal titolo eloquente “Adesso parliamo noi. Rompiamo il silenzio sui referendum”. Presente il segretario nazionale Maurizio Landini che ha dichiarato: “Ho trovato molto importante il discorso che ha fatto il presidente della Repubblica il 25 aprile, dove ha esplicitato la necessità di combattere l’astensionismo. Proprio perché il diritto di voto nasce con la sconfitta del nazismo e del fascismo, è necessario che questo diritto torni ad avere una sua dignità. In un Paese dove c’è già metà dei cittadini tante volte a votare non ci va, perché non si sente rappresentato da nessuno è importante che i cittadini sappiano che il referendum non è un voto per questo o quel partito, per questo o quel governo, ma un diritto”.
Identico copione davanti alla sede della Rai di via Verdi a Torino, con la partecipazione di Federico Bellono (segretario CGIL Torino) e Alberto Revel (segretario generale SLC CGIL Piemonte) che hanno dichiarato: «troviamo inaccettabile che ad oggi non si sia dato spazio ad alcun dibattito televisivo, nessuna informazione su cosa si vota e sul voto fuori sede. Chiediamo una cosa semplice: il diritto all’informazione!».
Non sarà facile rompere quel misto d’indifferenza, sfiducia e boicottaggio che ammorba ogni appuntamento elettorale e la mancanza di una genuina dialettica politica tra favorevoli e contrari ai quesiti referendari non aiuterà le persone a farsi un’idea chiara sulla posta in gioco, raffreddando probabilmente gli umori degli indecisi. L’approvazione della mozione della maggioranza è indubbiamente benefica, ma il vero contributo per la buona riuscita dei referendum dovrà arrivare dai cittadini, dalle associazioni e da quella parte di tessuto sociale eporediese che nonostante il clima politico generale conserva viva l’idea della partecipazione, del passaparola, della vicinanza tra le persone come antitodo all’indifferenza, alla rassegnazione, allo solitudine.
Andrea Bertolino
Referendum 2025, urne aperte 8 e 9 giugno: su cosa si vota e perché
1. Stop ai licenziamenti illegittimi
Il PRIMO dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.
2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese
Il SECONDO riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.
3. Riduzione del lavoro precario
Il TERZO punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.
4. Più sicurezza sul lavoro
Il QUARTO interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.
5. Più integrazione con la cittadinanza italiana
Il QUINTO referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.
Il referendum sulla Cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.