Presentato il Piano di gestione del sito Unesco “Ivrea Città Industriale del XX secolo per il quinquennio 2025-2030, ma è urgente passare dalle parole ai fatti, a partire dalla cura.
Il 9 ottobre scorso è stato presentato, davanti ad un piccolo pubblico di addetti ai lavori, il nuovo piano di gestione 2025-2030 del sito Unesco “Ivrea Città Industriale del XX secolo”, cioè le “linee strategiche che guideranno lo sviluppo turistico, culturale e sociale del Sito per i prossimi cinque anni.” Protagonisti dell’incontro sono stati otto “ambasciatori”, ciascuno dei quali ha offerto una testimonianza personale a partire da una parola chiave particolarmente rappresentativa del Piano.
Sul palco si sono alternati Marco Peroni, narratore e performer, con la parola “Narrazione”; Enrica Zanetto, proprietaria di una residenza olivettiana, ha scelto la “Cura”; Francesco Comotto, assessore all’Urbanistica del Comune di Ivrea, ha parlato di “Salvaguardia”; Marcella Turchetti dell’Archivio Storico Olivetti ha parlato di “Conoscenza”; Gianfranco Ferlito, per l’Associazione Spille d’Oro Olivetti, si è espresso sull’”Appartenenza”; Emma Stievano, studentessa del quarto anno del Liceo Botta, ha portato la parola “Comunità”; Barbara Gallo, fondatrice e amministratrice di Ortindoor, impresa innovativa insediata negli spazi delle ex Officine ICO, ha scelto la parola “Sviluppo”; infine Stefano Soliano, amministratore dell’incubatore di impresa CNext Hub, ha concluso l’incontro con la parola “Spazi”.
Tutte parole dense di significato, ma che purtroppo non trovano ancora riscontro attorno al nostro sito Unesco. Tranne forse la narrazione, siamo grandi narratori. E la mancanza della “cura” è fra le assenze più sentite, a partire dal Visitor Centre.
Sul sito web “Ivrea città industriale del XX secolo”, la pagina dedicata al Visitor Centre in via Jervis è arricchita da belle foto dei locali interni. Immagini esterne, solo una, un po’ da lontano. Non è in effetti un bello spettacolo quanto circonda il Visitor Centre. È piuttosto la rappresentazione plastica dell’incuria.
Primo impatto per i visitatori. Viaggiamo con loro
Proviamo a fare il percorso insieme ad un visitatore. Prima di tutto si deve trovare un parcheggio, impresa non semplice. Quelli in via Jervis di fronte al Visitor Centre, sono quasi tutti riservati alle varie attività fronte Officine ICO e non vi sono indicazioni di parcheggi dedicati ai visitatori. Forse prenotando danno indicazioni, ma in altri siti turistici si trovano sempre indicazioni di parcheggio, navette, ecc. Diamo il parcheggio per trovato, arrivato in via Jervis il visitatore potrà godere della vista, ancor oggi futurista, dei palazzi di vetro della Ico, della palazzina rossa dal fascino antico, dell’area dei servizi sociali con le sue architetture creative. Ma al di là della bellezza antica degli edifici, che è tutt’ora apprezzabile e unica, il visitatore si troverà davanti a uno spazio decisamente non curato. Aree verdi spelacchiate, con erbe spontanee alternate a chiazze di terra, piccola sporcizia varia, palette illustrative lorde.
Nella zona di fronte all’ingresso del Visitor Centre, si può ammirare un sottile strato di fanghiglia fossile, foglie dell’autunno precedente ormai diventate humus per le stanche piante di olivettiana memoria, infine, qua e là cicche di sigarette, in gruppo o solitarie, completano il desolante quadro. Per quest’ultime senza dubbio conta anche l’ineducazione dei fumatori, ma senza posacenere tascabile, dove avrebbero dovuto spegnere e buttare le cicche? (Certo si può sempre smettere di fumare, ma questo è altro tema.)
L’unico cestino in vista è uno di quelli storici Olivetti, cilindrico a base triangolare, con il corpo in griglia di ferro giallo. Si vede chiaramente che questo reduce di un glorioso passato, non ce la fa più. Da anni è lì, ormai solitario, in sofferenza, sempre più inclinato, sembra implorare l’eutanasia o almeno la pensione. Facciamo qui un accorato appello: rimuovetelo, con cautela, raddrizzatelo e mettetelo nel museo Olivetti della città, Ah già non abbiamo un museo Olivetti. Incredibile, ma vero.
Non va meglio attraversando la strada per arrivare alle porte del Visitor Centre. Nell’area prospicente l’ingresso, quella con lo storico pino, sono riusciti a mantenere un decoro minimo, finalmente, dopo periodi di semi-abbandono, le aiuole vengono potate regolarmente e l’erba fra i cubetti tagliata. Ma al visitatore che per sua sventura cade lo sguardo oltre i vetri di una delle porte, si paventa ancora atavica sporcizia varia e fogliame certo non accumulatosi per una ventata della notte precedente, ma lì da qualche tempo. Su una delle porte il visitatore vedrà vecchi fogli con avvisi vari affissi malamente con nastro adesivo, scollati, cancellati.
Segni di incuria inaccettabili per un luogo che qualcuno ha definito “patrimonio mondiale dell’umanità”.
Ma lasciamo finalmente entrare il visitatore nel Visitor Centre. Appena prima delle sale vere e proprie, ad accogliere i visitatori, vi è un tavolino con opuscoli, pieghevoli, biglietti da visita, vecchie locandine, anche arrotolate, il tutto apparentemente buttato un po’ lì. E se lo sguardo del visitatore si sposta in basso, alla sinistra del tavolo, vedrà una scala buia, ma purtroppo non tanto buia da nascondere una sporcizia antica, ma senza fascino, probabilmente risalente almeno a quando in quell’edificio c’era ancora l’Ing. C. Olivetti & Co.
Proseguendo verso i locali del Centre, il visitatore potrà apprezzare sul muro a sinistra un’opera avanguardista raffigurante una fiorente scrostatura. Fiorente nel senso che la muffa intonacale si sviluppa come candidi fiori; avanguardista nel senso che avanza con il tempo. È lì da anni, come la sporcizia della scala, si fanno compagnia.
Amara ironia a parte, non possiamo che augurarci che non si debba arrivare alla fine del quinquennio del Piano di gestione appena illustrato per veder diventare realtà le slide delle tante presentazioni e le belle parole degli ambasciatori. Partire, pur nel ritardo di anni, dalla cura, la grande assente, sarebbe un bel regalo per il sito e per la città. Ma anche sull’appartenenza c’è tanto da lavorare. Il sito Unesco non è sentito come proprio da tutta la città, ma solo da una nicchia, una élite potremmo dire. Ricorda ancora chi scrive quando suggerì al sindaco Della Pepa di organizzare una festa popolare per festeggiare il riconoscimento Unesco, per coinvolgere tutta la popolazione, ma nulla si fece, né allora, né dalla giunta successiva, né tutt’ora.
Cadigia Perini