Elezioni: Ivrea conferma la sua “anomalia”, il Canavese no

Non è il momento dei distinguo, ma quello dell’impegno più esteso e chiaro per l’applicazione della Costituzione e contro il suo stravolgimento

Come lo Sport contempla varie discipline (seppur con numeri di “seguaci” molto diversi), anche la Politica contemplava diverse funzioni: organizzazione sociale, ricerca e studio, crescita culturale e civile, conoscenza e approfondimento delle questioni, confronti elettorali. Da tempo si è di fatto sostanzialmente ridotta alla competizione elettorale e, peggio, ai confronti continui nei sondaggi.
Competizione che, come quella commerciale, si basa più sull’efficacia della promozione e della trovata più accattivante e meno, molto meno, sulla conoscenza e verifica della reale qualità dei “prodotti”, che, in questo caso, dovrebbero essere gli obbiettivi, le proposte, i programmi, il modello di società che si vorrebbe realizzare.
Fatta questa premessa, i risultati elettorali mostrano cosa gradiscono in questo momento “i consumatori”, cioè quanti si sono recati a deporre il loro voto nelle urne.
Molte sono le analisi del voto in Italia e nell’Unione Europea di questo giugno 2024 (ne segnaliamo alcune nella sezione “articoli consigliati” di questo sito), qui proviamo a cercare di capire cosa dice il voto locale, di Ivrea e del Canavese.
La partecipazione, innanzitutto, intorno al 55%, è sì superiore alla media nazionale (che è inferiore al 50%, la più bassa della storia repubblicana dell’Italia), ma diminuisce anche qui e, nonostante la concomitanza delle elezioni regionali e di molte amministrazioni comunali, quasi la metà degli elettori non va a votare.
E si tratta, come rilevano praticamente tutti gli studi, degli strati più deboli della popolazione, quelli che si sentono non visti, non riconosciuti, incapaci di immaginare un futuro. Vale infatti anche qui quanto rileva Anna Spena su Vita: «La mappa dell’astensionismo e quella della povertà si sovrappongono: è il segno di un sistema che si sta chiudendo sempre di più nella “cerchia dei benestanti”». Non è un caso che a patire maggiormente sul piano dei risultati sia il Movimento 5 Stelle, l’ultimo (in ordine di tempo) approdo elettorale di questi strati sociali.
I risultati di Ivrea (con il PD di oltre 10 punti sopra FdI e Verdi e Sinistra al terzo posto con quasi il 10%) confermano “l’anomalia” della città.
Un voto, questo eporediese, in linea con quello di molte grandi città che, come nota Marco Revelli, evidenzia «un processo di americanizzazione», cioè la «trasformazione già in corso da parecchi anni negli Stati Uniti, e visibilissima alla base del successo trumpiano,(…) Qui, a comandare, è il grado di vicinanza o di distanza da quelli che sono considerati i centri del potere. Il senso di inclusione o, all’opposto, di esclusione che individui spaesati avvertono rispetto ai punti di condensazione del potere, con un evidente rinculo, tra i “distanti”, su atteggiamenti rancoroso-rivendicativi, richieste di protezione e di tutela da parte di “capi” considerati autorevoli, facile resa alla logica del capro-espiatorio, o alle retoriche d’identificazione fittizia come quella dell’underdog, l’affermazione vittimistica da parte di forze in sé aggressive e “cattiviste”, il disprezzo per il civismo considerato élitismo (…)».
Analisi che, scherzando un po’, qui in Canavese viene plasticamente confermata dal voto di Ingria dove 32 su 35 votanti complessivi hanno scelto FdI e Lega (e gli altri tre sparsi).
“L’anomalia” del voto eporediese (che infatti si ritrova qua e là in alcuni Comuni, ma non viene confermata neppure in tutto il circondario di Ivrea) non modifica sostanzialmente il voto del Canavese che, nel complesso, assegna a FdI e Lega percentuali di poco più alte di quelle nazionali.
La città di Ivrea (il suo ceto politico e l’insieme della società attiva) si trova, in modo più evidente dopo questa tornata elettorale, caricata di responsabilità per mostrare a sé stessa e al territorio, sempre meglio e di più, quanto sia possibile estendere la partecipazione e animare la vita civile e sociale.
A cento anni dall’assassinio di Giacomo Matteotti, la vicenda dell’aggressione fisica in Parlamento a un deputato che vuole consegnare a un ministro una bandiera (e, si badi bene, una bandiera tricolore, non una rossa o arcobaleno) la dice lunga sullo stato della democrazia in questo nostro Paese.
E questo accade nella più alta sede istituzionale pubblica, mentre nel sottobosco e nella “terra di mezzo” cresce quanto documentato dalla recente coraggiosa inchiesta di fanpage.
A legare “il sopra” con “il sotto” c’è la legge di modifica costituzionale per l’elezione diretta del capo o della capa del governo (il messaggio già in queste elezioni europee con i 2,4 milioni di voti a “Giorgia”). Una prospettiva letale per la democrazia, per il bilanciamento dei poteri e per la partecipazione (che è libertà, parafrasando Gaber).
Mentre, a smantellare quel che resta della sanità e dell’istruzione pubblica, oltre a dividere ulteriormente il Paese, ci dovrebbe pensare la legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”.
Due leggi che chiamano a una forte e ampia mobilitazione per essere fermate.
Una mobilitazione già avviata e che proprio dalle tante realtà come Ivrea e dalle tantissime realtà di pratiche civili e sociali sparse in tutta Italia (realtà nelle quali la speranza di “un altro mondo possibile” è ancora viva nel “fare”, ma che spesso faticano ad assumere anche una dimensione politica) può ricevere l’impulso necessario per diventare adeguata alla gravità della posta in gioco.
Non è il momento dei distinguo, ma quello dell’impegno più esteso e chiaro.
Una prima proposta in questo senso, qui a Ivrea, potrebbe essere la costruzione di un comitato locale di “La Via Maestra. Insieme per la Costituzione” con la partecipazione più ampia possibile di associazioni e forze sociali intorno ad un programma semplice e chiaro: l’applicazione della Costituzione, non il suo stravolgimento.
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