Referendum contro la precarietà e per la sicurezza sul lavoro, una battaglia che riguarda tutti/e

Incontro pubblico sul significato dell’iniziativa della CGIL e sui quesiti referendari il 28 maggio, alle ore 21, presso lo ZAC! con Federico Bellono (segreteria CGIL di Torino), Davide Biava (avvocato del lavoro) e Rita Cola (giornalista)

Dopo decenni di smantellamento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che ha prodotto il dilagare della precarietà ed è spesso alla base di infortuni e morti sul lavoro, arriva un’iniziativa forte del maggior sindacato italiano: la richiesta di quattro referendum abrogativi di leggi che hanno peggiorato le condizioni di lavoro.
Avviata dalla CGIL nella data simbolica del 25 Aprile, la raccolta di almeno 500mila firme certificate dovrà concludersi entro tre mesi e, se la Corte Costituzionale giudicherà ammissibili i quesiti, i cittadini dovrebbero essere chiamati al voto nella primavera del prossimo anno. Il risultato, come è noto, sarà però valido solo se avrà votato almeno il 50% degli aventi diritto, un esito per nulla scontato in un’epoca di ormai consolidata diserzione dalle urne.
Una strada, questa dei referendum, già tentata nel 2017, all’indomani del Jobs Act di renziana memoria, ma bloccata per un quesito sui licenziamenti ritenuto inammissibile dalla Corte Costituzionale e vanificata da modifiche apportate alle altre leggi che erano oggetto di richieste di abrogazione (“voucher” e responsabilità del committente negli appalti).
Una strada per nulla facile perciò, ma utile, insieme alle lotte sindacali e sociali, per cercare di intervenire sulle condizioni attuali del lavoro, per affermare che il lavoro non è una merce come un’altra, per favorire aggregazione sociale intorno ai lavoratori e alle lavoratrici. Aggregazione che è condizione essenziale per costruire un futuro, per il nostro Paese e per il pianeta, diverso da quello verso il quale siamo più o meno consapevolmente avviati.
Dignità e sicurezza del lavoro sono elementi cardine di una comunità civile, viva e vivibile. Anche per questo i referendum riguardano tutti/e e non solo chi ha subito e subisce direttamente il progressivo svilimento del lavoro al quale assistiamo da decenni.
E sempre per questo motivo l’incontro del 28 maggio vede tra gli organizzatori la CGIL insieme a due associazioni del territorio: Rosse Torri e Nuovi Equilibri Sociali.

I quattro questi referendari?
Due riguardano i licenziamenti, uno l’utilizzo di contratti a tempo determinato e uno gli appalti.
Con il primo quesito si chiede l’abolizione integrale del decreto legislativo del 2015 (in attuazione del cosiddetto Jobs Act) per effetto del quale tutti i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 possono essere licenziati senza avere diritto al reintegro anche nel caso l’assenza di giusta causa sia confermata dal giudice.
Con il secondo quesito sui licenziamenti, prevalentemente in imprese con meno di sedici dipendenti, si punta all’abrogazione del tetto massimo delle sei mensilità quale indennità di risarcimento in caso di licenziamento riconosciuto illegittimo.
Con il terzo quesito si richiede la reintroduzione delle cosiddette “causali” sin dal primo “contratto a termine” (mentre la disciplina attuale non pone vincoli nei primi 12 mesi) e l’abrogazione di una norma (introdotta dal governo Meloni) che consente l’introduzione di nuove causali anche tramite accordo diretto tra aspirante dipendente ed azienda (in quali condizioni di potere tra i due contraenti è evidente).
Con il quarto quesito si affronta il tema degli appalti affermando la responsabilità – almeno patrimoniale – del committente per i danni non coperti dall’INAIL.
Troppo poco di fronte agli appalti e sub appalti senza controllo e alla continua e impressionante catena di omicidi e vere e proprie stragi sul lavoro, ma il carattere esclusivamente abrogativo dei referendum non lascia spazio a misure più incisive. Sarà perciò una proposta di legge di iniziativa popolare, sempre della CGIL, a cercare di definire una nuova disciplina degli appalti di manodopera.

ƒz

Qui l’appello della CGIL e la presentazione dei quesiti referendari

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