La prima morte dell’anno, una morte evitabile, in carcere ad Ivrea

Inizia male il 2024 al carcere di Ivrea. Muore un detenuto di 47 anni, redattore del giornale la Fenice, il giornale online dal carcere di Ivrea, inserto di varieventuali. La denuncia dei suoi compagni.

7 Gennaio 2024, mi sveglio alle 9 di mattina come sempre all’apertura delle celle e vengo informato dai miei compagni di sezione che un’ora prima mentre io ancora dormivo, è morto un nostro caro compagno. Le prime indiscrezioni parlano di morte per embolia polmonare.
In effetti il ragazzo in questione di cui non farò il nome per rispetto suo e della sua famiglia, stava male da più di una settimana e sembrava stare sempre peggio a dirla tutta ma nessuno di noi poteva mai immaginare il tragico epilogo di questa triste storia che sembra non avere mai fine nelle carceri italiane, perché tra suicidi e morti per cause naturali, il tasso di mortalità in carcere è sempre più alto.
Sicuramente in questa vicenda ci sono delle responsabilità da accertare nell’area sanitaria di quest’istituto e tengo molto a sottolineare questo punto perché il caso in questione è stato preso troppo alla leggera e fatto passare per una semplice influenza, ma tutti noi della sezione dove è avvenuto il fattaccio avevamo dubbi a riguardo, perché il ragazzo faceva fatica a camminare, respirare, muoversi, aveva dolori in ogni parte del corpo, in più negli ultimi giorni era sempre più bianco/giallastro e aveva le labbra viola. Questa volta mi sento anche di affermare che da parte degli Agenti della Polizia Penitenziaria c’è stata la massima disponibilità nel cercare di aiutare il ragazzo e a farlo scendere in infermeria ogni volta che lo chiedeva.
L’ultima volta che il ragazzo è sceso in infermeria che dovrebbe essere stato proprio ieri, l’hanno dovuto accompagnare perché come ho scritto prima faceva fatica a camminare da solo e parliamo di una persona di soli 47 anni con nessuna patologia, fino alla settimana scorsa prima che si ammalasse, veniva regolarmente al campo sportivo e giocavamo a calcio anche per due ore senza alcun problema.
Comunque dicevo che l’ultima volta che è sceso in infermeria gli è stato detto dal dottore di turno “prendi una Tachipirina ed un Brufen e vedrai che ti passa”, fino alla tragica morte del ragazzo di questa mattina.
I dottori tendono sempre un po’ a sottovalutare le lamentele dei detenuti, pensando forse che esagerino nel cercare cure per cose di poco conto, quando in realtà in alcuni casi come quello in esame non è propriamente così. Penso che il dottore che aveva detto al ragazzo di prendere la Tachipirina e il Brufen e che sarebbe stato meglio, ora come ora dovrà come minimo fare i conti con la sua coscienza, penso che sarebbe bastato un’analisi del sangue per capire che il ragazzo non stava esagerando e questo era sotto gli occhi di tutti, infatti oggi ci sentiamo tutti colpevoli anche noi compagni di sezione e ci domandiamo se potevamo fare qualcosa in più anche noi per aiutarlo o per far si che chi di dovere lo aiutasse seriamente.
Aveva fatto anche una domandina (mod. 393), un piccolo prestampato con il quale noi detenuti facciamo le nostre richieste alla direzione carceraria o sanitaria, dove esprimeva la volontà ed appunto la richiesta di poter essere ricoverato, questo già di per sé è assurdo e dovrebbe far riflettere. Perché un detenuto dovrebbe fare richiesta di essere ricoverato quando per questo ci sono i medici che decidono il ricovero di ogni singolo detenuto? Detenuto o cittadino in ogni caso è un paziente e prima ancora una persona da aiutare a stare meglio. Invece no, in carcere si tende a pensare che il detenuto esageri e quindi gli si da la solita Tachipirina o il solito Brufen e gli viene detto di tornarsene in cella a riposo, ma poi quando capita che il detenuto in questione muore chi paga?
Noi detenuti del secondo piano del carcere di Ivrea vogliamo delle risposte e vogliamo che venga fatta luce su una vicenda assurda, non si può morire a 47 anni in questo modo. Non si può star male da più di una settimana, peggiorare giorno dopo giorno e farsi da solo la richiesta per essere ricoverato. Tutto questo non ha senso.
Io mi sento in colpa perché anche se in realtà ho visto che il mio amico stava sempre peggio non ho fatto nulla per cercare di aiutarlo e come tante volte succede anche noi detenuti siamo i primi a pensare che magari il ragazzo che sta male stia esagerando per non si sa quale motivo. Tutto questo è grave. Viviamo in una società che permette che tutto questo accada tutti i giorni.
L’Epifania tutte le feste porta via, sì e quest’anno si è portato via anche una persona che fino alla settimana scorsa era sana come un pesce, faceva parte di questa redazione e ne era uno dei leader che cercava di portare avanti il lavoro della Fenice trascinando anche gli altri a fare sempre più e sempre meglio, era riuscito anche a farmi tornare a scrivere visto che erano già un paio di mesi che io avevo lasciato un po’ andare il lavoro che cerchiamo di portare avanti con questa redazione ed ora sono più motivato di prima perché vedendo la passione che ci metteva il ragazzo che è morto questa mattina, non posso far altro che portare avanti la redazione come avrebbe fatto lui ed a farlo per lui come ringraziamento per quello che ha fatto per me e per cercare di farmi perdonare da lui per quello che io non ho fatto per un motivo o per una altro per lui.
Resta il fatto che sono addolorato per ciò che è accaduto, penso che nessuno debba morire in questo modo per l’inadeguatezza del sistema sanitario.
Ora non voglio puntare il dito contro nessuno ed è anche un po’ la rabbia a farmi parlare così, ma quando il ragazzo è sceso in infermeria ed è tornato su con i soliti Tachipirina e Brufen con la faccia gialla e le labbra viola ed un altro detenuto che lo portava perché, come ho già detto due volte, il ragazzo non riusciva a camminare da solo. Dopo neppure 12 ore è morto.
Spero che riusciremo a capire cosa realmente è successo e che smetteremo di raccontare queste storie assurde e tristi allo stesso tempo, ma credo che non cambierà mai nulla finché non saremo per primi noi detenuti a cambiare mentalità e modi di agire.
Quando sui TG parlano di rivolte in carcere, a volte sarebbe bene capire anche il vero motivo per cui i detenuti mettono in atto la massima espressione di protesta in carcere con una rivolta. Resta il fatto che anche se noi detenuti pensiamo male o gli Agenti pensano male, non siamo noi a dover stabilire se il detenuto finge o esagera o sta realmente male perché per questo ci sono degli specialisti, i medici che sono pagati per fare quello che è il loro lavoro e capire se una persona finge, esagera o sta realmente male. Penso, col senno di poi, che se il medico avesse perso dieci minuti in più del suo tempo col ragazzo che poi è deceduto magari ora non si starebbe nemmeno parlando di questo caso e si sarebbe salvata la vita ad una persona di soli 47 anni.

Dalla redazione “la Fenice” del carcere di Ivrea, di cui faceva parte il nostro Vespino