Ma veramente qualcuno vuole smembrare il 25 Aprile a Lace, una manifestazione che unisce comunità e culture diverse?

Non è più semplice e ragionevole ricucire in fretta lo “strappo” dei 4 sindaci dell’Eporediese mettendosi tutti intorno a un tavolo, possibilmente senza pregiudizi e con reciproco rispetto?

Di fronte alla querelle innestata dall’abbandono di quattro sindaci e sindache dell’Eporediese della manifestazione del 25 aprile a Lace di Donato (vedi articolo su questo giornale, la lettera aperta di Rifondazione comunista ai 4 sindaci e quella del direttore del giornale locale La Voce), la prima reazione istintiva è quella di smettere di parlarne al più presto perché accusarsi a vicenda tra antifascisti (di questo si tratta: tutti i protagonisti di questa vicenda sono antifascisti) non è mai una bella cosa, e tanto meno lo è di questi tempi.
Tempi in cui si assiste attoniti al massacro di Gaza e di un intero popolo, si delegittimano e sono diventati totalmente ininfluenti gli organismi giuridici e le Convenzioni internazionali, si espande sempre più la “terza guerra mondiale a pezzi” (come la chiamava papa Francesco), non si arresta “l’onda nera” che ha investito l’Occidente (con l’Italia governata da eredi del fascismo), si criminalizza il dissenso con il “decreto sicurezza” e la creazione di sempre nuovi reati e pene sempre più sproporzionate.
Un clima generale di insicurezza (la cui origine, come da manuale, viene addebitata a chi “sta sotto” o è “diverso”) che, insieme alle peggiorate (per i più) condizioni di vita e di tutela, genera paura: la peggior nemica del raziocinio.
E proprio per combattere la paura e rimettere in circolazione speranza e futuro viene spesso da pensare alla necessità di una nuova Resistenza, del XXI secolo, capace, come quella del secolo scorso, di tenere insieme culture anche molto diverse intorno ai valori della pace, dell’umanità, della centralità del lavoro, della libertà, della solidarietà. In buona sostanza, intorno alle basi della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.
Per questo il primo impulso sarebbe quello di stendere un velo pietoso sullo “strappo di Lace” effettuato da quattro e rivendicato da otto sindaci dell’Eporediese e sulle parole che l’hanno seguito. Fatto e parole che mettono in discussione condizioni primarie quali la libera espressione, il confronto, la partecipazione e gettano ombre su cosa si intende per democrazia e come la si esercita.
Un’altra via facile facile (parallela e complementare alla “stesura del velo pietoso”) sarebbe quella di concludere in fretta con un salomonico “hanno tutti un po’ di ragione e un po’ di torto”, che è sempre vero, ma non serve a nulla: non fa imparare niente e rischia di far fare solo passi indietro.

A distanza di oltre due settimane dal 25 Aprile, con le posizioni dei protagonisti espresse (in ordine cronologico: dal presidente dell’ANPI di Ivrea in un’intervista a La Voce, da otto Sindaci dell’Eporediese e dalla sezione ANPI Valle Elvo e Serra) è possibile andare in fondo della questione. Ed è necessario, non solo per amor di verità, ma soprattutto per salvaguardare e rafforzare una bella e straordinaria manifestazione antifascista, qual è e resta quella del 25 Aprile a Lace (che peraltro ha la particolarità di mettere insieme due comunità abitualmente divise dalla Serra e solo occasionalmente unite, come è accaduto storicamente nella Resistenza ai nazifascisti e in quella dei Salassi contro i Romani).
E allora proviamo qui di seguito a mettere in ordine le questioni.
1) Come già premesso, è bene ribadire che qui si tratta di tutti antifascisti e nessuno sta “facendo il fascista”, come avverte, utilizzando una bella battuta di Forrest Gump (“Fascista è chi il fascista fa”), il comunicato di sindaci e sindache dell’Eporediese.
2) Non si contano le volte in cui viene detto, scritto e ripetuto, da tutti, che ricordare la Resistenza non è solo commemorarne le vittime, ma richiamarne i valori che sono scritti nella Costituzione e la loro attualità nel mondo in cui viviamo, rimarcando la necessità di battersi per la loro affermazione.
3) Non c’è chi non veda oggi il progressivo avanzare di una “democratura”, alla cui base c’è il distacco tra istituzioni e cittadini, solo in parte ridotto nei Comuni di non grandi dimensioni.
4) Se si conviene tutti sul fatto che “democrazia è partecipazione”, vuol dire che si è interessati e disponibili al dibattito, al confronto e anche (ovviamente, tra antifascisti, con le dovute maniere e il rispetto reciproco) allo scontro.

Ridotte all’osso, queste sono le questioni poste dallo “strappo di Lace” del recente 25 Aprile.
Sembrano e sono ovvietà, ma se non si è d’accordo almeno su queste, diventa difficile condividere qualsiasi iniziativa che non sia del proprio partito o meramente rituale.
Non si vogliono qui distribuire responsabilità, ma, concedendo a tutti il beneficio della buona fede (che non si nega a nessuno, fino a prova contraria), ogni lettore potrà valutare se e quanto siano corretti i comportamenti, le ricostruzioni, i toni e i ragionamenti di ciascuno dei “protagonisti” (ANPI Ivrea, Sindaci dell’Eporediese e ANPI Valle Elvo e Serra).
Certamente, lette le accuse, un confronto diretto almeno tra i tre appare subito necessario, e sarebbe veramente incredibile (e ridicolo nei giorni in cui si parla di ben più difficili “ponti” e di “dialogo” in occasione della morte di papa Bergoglio e dell’elezione di papa Prevost) che non si riuscisse ad arrivare a un chiarimento e a trovare il modo di proseguire unitariamente la manifestazione del 25 Aprile a Lace che unisce comunità e culture diverse.
A meno che la scelta non sia già stata fatta, come fa temere l’annuncio alla Sentinella del Sindaco di Ivrea (“l’anno prossimo organizzeremo un nostro momento, presumibilmente il 24, aperto a tutti e del quale tutti insieme decideremo scaletta e contenuti”) e di quello di Bollengo (“abbiamo voluto dare un segnale, speriamo venga recepito, altrimenti, in futuro, ci renderemo indipendenti”). In tal caso si capirebbe il perché del coup de théâtre di sindaci e sindache (di Bollengo, Ivrea, Nomaglio e Strambino) non spiegato e premeditato, realizzato peraltro proprio in questo 25 Aprile a Lace che è stato particolarmente bello, interessante e senza alcun intervento che potesse essere o anche lontanamente sembrare “divisivo”.
Sarebbe una incomprensibile divisione e una sconfitta per tutti gli antifascisti E, di certo, non dovrebbe poter passare nel silenzio.
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