Pantelleria. Il virus isolato.

La nostra salvezza è la resilienza. Ma l’ospedale no, non dovevano togliercelo

Noi siamo fortunati.
Ma basterebbe poco, una distrazione, la presunzione di qualcuno che pensa “tanto a noi non succede” per farci diventare i più sfortunati.
Siamo fortunati perché viviamo in un’isola, Pantelleria, “isola in mezzo al mare”, “isola isolata”, termini usati per descrivere una situazione affascinante, che ci ha conquistato, e che in questi giorni di Covid19 può significare la salvezza o la tragedia.
Sono sotto controllo gli ingressi in aeroporto e al porto: non si entra se non per provata necessità tipo personale medico, panteschi che per motivi di salute gravi sono costretti a fare, anche in giornata, Pantelleria-Palermo-Trapani e ritorno (hanno chiuso l’aeroporto di Trapani, sede della nostra ASL), ma anche autotrasportatori, quelli che ci portano i viveri dalla terraferma e che possono arrivare da zone contagiate, naturalmente. Quarantena obbligata per tutti quelli che entrano (medici esclusi) e gli altri tenuti a distanza (medici esclusi!).
E per ora siamo fortunati: non ci sono casi positivi sull’isola.
Ma speriamo che tutto resti così perché noi, fortunati isolati, non abbiamo più un ospedale, grazie a un taglio alla sanità di qualche anno fa: prima c’era e funzionava molto bene, poi hanno tolto tutto, tranne il punto nascite perché siamo un comune con meno di 10.000 abitanti e non importa se siamo distanti dalla terraferma decine e decine di chilometri. Poi da un mese, proprio con l’arrivo del virus, ci hanno tolto anche la possibilità di partorire qui. Una futura mamma è costretta ad andare, quattro settimane prima della scadenza, sulla terraferma, star sola in un b&b a proprie spese (“poi” ci sarà una sorta di rimborso spese, poi), aspettare da sola la scadenza, andare da sola in ospedale, partorire sola e poi, sola col proprio figlio, finalmente rientrare a casa propria e, ora che c’è il Covid-19, fare le due settimane obbligatorie in quarantena. Sola.
Abbiamo lanciato un appello per riavere il punto nascite, almeno quello, anche se … cosa succederebbe se avessimo il primo Covid19-positivo? Verrebbe spedito in Sicilia ma il contagio qui sarebbe immediato, con poche possibilità per tutti, senza un ospedale.
La nostra àncora di salvezza è la resilienza. Ci siamo mossi molto prima che tutto questo succedesse: abbiamo creato, in pochi – ora tanti – amici, un’associazione per far sì che Pantelleria un giorno possa tornare, come un tempo, a vivere coi propri mezzi senza dipendere dalla terraferma. Terreni ce ne sono tanti, ne abbiamo presi alcuni ettari semi-abbandonati e li stiamo lavorando per avere prodotti freschi e naturali, abbiamo le arnie e stiamo lavorando per molto altro.
Siamo fortunati perché anche col Covid-19 non siamo costretti in casa: ogni mattina andiamo a lavorare i nostri campi che sono dietro casa, nessuna strada da attraversare, nessuno da incrociare, solo il dispiacere di lavorare mantenendo le distanze, niente baci all’arrivo, niente pranzo o cena tutti insieme col piacere delle quattro chiacchiere, e tanto lavoro all’aria aperta.
Non è, come molti credono e mi scrivono, che noi non capiamo cosa succede in giro: viviamo col terrore che succeda anche qui e soprattutto da febbraio non abbiamo i turisti (la maggior parte di noi vive di questo, ovviamente) che in genere ci pagano affitto, luce, gas, spesa. E se tutto questo non finirà prima dell’estate, forse sopravvivremo al Covid-19 ma sarà più dura per tutto il resto, inclusa la difficoltà di avere la famiglia tanto distante e non poter prendere un aereo per andarla a trovare.
Pantelleria è diventata la nostra terra sette anni fa e per questo ci sentiamo fortunati, i disagi li accettiamo e come tutti sappiamo come sopravvivere alle mancanze. Ma l’ospedale no, non dovevano togliercelo, e lo sanno bene i medici che non possono fermarsi qui ma devono viaggiare quasi tutti i giorni, non possono ricoverare neanche per semplici interventi come si faceva una volta e non hanno più gli strumenti per effettuare visite accurate. Lo sanno bene il ginecologo e l’ostetrica che sono qua, impotenti di fronte a una mamma che non vuole rischiare la vita uscendo da questa nostra terra isolata e sana. Lo sanno bene le mamme che preferiscono tornare al parto in casa, per non partorire sole, per non rischiare la vita durante il trasferimento (com’è successo di recente alla Maddalena, in Sardegna) ma anche per motivi economici.
E ora lo sappiamo tutti noi che vediamo la tenda del triage di fronte all’ospedale e ci chiediamo: “va bene i controlli, ma se capita il caso positivo, che ne sarà di noi?”

Giuliana

Puoi firmare la petizione “PANTELLERIA VUOLE NASCERE Interrogazione e richiesta riapertura punto nascite sull’Isola” sul sito change.org  –  Grazie dalle cittadine e dai cittadini di Pantelleria!