Il 5 novembre 2025 è stato firmato il rinnovo del Contratto nazionale della scuola per il triennio 2022-2024. La Flc Cgil non firma: l’aumento salariale è una vera e propria elemosina.
No, non è un refuso, la firma arriva a ridosso della scadenza del periodo di riferimento 22-24. “E’ necessario fermare la deriva di una politica che sottrae risorse alla scuola, all’università, alla ricerca e all’alta formazione artistica e musicale e impoverisce chi vi lavora. Occorre salvaguardare i salari e la dignità del lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza”. Motiva così la mancata firma la categoria della Cgil delle lavoratrici e dei lavoratori della Conoscenza. Non si può che essere d’accordo.
Quando seguo le notizie che parlano di scuola, mi capita di sentirmi quasi schiaffeggiata dalla superficialità con cui a volte sono affrontate le questioni complesse che riguardano il settore.
Qualche esempio: Gli stipendi di chi lavora nelle scuole e nelle università aumenteranno: è stato firmato il rinnovo dei contratti collettivi per il periodo 2022-2024, di cui verranno pagati anche gli arretrati.
Anche gli arretrati, che lusso, accipicchia! Ma, scusa, vuoi spiegarci intanto perché si firmano per la scuola contratti già scaduti?
Oppure: Scuola, siglato il rinnovo del contratto: aumenti di 150 euro. Flc Cgil non firma: “Riduce i salari”
Da cui si evince che sono matti quelli della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza della Cgil. A ben vedere, per necessità di sintesi, il titolista omette l’aggettivo “lordi”, tanto si capisce lo stesso. O no?
Tanti riportano le dichiarazioni del ministro: «Oggi diamo rispetto e dignità a chi lavora per l’istruzione dei nostri giovani» – mentre qua e là si sbandierano cifre più che ottimistiche e promesse mirabolanti sui contratti a venire.
In questo scenario idilliaco, colpisce la posizione di rottura di Flc Cgil. Come mai il primo sindacato del comparto istruzione e ricerca ha scelto di non firmare il rinnovo del contratto?
Le motivazioni sono sostanzialmente economiche: per FLC CGIL non ci sono le condizioni minime per la sottoscrizione dell’ipotesi di CCNL a causa dell’esiguità degli aumenti previsti; a fronte di un’inflazione che ha sfiorato il 18% nel triennio di riferimento, le risorse disponibili coprono appena il 6% della perdita di potere d’acquisto: non bastano a contrastare l’impoverimento dei lavoratori della scuola.
Bisogna anche tenere conto del fatto che il 60% dell’incremento stipendiale è stato già erogato in busta paga sotto forma di indennità di vacanza contrattuale. Ne consegue che gli incrementi effettivi sono molto limitati. A gennaio, di fatto, i lavoratori della scuola si troveranno in tasca, in media, appena una sessantina di euro in più. In concreto, le cifre dell’aumento effettivo oscillano, secondo i profili previsti dal contratto, tra i 42€ per i collaboratori scolastici (con anzianità di servizio da 0 a 9 anni) e gli 87€ per i docenti della secondaria di II grado (con più di 35 anni di servizio). I DSGA (Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi) prenderanno qualcosina in più. Attenzione: queste sono cifre al lordo, cui occorre sottrarre le ritenute assistenziali e previdenziali e le ritenute Irpef.
Insomma, quanti sono sessanta euro (NB: in media al lordo)? Sono tanti o sono pochi?
Per farsi un’idea, si potrebbe confrontare la cifra degli aumenti effettivi stimati con la retribuzione oraria prevista per gli straordinari dei docenti: quando va bene, cioè nel caso delle attività aggiuntive di insegnamento (leggi: corsi di recupero) sono 51,09€ (lordo stato*); quando va molto bene, nel caso dei bandi europei, si arriva persino a 70€ (lordo stato). Siamo più o meno nell’ordine di grandezza di un’ora di straordinario: un aumento vertiginoso.
Mi perdonerete se aggiungo al ragionamento un meschino esempio personale: dal 2022 la rata del mutuo di casa è salita da 330€ fino a 450€ mensili. Non sarà capitato solo a me. Allora, quanti sono sessanta euro? Sono tanti o sono pochi?
Non andiamo neanche a guardare il prezzo della benzina, o le bollette del gas, o la spesa. Non ci provo nemmeno a fare i conti in tasca a un collaboratore scolastico, a una maestra elementare, ai colleghi che vivono a Torino, o a Milano, a chi fa tutti i giorni più chilometri di me per raggiungere la scuola dove lavora. Non so mica se sessanta euro in più nella busta paga di gennaio basteranno a restituire agli insegnanti il rispetto e la dignità che meritano. Magari a qualcuno gli arretrati faranno comodo per pagare la bolletta del riscaldamento, questo inverno, senza sudare freddo. A conti fatti, si può capire perché Giovanna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, ha definito questi aumenti un’elemosina. In fondo, il governo preferisce investire in spese militari piuttosto che nella scuola o nella sanità.
Luisa Sarlo, Insegnante
* Il “lordo stato” è la somma del “lordo dipendente” (stipendio più le imposte e i contributi previdenziali e assistenziali a carico del dipendente) e degli oneri a carico dell’amministrazione.
