Con le ultime modifiche all’orario invernale la regione Valle d’Aosta porta a compimento la sua “riforma” ferroviaria, penalizzando il territorio eporediese. La regione Piemonte ne esce sconfitta, ma a pagarne il prezzo, ancora una volta, saranno i pendolari eporediesi e canavesani
Era il 20 dicembre dello scorso anno e sulle pagine di questo giornale titolavamo “La battaglia “difensiva” per il servizio ferroviario locale”. Era appena entrato in vigore l’orario invernale e i pendolari subivano inermi le numerose modifiche apportate dalla regione Valle d’Aosta ai treni diretti verso Torino. La regione Piemonte, impreparata, nel tentativo di arginare i danni era riuscita ad aggiungere un treno con partenza da Ivrea alle 7.07 (una “foglia di fico”) e per il rotto della cuffia era riuscita a salvare la fermata delle 7.20 a Borgofranco d’Ivrea.
A distanza di un anno la situazione torna a pesare sulle spalle dei pendolari piemontesi, con particolare danno a quelli del territorio eporediese. L’entrata in vigore del nuovo orario invernale chiude il progetto di revisione dei diretti da Aosta a Torino avviato nel 2018 con l’assegnazione del bando per la gestione della tratta e che di anno in anno ha finito con l’agevolare i passeggeri valdostani penalizzando quelli piemontesi.
L’ultimo “assalto” agli orari dei treni: dal 2022 nessun diretto Aosta-Torino farà più fermate intermedie dopo Ivrea
Il treno regionale delle 6.25 in partenza da Ivrea per Torino (il primo diretto del mattino) rappresentava l’ultimo “bastione” ancora rimasto in piedi dopo anni di cancellazione di fermate intermedie sulla tratta eporediese (fermava a Strambino, Caluso e Montanaro). Nel dicembre 2020 la regione Valle d’Aosta aveva già tentato il “blitz”, ma con le restrizioni dovute alla pandemia e della capienza massima al 50% dei mezzi di trasporto pubblico i pendolari erano riusciti a ottenere un dietrofront temporaneo. A distanza di un anno anche l’ultimo diretto cade sotto la scure dei tagli, slittando alle 6.41 e perdendo le fermate intermedie sopracitate.
La regione Piemonte, per “limitare” i danni, ha operato due scelte: ha eliminato la “foglia di fico” del 2020 delle 7.07 (che non solo ci metteva più tempo di quello che partiva alle 6.50, ma che non utilizzava quasi nessuno) e ha introdotto un treno che parte da Ivrea alle 6.15 come “toppa” e che arriva a Chivasso facendo le fermate intermedie (obbligando, tuttavia, i pendolari a prendere la coincidenza).
Regione Piemonte e giunta Cirio: sconfitta e sbeffeggiata
Fa specie leggere sulle pagine dei quotidiani locali alcune dichiarazioni rilasciate dall’assessore regionale ai trasporti Marco Gabusi: «La situazione di svantaggio per gli utenti piemontesi che utilizzano la linea Torino-Ivrea-Aosta è stata evidente fin da quando la Regione Valle d’Aosta ha sottoscritto il nuovo contratto per il trasporto ferroviario. E fin da subito ci siamo attivati per aprire un dialogo costruttivo e individuare soluzioni a tutela dei pendolari piemontesi». La domanda sorge spontanea: a quale “dialogo” allude l’assessore? E di quali soluzioni parla? La realtà dei fatti è che il progetto di soppressione delle fermate dopo Ivrea avviato dalla Val d’Aosta nel 2018 è stato raggiunto appieno (con buona pace alle intenzioni di “dialogo costruttivo”) e le “soluzioni” che il Piemonte avrebbe messo in campo si sono rivelate un treno delle 7.07 sopravvissuto meno di un anno e un ulteriore treno delle 6.15 che obbligherà i pendolari ad anticipare l’arrivo in stazione e sperare di prendere la coincidenza a Chivasso.
L’eporediese e la mancanza di un contropotere territoriale
Non molti decenni fa, ancora negli anni ’90, Ferrovie dello Stato, Regioni, Province, Comuni e associazioni di categoria e pendolari si riunivano nelle cosiddette periodiche “riunioni di quadrante”, ovvero momenti di confronto democratico durante i quali era possibile non solo discutere dei cambi d’orario dei treni, ma chiedere con ragionevole giustificazione modifiche concordate. Le stazioni erano aperte e i treni sotto il controllo diretto del monopolio di Ferrovie dello Stato. C’erano sprechi, difficoltà e treni obsoleti, ma la disponibilità a migliorare il servizio per tutti era viva. Poi le “riunioni di quadrante” cessarono, le Province vennero cancellate e con esse la speranza di mantenere un dialogo aperto che potesse far pervenire le esigenze dal basso verso l’alto. Sorse così l’abitudine da parte delle Regioni di limitarsi a comunicare i nuovi orari dei treni con una settimana di preavviso, per dare il “tempo” di presentare delle osservazioni.
Oggi anche la comunicazione è stata superata e i pendolari si ritrovano a conoscere le modifiche agli orari il giorno stesso in cui vengono apportate (ammesso e non concesso che Trenitalia si ricordi di aggiornare il sito e le bacheche nelle stazioni ancora aperte).
È triste limitarsi a constatare l’impoverimento del servizio ferroviario, ma ancor più deprimente assumere una prospettiva storica e osservare passivamente il lento agonizzare di pratiche democratiche, che forse all’epoca potevano non apparire come tali, ma che analizzate e raccontate a distanza di decenni assumono un significato diverso. Ed è con questa prospettiva che si giunge a ipotizzare che quella che un anno fa titolavamo “la battaglia “difensiva” per il servizio ferroviario locale” non era affatto una battaglia.
Una battaglia, uno scontro, una dialettica presuppongono la presenza simultanea di più parti in grado di poter cambiare il corso degli eventi. Ivrea e il territorio circostante hanno veramente potere sufficiente per ottenere dei cambiamenti? Dal 2018 ad oggi sono state raccolte migliaia di firme, sono state presentate mozioni e interpellanze nei consigli comunali e non è passato mese senza che venisse data notizia di disservizi, disagi e tagli legati al trasporto pubblico locale. Un tortuoso serpentone d’iniziative che, spiace constatare, non è riuscito a ottenere un cambio di rotta.
La responsabilità finale delle decisioni in materia di trasporto pubblico spetta alla Regione, ma il Piemonte non muoverà un dito fino a quando i treni sulla tratta Aosta-Ivrea-Torino continueranno ad essere pagati dalla Regione Valle d’Aosta.
In un territorio depredato dei suoi servizi pubblici in cui nemmeno la minaccia di una vertenza legale sembra in grado di sortire effetti (si pensi all’esposto contro la GTT presentato da un centinaio di utenti), cosa rimane da fare?
Veramente l’ipotesi di una mobilitazione territoriale duratura, costante e martellante appare impraticabile?
Andrea Bertolino