Per Ghali che ha parlato per noi davanti a milioni di italiani chiedendo che si fermi il genocidio

In tutta Italia manifestazioni davanti alle sedi Rai per protesare contro la censura post-sanremese della Rai alle parole del cantante Ghali “Stop genocidio”.  Anche a Torino davanti alla sede di via Verdi un migliaio di persone ha manifestato contro il comunicato dell’ad Rai letto a «Domenica In» a sostegno di Israele, senza una parola per i 28.000 morti palestinesi. Pubblichiamo l’intervento di Franco Giorgio che termina con la provocazione di chiedere alla Città di Ivrea di concedere la cittadinanza onoraria a Ghali Amdouni.

Che dire di questo ragazzo,
oltre ad invidiargli la chioma lunga e così ben lavorata, non gli si può non invidiare anche il sogno cosmopolita che da “Casa mia” al coveristico medley che inizia con ”Bayna” e finisce con “L’Italiano” di Cutugno, produce il fil rouge di un legame indissolubile di una umanità pluriculturale, plurilingue, che fa incazzare i sovranisti di casa nostra, che non sfigura nel Festival della canzone italiana, perché, regolamento o no, qualche parola forestiera ci deve pur stare se le canzoni vogliono farsi capire oggi.
Così, meglio di un dialogo con un extraterrestre, cosa può esservi per guardare dall’alto verso il basso la tragedia di una umanità che si umilia da sé, che si combatte da millenni e che si ammazza per il potere, per l’onore, per l’identità, per il colore della pelle, per la religione professata, per la filosofia di un pensiero al di qua della più coriacea immanenza? Ma, siccome si capisce molto bene che parla di Gaza, della Palestina, della guerra come irrisolvibilità delle controversie internazionali, la comunità ebraica italiana se la prende col giovane rapper.
E si lascia andare ad una ricostruzione storica che tocca le leggi razziali, arrivando fino al 7 ottobre dell’attacco terroristico di Hamas. Tutto deve essere giustificato ad Israele. Pazienza se il diritto di difendersi si traduce in quasi trentamila morti palestinesi, in dodicimila bambini assassinati dalle bombe e dalle armi di Tsahal. I morti giustificano altri morti. E’ una logica degna del ricordo dei milioni di sterminati da Hitler nel corso della Seconda guerra mondiale? Si può sempre invocare la propria tragedia per giustificare quella che si fa subire ad altri?
La risposta di Ghali è “Bayna” nella serata dei duetti e delle reinterpretazioni di vecchie canzoni: dalla sua Tunisia a tutto il mondo arabo. Mentre saluta bilinguisticamente (“Ciao. Salam-Aleikum“), andiamo a scorrere sul telefonino la storia della canzone. Oggi è anche una nave. Una di quelle che il governo vorrebbe incolpare dell’invasione, della sostituzione etnica: salva i migranti che l’onda alta travolge e a cui non lascerebbe scampo. Salva delle vite che da una casa passano ad un’altra.
Ma è difficile poter dire dove sia la propria casa quando non se ne ha più una. Quando tonnellate di macerie la ricoprono. Case su case. Pezzi di muri che rovinano sempre più in basso insieme alle migliaia di cadaveri che vi sono sepolti sotto. «Siamo tutti zombie col telefono in mano / Sogni che si perdono in mare / Figli di un deserto lontano / Zitti non ne posso parlare / Ai miei figli cosa dirò». La modernità ci ha preso la mano, ci ha folgorato i pochi neuroni che ancora avevamo in testa, ha appiattito le nostre capacità critiche, sfilandoci il dubbio, sottraendoci il sospetto e regalandoci un sottinteso sempre a più buon mercato.
Tutto questo ci dice Ghali e io lo ringrazio per quanto ha detto e cantato.
Alla mia Città che in queste ore è immersa nel suo carnevale e al Sindaco chiedo un gesto di concedere a Ghali la cittadinanza onoraria, sarebbe un onore per Ivrea.

Giorgio Franco

Ivrea, 13 febbraio 2024