Regalo di Natale Olivetti

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di Massimo Benedetto, già delegato Fiom in Olivetti. Una sana riflessione su come siano cambiati i doni Olivetti per il Natale … Sulla “mancanza di etica che enfatizza una parte, ma poi segue un percorso preciso e finanziario”.

Noi canavesani, eporediesi, ex dipendenti Olivetti, pensionati, abbiamo trovato sotto l’albero questo bel regalo: dal primo dicembre 2023 la divisione Olivetti che si occupa di progettazione e sviluppo dei registratori di cassa e relativi sistemi collegati, è stata ceduta alla Buffetti.

Parliamo di 34 persone, di per sé un piccolo numero, ma dal profondo significato, perché è la dimostrazione lampante di come questa dirigenza sia riuscita a portare a termine un compito iniziato parecchi anni fa e il cui fine è quello di tenere solo un marchio, Olivetti, disgiunto da qualsiasi attività industriale, e sventolato come emblema di questo “internet of things”, che sino ad oggi ha dimostrato che fa fine e non impegna, e non sembra aver risolto i problemi finanziari.

 

Sono due i fattori che mi hanno profondamente colpito (per non dire altro) e precisamente:

  • la notizia è passata sotto un silenzio assordante per un territorio come il nostro che di Olivetti ha vissuto per un sacco di
  • si conferma la precisa volontà di affossare le poche ridotte attività industriali, puntando tutto su un deja vu nostalgico che non ha nulla a che fare con la realtà

Senza andare a rinvangare un passato troppo lontano, penso sia importante inquadrare queste cessioni in un percorso non troppo distante, ma chiarificatore. A dicembre 2014 Olivetti si è fusa con TIDS (Telecom Italia Digital Solution), è passata dal contratto metalmeccanico a quello delle telecomunicazioni, ed ha disdetto tutti gli accordi aziendali in essere, mossa ad effetto, ma poco impegnativa dal punto di vista pratico, in quanto tutta l’accordistica risaliva prevalentemente ad anni passati e non incideva in modo significativo; ha mandato però un messaggio chiaro dimostrando che il passato veniva cancellato in modo

Questa nuova Olivetti poteva contare su circa 500 dipendenti, suddivisi a metà tra territorio Eporediese e Roma.

Oggi, nove anni dopo, la situazione è:

  • 1 dicembre 2023: 225 persone (Ivrea: 67)
  • 1 gennaio 2024: 210 persone, di cui 61 ad Ivrea, a seguito del passaggio in Tim delle funzioni Human Resources, Process & Procedures, HSE & Real Estat.

Se dovesse concretizzarsi (e pare quasi certo) la cessione anche del ramo d’azienda Office, (50 persone di cui 26 ad Ivrea), rimarrebbero in Olivetti 160 persone, di cui 41 ad Ivrea, comprensive di 13 persone con contratto di apprendistato e che svolgono la loro attività al 100% in smart working, per cui gli effettivi su Ivrea resterebbero 28.

Sono stato delegato sindacale FIOM-CGIL in Olivetti per molti anni ed ho potuto vivere queste trasformazioni dal punto di vista dei lavoratori, e il silenzio su questa ultima trasformazione è demoralizzante.

Quanto è stato profetico il convegno che organizzammo come FIOM-CGIL il 13 dicembre 2008 dal titolo “Si poteva salvare l’Olivetti?” (scarica gli atti) Le analisi puntuali che portammo a fattor comune si rivelano oggi, purtroppo, vere.

Oggi sembra diventato di moda richiamare l’esperienza industriale di Olivetti come modello, ma vedo troppa retorica nell’enfatizzare un percorso che deve essere letto con gli occhi della storia, dove devono essere valutati sia gli aspetti positivi, sia quelli negativi, e soprattutto quando questi richiami avvengono da chi non solo non li ha vissuti (i tempi di Adriano), ma neanche ha mai lavorato in azienda.

Passare oggi in via Jervis, vedere questi monumenti architettonici industriali patrimonio dell’Unesco lasciati, in buona parte, al degrado, dimostra come la speculazione finanziaria dagli anni ‘90 in poi ha preso il sopravvento sul modello industriale nel suo ciclo completo.

Ci siamo detti tante, troppe volte che l’industria è cambiata, che il modello produttivo è cambiato, e anche i rapporti di forza nelle aziende sono cambiati, con il lavoro che si è impoverito e precarizzato, con le retribuzioni che nell’ultimo decennio si sono ridotte in termini di potere di acquisto, ma le ricchezze contemporaneamente si sono concentrate sempre in meno mani.

Ma l’etica che spesso si richiama al modello Olivettiano, alla luce di queste considerazioni, stride in modo evidente, e questi ultimi fatti ne sono la dimostrazione.

Voglio ricordare un ultimo elemento: a breve Tim cederà (purtroppo) ad un fondo (speculativo) americano la rete infrastrutturale, dovendo fare cassa per sanare l’enorme debito procurato dai “Capitani Coraggiosi” che privatizzarono Telecom Italia a debito.

Questo genererà un problema occupazionale enorme, e metterà sul mercato l’autostrada su cui passano tutti i nostri dati; uno Stato serio non dovrebbe mai permettere di arrivare a questo punto, ma noi preferiamo nascondere la testa sotto la sabbia e parlare d’altro.

Il mio è uno sfogo soprattutto legato a questa mancanza di etica che enfatizza una parte, ma poi segue un percorso preciso e finanziario; almeno smettiamola, prendiamo atto di come vanno le cose, e ricordiamoci che, chi più chi meno, abbiamo vissuto un periodo storico importante per noi, ma che sta lasciando ben poco ai nostri figli e nipoti.

Massimo Benedetto