Milano, 25 aprile. Il vasto cielo della disobbedienza

Manifestazione del 25 aprile a Milano. Cronaca di una festa resistente.

… Eppure il vento soffia ancora,
spruzza l’acqua alle navi sulla prora.
E sussurra canzoni tra le foglie,
bacia i fiori, li bacia e non li coglie …

Quanto ci manca Bertoli?
Lo strano è che manchi anche a loro, giovani contestanti finalmente tanti e allegri, abiti e trucchi improbabili, bandiere rosse, birra a go-go e volume a palla.
E mica solo Pierangelo Bertoli. La loro musica spazia tra Rino Gaetano e Bella ciao, e rock, rap, Contessa, Inti-Illimani.

Gli altri, quelli per cui la manifestazione del 25 aprile di Milano è un sontuoso ritorno, quelli a cui mancava proprio stare per la strada a esprimere un’idea camminando insieme, gli altri guardano e ascoltano e si riempiono gli occhi di folla: gruppi strepitosi di ballerini un po’ acrobati con musiche folk, donne palestinesi urlanti e ridenti, militanti di Emergency orfani di Gino Strada ma sempre lì contro ogni guerra, comunisti del PCI (!) e antifascisti della FGC (!), gay dell’Arcigay con bandiere colorate ma – ci spiega un adolescente – un po’ diverse da quelle della pace (“manca il celeste”, una scoperta…), partigiani ANPI giovani e vecchi con il tricolore, scout pantaloncini e camicia azzurra, bimbi eroicamente addormentati, studenti contro le spese militari (“Make school, not war”), ovunque pacifisti sventolanti bandiere iridate e poi fascette, cappelli, magliette, mascherine, adesivi, fazzoletti, borse.

C’è pure il tipo sciocco che, opportunamente defilato, scivola a lato del corteo con la bandiera triste della NATO tirandosi addosso qualche “vergogna” e alcuni vaffa come da programma: non c’è che dire, la giornata è bella, la folla è gentile, i tempi propizi alle provocazioni, qualche “va’ via” e ti porti a casa un po’ di gloria facile, nemmanco meritata.

Poi tamburi, slogan (No alle guerre della NATO, depidifichiamo il 25 aprile), volantini e giornali di Lotta comunista, Rivoluzione, Spartaco, Cristiani per la pace, notiziario Emergency: il cielo della disobbedienza è vasto e ospitale.

Un tizio strambo si avvicina a un signore per chiedergli “vuoi sapere un segreto?” e quando quello gli risponde “no”, lui: “non sai cosa ti perdi”, e accigliato se ne va.

Una giovane mamma chiede a una sconosciuta di spiegare per favore al figlio “perché siamo qua” e dopo un discorsetto improvvisato di quella (“per ricordare che la libertà e la pace le abbiamo conquistate e dobbiamo difenderle…”) il bimbetto pare meditare e assentire.

Un barboncino rosso con fazzoletto dell’ANPI al collo diventa la star del momento.
Attraversa il corteo un gruppo di punk stile anni ‘70 con creste viola, piercing, borchie, gilet e calzoni in pelle neri.
Una schiera di giovani uomini eleganti (giacca e cravatta) e bellini reggono lo striscione di Lotta Comunista.
L’abbraccio della ribellione è grande e accogliente.

Dopo due ore fermi ad aspettare una mossa o un varco, parlare, ballare, abbracciare amici e conoscenti, scattare foto, guardare ancora increduli la massa di persone, e sempre con la musica nei timpani, il cordone si muove. Lentamente, faticosamente, verso il Duomo.

Là dove la folla è un fiume in piena, o forse mare (17.000 metri quadrati di teste …), e i discorsi ormai conclusi, sarà un bene o sarà un male, fatto sta che è difficile chiudere così.

E infatti i manifestanti esitano, ancora un attimo dai. Ragazzi indomiti sventolano bandiere rosse e tricolori sul monumento equestre a Vittorio Emanuele infestato di piccioni, gli altri, lentamente, cominciano ad andare.

A chiudere in gloria il pomeriggio milanese, ultima tappa in piazzetta Reale davanti al Duomo, ad ammirare l’installazione degli artisti Simona e Lorenzo Perrone “Solo la cultura ferma la guerra”, un carro armato ricoperto di libri. Le armi come ci piacciono.

Il giorno dopo – ça va sans dire – sui giornali non riconosciamo quella folla, quei giovani insieme a quei vecchi, quelle donne palestinesi, quei papà con le bimbe in spalla, quei ballerini coi tamburelli, quei ragazzi per Assange libero.

Solite moleste polemiche, solo che oggi ci fanno un po’ più schifo di ieri.

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Bella ciao in piazza Duomo