Ivrea città di pace?

Il Presidio per la Pace dopo la proroga dell’invio di armi in Ucraina ha chiesto ai gruppi consigliari di esprimersi su questa decisione governativa. Tra strumentalizzazioni a destra ed esercizio di equilibrio a sinistra, si è ottenuto almeno il risultato di parlarne. Ma adesso, e non da adesso, occorre che chi è per lo sviluppo di una cultura di pace e del disarmo esca dai palazzi accogliendo la spinta che arriva dalle piazze della Pace.

Era il 1° febbraio quando il Presidio per la Pace di Ivrea, in obiezione con la proroga di invio di armi a Kiev fino al 31 dicembre passata con i voti della maggioranza governativa compatta insieme a quelli del PD, decide di scrivere una lettera aperta ai gruppi consigliari eporediesi affinché prendessero posizione riguardo alla scelta italiana della via militare opposta a quella diplomatica “per la risoluzione delle controversie internazionali”, scelta contraria alla nostra Costituzione.

Nella lettera i partecipanti al presidio fanno riferimento anche alla petizione No al nuovo invio di armi italiane in Ucraina promossa da esponenti della cultura, della società civile e del movimento pacifista, presentata in Parlamento con le firme di oltre 4300 persone e 101 associazioni e organizzazioni sociali. Nella petizione si richiama l’Italia e l’Europa al ravvedimento e quindi “a non continuare sulla strada che si è rivelata tanto sanguinosa quanto fallimentare; a non procedere passo dopo passo, come accadde oltre un secolo fa per la Prima guerra mondiale, verso lo sbocco della guerra totale. Nessun ragionevole cittadino italiano la vuole. La maggioranza dell’opinione pubblica è contraria all’invio delle armi, anche perché questo tributo di morte viene pagato con i fondi sottratti alla sanità pubblica, all’istruzione e al welfare. In tal modo l’Ucraina è diventata la vittima sacrificale dell’oltranzismo bellicista. Un oltranzismo insensato a cui si stanno sottraendo gli stessi soldati ucraini che disertano in massa e non si arruolano.”

Passano i giorni, ma dai gruppi consigliari non arrivano risposte alle richieste del Presidio, risponde invece con una lettera aperta il sindaco Matteo Chiantore dove rassicura che “l’Amministrazione comunale di Ivrea condivide il ripudio della guerra e sottolinea l’importanza di perseguire soluzioni diplomatiche, con l’Europa in prima linea.” E continua affermando che “la pace è un obiettivo che tutti noi dobbiamo perseguire con determinazione e impegno. Tuttavia – continua il Sindaco – all’interno di una maggioranza di governo dell’ente locale, possono convivere diverse legittime posizioni riguardo al diritto di difesa“. Il Sindaco ricorda poi che il suo ruolo impone di “rappresentare l’intera comunità evitando schieramenti in un dibattito che può facilmente polarizzarsi e che “è fondamentale mantenere un dialogo aperto e costruttivo, rispettando le varie opinioni e sensibilità presenti nel nostro territorio“. Infine il Sindaco non manca di ringraziare il Presidio per l’impegno e la passione dimostrati nel portare avanti queste importanti tematiche. Una lettera istituzionale e diplomatica alla quale il Presidio pur comprendendo il punto di vista del Sindaco (e ringraziandolo) replica affermando “che il diritto alla difesa possa e debba manifestarsi senza fare guerra. Quanto accade in Ucraina da tre anni dimostra che rispondere alle armi con le armi è letale per i popoli. Il continuo invio di armi allontana ogni giorno la via diplomatica, e porta solo morte, privazioni e distruzione. Questo sta avvenendo purtroppo anche con armi italiane.

In parallelo alla lettera del sindaco arriva una “manovra” della minoranza che presenta una interpellanza (poi diventata Odg) che prova a strumentalizzare la richiesta del Presidio per la Pace, per il consiglio comunale del 20 febbraio. Dai capigruppo non arriva invece nessuna risposta diretta al Presidio.

A quel punto il Presidio è costretto a specificare  “Non chiedevamo una discussione tra le mura del Consiglio comunale, ma di prendere una posizione come Gruppi Consigliari e di rendercela nota, magari venendo ad uno degli ormai 156 presidi del sabato.  Di certo non approviamo la strumentalizzazione della nostra lettera a meri fini politici, così come ha fatto la minoranza consigliare. Il Presidio chiedeva “un convinto pronunciamento a favore della nostra Costituzione nata dopo una tremenda guerra nella quale le nostre madri e i nostri padri costituenti hanno voluto fortemente questa affermazione, avendo conosciuto sulla propria pelle gli orrori della guerra”

L’Odg del centro-destra come era prevedibile non è poi passato per l’astensione in blocco della maggioranza il cui intervento principale è stato quello di Andrea Gaudino di Laboratorio civico che ha affermato che “l’invio di armi non possa essere considerata l’unica misura per sostenere l’Ucraina, anzi tale scelta debba essere presa in considerazione soltanto come extrema ratio nel momento in cui ci si trova di fronte a un conflitto in atto. La priorità, dal nostro punto di vista, dev’essere sempre riservata a tutte le strade della diplomazia e della nonviolenza, nella consapevolezza che la violenza non può che generare altra violenza, sommare sofferenze a quelle già prodotte“, prima di dichiarare al termine di un articolato intervento che “l’astensione sia la scelta più coerente davanti a questo ordine del giorno“. E così han fatto tutte le consigliere e i consiglieri dai banchi della maggioranza.

L’Odg chiedeva infatti al consiglio comunale di esprimere la propria adesione alla decisione del Parlamento italiano di approvare la proroga dell’invio di armi all’Ucraina e il proprio convincimento nell’adesione dell’Italia alla Nato “tra le principali organizzazioni internazionali impegnate nella difesa della democrazia e della pace tra i Paesi”. L’Odg portava la firma di tutti i consiglieri di minoranza, inclusi quelli del gruppo “Lista civica Sertoli sindaco”, un sindaco che non di rado è intervenuto al Presidio per la Pace come cittadino e come Sindaco con tanto di fascia tricolore e che, quando Ivrea ottenne la certificazione “Mayors for Peace” (Sindaci per la Pace), dichiarò “È più che mai necessario mettere in atto tutte le azioni possibili per portare l’umanità e tutte le Nazioni a ripudiare, nei fatti e definitivamente, la guerra. Parlare di pace significa viverla ogni giorno, tradurla in pensieri, in gesti semplici che possono cambiare il nostro modo di guardare gli altri e il mondo in cui viviamo. La pace non è delegabile, riguarda ciascuno di noi, al di là delle origini etniche, delle scelte religiose e di vita.”

E niente, pur essendo Ivrea entrata ufficialmente in Mayors for Peace, la rete per la pace e il disarmo in particolare in riferimento alla messa al bando delle armi nucleari, la Città non riesce ad assumere una posizione netta e formale contro le guerre e per la Pace. Pur avendo la Città una buona spinta dal basso e pur con la sua storia di coraggiosi interventi attivi per la Pace, uno su tutti la partecipazione al gruppo di interposizione pacifica in Jugoslavia con il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi in testa, non riesce a collocarsi attivamente in una rete di Comuni per la Pace (pur facendo parte del Coordinamento piemontese Comuni per la Pace, almeno sulla carta, come si legge sul sito del Coordinamento).

Le città devono trasformarsi in laboratori di cultura di pace. Esse devono sorpassare la corazza delle sovranità statali, che ancora sono segnate dall’arcaico antagonismo tra città e stato, per restaurare la solidarietà in una dimensione planetaria. Le città sono chiamate a questa grande, pacifica rivoluzione. (Ernesto Balducci, Assisi 21/05/1994)

Ivrea merita di diventare quel laboratorio di cultura di pace che la sua storia ha seminato, pace che non è solo fine delle guerre, ma giustizia e libertà per i popoli, fine delle occupazioni e dell’apartheid. Chiediamoci ogni giorno come chiedevano nel 1955 nel Manifesto di Russell-Einstein: “Metteremo fine al genere umano o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?

cp