A Ivrea la prima tappa del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, con 50 sindaci e associazioni di categoria del territorio, accolto dal presidio di un sindacato di polizia.
E’ toccato a Ivrea inaugurare il tour del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica nei principali Comuni della provincia deciso dal prefetto di Torino, Comitato itinerante che si propone di offrire “spazio di confronto e dialogo sulle tematiche della sicurezza, con il coinvolgimento dei Comuni e delle realtà sociali, economiche e sindacali dei territori. E di dare vita a uno strumento operativo agile su tutte le tematiche riguardanti la sicurezza che favorisca lo scambio informativo biunivoco, tra soggetti istituzionali e della società civile, utile a promuovere piani di intervento non limitati al singolo territorio comunale”.
Questi gli scopi della riunione illustrati dal prefetto, Donato Cafagna, nella mattinata del 24 ottobre nell’aula magna del Liceo “Gramsci”, dove, nel piazzale d’ingresso, un nutrito presidio del SIAP (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia) distribuiva un volantino con la richiesta al ministero dell’Interno dell’invio di nuovi agenti al Commissariato di Ivrea-Banchette.
Un’iniziativa pubblica che fa seguito a una lettera dello stesso sindacato inviata al Ministero nella quale il segretario provinciale del SIAP denuncia una riduzione del personale del 10% negli ultimi dieci anni a fronte di un aumento del 20% delle richieste di intervento. Carenza di personale aggravata dal carico amministrativo determinato dal rilascio di passaporti e permessi di soggiorno per 206 Comuni e delle licenze amministrative per 103 Comuni. «I poliziotti in servizio effettivo al Commissariato di Ivrea – scrive il SIAP – sono ormai solo 47, dirigente e vice dirigente compresi, con un’altissima percentuale di cinquantenni e imminenti pensionamenti, la forza operativa effettiva giornaliera oscilla tra le 35 e 38 unità, a causa di aggregazioni permanenti presso la Procura di Ivrea e inidoneità al servizio per malattia. Dal 2013 ad oggi i pochi agenti destinati ad Ivrea non hanno mai ripianato le perdite generali registrate»
Incontrando all’ingresso il presidio del SIAP, il prefetto ha assicurato un incontro «nei prossimi giorni anche insieme al questore, per rafforzare e integrare le forze di polizia sul territorio, con i prossimi corsi che sono in uscita», rassicurando anche sulla prossima nomina del dirigente del Commissariato eporediese, attualmente vacante.
Di tutto questo però non ci sarà alcun cenno nel corso della riunione del Comitato che si apre alle 10.30 con il saluto del sindaco di Ivrea, stoppato dal prefetto appena prova ad entrare nel merito della “percezione della sicurezza” nella città con la lettera dei “residenti di Corso Nigra”.
Prefetto che propone di sviluppare la «videosorveglianza collegata alle sale operative», favorire «associazioni locali che promuovono la legalità» e segnalino fenomeni che destano preoccupazione, realizzare un «piano di sicurezza integrato con lo scambio tra le forze di polizia, anche della polizia locale». Polizia locale «da promuovere e valorizzare anche attraverso convenzioni tra Comuni» e che viene anche sollecitata a segnalare al questore persone alle quali applicare il “Daspo urbano”.
Non mancano i richiami all’intervento sulla “devianza giovanile” e alle «attività educative e sociali per promuovere momenti di informazione e testimonianza sui danni derivanti dall’abuso di sostanze alcoliche e di droghe», al recupero delle aree degradate, al contrasto alla marginalità e all’esclusione, alla prevenzione dei furti e alla promozione di coesione sociale e convivenza civile.
Ad illustrare la situazione del territorio preso in esame (91 Comuni del Canavese) con i dati sul numero di crimini rilevati provvede il questore vicario Luigi Mitola. E i dati che presenta registrano, in una realtà che anche negli anni precedenti risulta sotto le medie nazionali, una generale ulteriore diminuzione dei reati più gravi, mentre il furto resta quello che diminuisce meno. Dal primo gennaio al 17 ottobre di quest’anno sono stati rilevati 1185 reati, di cui 102 contro la persona, 855 contro il patrimonio, a fronte dei quali sono stati effettuati 25 arresti e 89 denunce.
Per Mitola occorre «incidere sulle causalità» e pur non essendoci «un incremento della criminalità», occorre intervenire sulla percezione della sicurezza utilizzando gli strumenti di polizia quali l’allontanamento e i fogli di via.
Non dissimile l’analisi del comandante provinciale dei carabinieri, generale Roberto De Cinti, che rileva «una diminuzione sensibile soprattutto di rapine e frodi, mentre non diminuiscono i furti che rappresentano il 39% dei reati». Il generale rileva poi che, contando sulla presenza nel territorio della Compagnia di Ivrea di 14 stazioni in un’area con 150mila abitanti, i carabinieri hanno una capillare conoscenza del territorio, ma chiede ai Comuni e ai cittadini, «informazioni per prevenire».
Uno sguardo all’economia del territorio viene offerto dal generale della Guardia di Finanza Carmine Virno che, per l’esistenza del 50% di imprese nate prima del 2010 e la presenza di 22mila partite Iva (con 5 imprese con fatturato superiore a 100 milioni), parla di «un territorio che rappresenta una realtà molto attiva e importante nella provincia di Torino». Essendo una zona florida è però esposta alle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia, aggiunge il generale, che si toglie un sassolino ricordando ai Comuni l’esistenza da tempo dell’obbligo di segnalazione di violazioni tributarie, ma «non ne abbiamo ricevuta nessuna», fa notare il generale.
Ci sono ancora gli interventi dei dirigenti di Polizia ferroviaria, stradale e Vigili del fuoco e del vicesindaco della Città Metropolitana, prima che prendano la parola i sindaci del territorio (sono presenti in 50, insieme al presidente di Confindustria Canavese e di alcune associazioni di categoria).
Comincia il sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore, che, al di là dei dati non allarmanti, sostiene la necessità di «intervenire sulla percezione di invivibilità e insicurezza» e di lavorare di concerto tra forze di polizia, servizi sociali e della salute mentale. Poi ovviamente sono necessarie politiche sociali e giovanili, «ma – conclude Chiantore – se gli enti locali vengono tartassati diventa difficile».
Dello stesso tenore l’intervento del sindaco di Bollengo, Luigi Sergio Ricca, che lamenta le ristrettezze di organico e il mancato accoglimento della richiesta per «l’implementazione e il collegamento con le forze di polizia del servizio di videosorveglianza».
Questione, della videosorveglianza, ripresa da Sonia Cambursano, sindaca di Strambino, che segnala anche un «complesso di alloggi costruito da un privato» dove ci sarebbe una concentrazione di emarginazione sociale che genera microcriminalità e conseguente preoccupazione tra i cittadini.
Preoccupazione ripresa e ampliata dal sindaco di Castellamonte, Pasquale Mazza, che segnala le aggressioni agli autisti dei pullman e ai pronto soccorso ed esprime il bisogno di un maggior numero di forze dell’ordine. Mentre Ellade Peller, sindaca di Nomaglio e presidente del Consorzio In.Re.Te. per i servizi sociali, informa sui progetti di contrasto al disagio giovanile e segnala una prossima preoccupazione per il territorio derivante dall’apertura di un CAS (Centro Accoglienza Straordinaria) a Loranzè.
Un’altra segnalazione, questa relativa a immobili confiscati alla mafia che restano vuoti e inutilizzati, arriva dal sindaco di Prascorsano, mentre quello di Rivarolo è preoccupato dalla microcriminalità.
Al termine di questo “Focus sulla sicurezza integrata” (così lo definisce un comunicato della Prefettura) l’impegno alla formalizzazione di un rapporto di interscambio informativo tra Comuni del territorio e Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
“Sicurezza pubblica” intesa (in questa occasione come quasi sempre e come è palese dalla composizione stessa del Comitato) in contrapposizione alla criminalità, alla devianza e ai comportamenti antisociali da reprimere. Quella “sicurezza” storicamente perseguita con limitazioni delle libertà da chiunque, in qualsiasi latitudine, vuole instaurare o mantenere un regime autoritario.
Scontato, abusato e banale, ma sempre efficace, il modo per legittimare tutto questo: basta creare una realtà terrificante, gonfiare le paure (dell’altro, tanto più se diverso) e fornire dei capri espiatori al senso di insicurezza.
Eppure la “sicurezza” viene meno quotidianamente quando non si può contare di essere curati se ci si ammala, quando i venti di guerra sono alle porte, quando è una chimera un lavoro non precario e senza rischio di infortuni, quando non si arriva a fine mese e non si ha un reddito sufficiente per una vita dignitosa, quando si fa fatica ad avere un tetto e quando questo c’è basta un nubifragio per non averlo più, quando si è discriminati ed emarginati per qualsiasi motivo.
Di questa fondamentale “sicurezza pubblica” non si occupa alcun “Comitato” (e men che mai il Ministero dell’Interno), anche se non è difficile comprendere quanto l’insicurezza sociale e l’assenza di futuro abbiano poi un peso nel produrre devianza, microcriminalità e comportamenti antisociali. Fenomeni che, lo sanno tutti, né una selva di telecamere di sorveglianza né un poliziotto in ogni angolo riusciranno mai a debellare.
Nel Nicaragua sandinista della fine degli anni 80, sul palazzo del “Ministerio del Interior” faceva bella mostra la scritta a caratteri cubitali “Nuestro propósito es la alegría del pueblo” (e “alegrìa” non si traduce in italiano con allegria, ma con qualcosa di più).
Sarà pure stata utopia, ma certamente, almeno nelle intenzioni, uno scopo a cui tendere diverso e più pieno di quello al quale (da sempre e non solo con Salvini e Piantedosi) è associata l’immagine del Ministero dell’Interno che appare invece più simile al Ministero della Paura “inventato” qualche anno fa da Antonio Albanese.
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