Rubrica CONTRONATURA di Diego Marra
Biologico (spesso abbreviato in bio), ecologico (sempre troncato in eco), verde (di continuo declinato esterofilamente in green), naturale. Immagino che codesta terminologia susciti in voi un moto di serena approvazione.
Chimico, industriale, artificiale, geneticamente modificato. Fomenteranno, invece, impeti repulsivi. Ma davvero è così chiaro che i prodotti identificati con appellativi che sottintendono una migliore qualità e un minor impatto ambientale mantengano le promesse? Se analizziamo scientificamente la questione non possono che sorgere dubbi, soprattutto riguardo alla manipolazione della terminologia a fini puramente commerciali per accaparrarsi il mercato.
Tutte le volte, poche, che salgo sulla mia Panda non posso fare a meno di sorridere leggendo il contrassegno della versione, natural power, stampigliato sul portellone; nulla di truffaldino, è un’auto a metano, altrimenti detto “gas naturale”. Allora si poteva denominarla Panda a metano, ma si sarebbe perso il mirabolante effetto di farci pensare che l’auto abbia una motorizzazione naturale, non inquinante. Vero che inquina meno di altri motori termici, ma inquina comunque. Dopo l’autocritica, passo ad esaminare scientificamente, ovvero etimologicamente, il frasario sopra descritto, come da vocabolario.
Biologico: che si riferisce alla biologia; biologia: scienza che tratta tutte le manifestazioni della vita, dal greco bio(s), vita, che vive. Tutto, o quasi, ciò di cui ci nutriamo è di origine biologica; ne deriva che etichettare alcuni alimenti come biologici sia una tautologia! Sarebbe corretto definirli come non trattati, ma sa-rebbe commercialmente meno incisivo.
Chimico: relativo alla chimica; chimica: scienza che studia le proprietà delle sostanze organiche e non, dal latino medievale chimia attraverso il francese chimie. Non si capisce, quindi, l’uso del vocabolo in senso dispregiativo, potrebbe essere una metonimia?
Ecologico: che riguarda l’ecologia; ecologia: branca della biologia che studia i rapporti tra i viventi e l’ambiente, dal greco oikos, casa o anche ambiente. Adesso capisco perché ci sono le case “ecologiche”! Per altro il prefisso eco– è spesso applicato ad automobili presunte non inquinanti, ma che nulla hanno da spartire con il significato proprio del termine. E che dire degli ecobonus?
Verde è il colore della clorofilla che caratterizza i vegetali, ampiamente abusato per magnificare prodotti presunti “naturali”, mi sovvengono le case verdi di recente costruzione a Ivrea, che neppure sono dipinte di tale colore.
Industriale, artificiale, geneticamente modificato e naturale meritano una spiegazione correlata.
La più grande industria della terra è l’agricoltura, dove nulla è naturale e tutto è artificiale e geneticamente modificato, senza bisogno di ricorrere alla polemica sterile sugli ogm. Prendiamo come esempio i cereali che tutti consumiamo.
Il mais rappresenta il 60% del valore di mercato delle sementi, ma allo stato “naturale” non esiste e neppure potrebbe esistere perché riunisce caratteristiche selezionate dall’uomo nei millenni che non ne permetterebbero la sopravvivenza; in sostanza abbiamo favorito caratteristiche antievolutive che sarebbero state eliminate dalla selezione naturale.
Per inciso, solo recentemente, tramite metodi molecolari, si è scoperto che la pianta da cui deriva il mais (Zea mays) cresce in Messico e si chiama teosinte (Zea mays mexicana), ma non possiede alcun carattere di commestibilità!
Il grano tenero non esiste in natura, deriva da una catena di mutazioni e incroci complicati in cui sono implicate numerose specie, tra cui il farro (che era il grano dell’antichità) esso stesso, però, non è una specie naturale. Anche il grano duro deriva da selezioni indotte; vi sorprenderà sapere che la sua varietà più utilizzata per confezionare le nostre ottime paste, si chiama Creso, è stata ottenuta nel 1974 nel centro di studi nucleari (CNEN) di Roma: è un incrocio tra una varietà messicana e un mutante della varietà Cappelli sottoponendola ad un bombardamento di raggi gamma e neutroni! Gli scienziati spagnoli hanno fuso geneticamente il grano duro con l’orzo selvatico ottenendo una nuova specie, il Tritordeum. Paradossalmente pare che esso vada fortissimo nei negozi “bionaturali” ed è buffo che sull’etichetta vi sia scritto “un nuovo cereale naturale”: se è nuovo come fa ad essere naturale?
Sarò pignolo, ma mi irrita sentire attribuire naturalità ai prodotti agricoli che tutti sono stati ideati dall’uomo per la sua alimentazione. Per fortuna! Non potremmo nutrici dei prodotti delle piante realmente naturali.
Diego Marra