Appunti sul Presidio per la Pace che da due anni e mezzo si ritrova davanti al municipio di Ivrea per chiedere che cessino le armi e il massacro dei popoli. “Il nostro disperato grido non è per ricordare che esistiamo, il nostro disperato grido è solo per la Pace“.
Sabato 21 settembre anche a Ivrea si è celebrata la Giornata internazionale della Pace con un silenzioso corteo accompagnato da musiche e canti di pace. Come nei presidi che da 135 settimane si tengono a Ivrea, la partecipazione è stata ampia ed eterogenea: c’è chi partecipa per la propria cultura religiosa, chi per quella politica, chi perché laicamente crede nel valore universale della Pace, chi la guerra l’ha vissuta attraverso il racconto dei propri genitori e nonni e non può concepire che l’Italia e l’Europa dopo due guerre mondiali non siano mediatrici di pace invece che esportatrici di armi.
I nostri sono presidi aperti, non occorre una patente per partecipare. Chiunque abbia a cuore la pace, può esserci e intervenire. Chi interviene porta le sue emozioni e le sue preoccupazioni, denuncia, informa, chiede, propone. Si leggono interventi che vanno da Papa Francesco, ad Amnesty International, dalla Rete italiana Pace e disarmo a Emergency, dal Movimento nonviolento a Pax Christi, dall’Anpi a Rifondazione Comunista, ai documenti del Sinodo Valdese, si leggono brani di storia, filosofia, letteratura.
Si parla della guerra in Ucraina. Ricordiamo le vittime, gli obiettori di coscienza russi e ucraini che rischiano libertà e vita per la loro scelta di non combattere. Ribadiamo che la via delle armi non porterà alla pace, due anni e mezzo di guerra lo dimostrano. E la recente risoluzione del Parlamento europeo che permetterà l’uso di nostre armi per attaccare in territorio russo, ci avvicina al contrario al rischio di una guerra più ampia che può coinvolgere drammaticamente tutta l’Europa e gli Usa, una terza guerra mondiale.
Si parla del conflitto israelo-palestinese, ma non dal 7 ottobre scorso, perché la “questione palestinese” conta più di 70 anni. Così accanto alla condanna dell’attacco di Hamas contro civili israeliani, ripercorriamo le tappe che hanno portato a quel violento attacco, non lo si giustifica, ma si ha il dovere di capire e far conoscere le condizioni di vita dei palestinesi.
“Non ci colpisce alcuna smania di visibilità, l’unica smania che abbiamo è quella di riuscire a sensibilizzare le persone e le istituzioni riguardo alla gravità dei conflitti in corso e sulle responsabilità dei paesi che scelgono di alimentare queste guerre.”
Per tutto questo non si può che trovare fuori luogo l’intervento sul giornale La Voce del 17 settembre del consigliere comunale Andrea Cantoni. Le sue critiche alle nostre presenze che definisce una “amalgama di sigle pacifiste per piccole manifestazioni che, più che presidi di pace, sembrano un disperato grido per ricordarci della loro esistenza” dimostrano che ai nostri presidi per la Pace non ha mai messo piede e che non ci conosce per nulla. Arriva, il consigliere, a scandalizzarsi per la presenza di un sacerdote fra noi. Abbiamo il piacere di informare che a chiedere che cessino le guerre, ebbene sì ci sono anche molti cattolici e l’Azione Cattolica della Diocesi di Ivrea aderisce alle nostre iniziative. D’altronde il messaggio cristiano non è messaggio di pace e fratellanza? Dov’è lo stupore di vedere un sacerdote che manifesta per questi principi? Ci si dovrebbe stupire semmai che le nostre piazze non siano piene di sacerdoti e le chiese non abbiano tutte esposta la bandiera della Pace e lo stesso dovrebbero fare i Municipi, le scuole, perché la Pace è un valore universale.
E puntualmente arriva anche l’accusa di antisemitismo che chi non sa più argomentare tira fuori. Accusa gratuita perché in realtà sappiamo bene che sono semiti anche i palestinesi, ma soprattutto perché fra chi è vicino al popolo palestinese vi sono forze politiche e movimenti che sono eredi della resistenza contro il nazi-fascismo e dunque contro coloro che promulgarono le leggi razziali che esclusero gli ebrei dalla società e portarono alla deportazione con milioni di morti nei campi di concentramento. Chi ci accusa di antisemitismo può dire di avere la stessa eredità?
Settantasette anni di risoluzioni disattese
Invitiamo il consigliere, quale uomo di legge, a leggersi 77 anni di risoluzioni dell’Onu disattese da Israele. Risoluzioni che affermano che l’occupazione israeliana della Palestina è illegale, viola il diritto internazionale. Fino ad arrivare alla risoluzione del 18 settembre scorso dove l’Assemblea generale delle Nazioni Unite “chiede a Israele di porre fine alla presenza illegale nel Territorio palestinese occupato entro 12 mesi”.
Ma più delle parole di questo articolo, hanno una forza dirompente quelle dell’”Appello ebraico internazionale contro il genocidio a Gaza” di insegnanti, giornalisti, artisti e personalità di diversi campi intimano a non usare l’antisemitismo per giustificare crimini: “Noi, ebree ed ebrei, poiché il crimine viene commesso in nostro nome, rifiutiamo di essere complici di queste atrocità, perché rifiutiamo che l’antisemitismo (che è parte della nostra storia interiore) sia usato per giustificare l’orrore.”
L’aspettiamo consigliere, ogni sabato dopo le 11 davanti Municipio, sarà benvenuto.
Cadigia Perini