E se nei vostri quartieri tutto è rimasto come ieri…

Si muore in carcere e si muore di carcere. I dati dell’Associazione Antigone.

Secondo il bimestrale Ristretti Orizzonti, edito dalla Casa di Reclusione di Padova e dall’Istituto Penale Femminile della Giudecca, sono già 10 le persone morte in carcere nel 2024, di cui quattro per suicidio e sei per altre cause (malattia, overdose, omicidio, cause “da accertare“).
Se, come pare, la Procura di Ivrea ha disposto l’autopsia sul corpo di Andrea Pagani Pratis, morto in carcere a Ivrea il 7 gennaio scorso, potremo dare un nome alla causa da accertare che lo riguarda.
Nel 2023 i suicidi in carcere sono stati 68 e 84 nel 2022. I detenuti morti per altre cause nel 2023 sono 88 e 87 nel 2022. All’indirizzo internet a cui rimanda la rivista si possono consultare i dati fino al 1992: una lettura interessante.
Come si vive in carcere oggi? La fotografia dell’Associazione Antigone è pessima; le carceri sono spesso strutture fatiscenti, sovraffollate e dove le condizioni di vita di detenuti e personale  sono degradate e spesso inumane.

Il quartiere Carcere di Ivrea è sovraffollato?

L’ultima visita dell’Associazione Antigone a Ivrea risale al 3 agosto 2021.
Al 31 gennaio 2023 i detenuti, sempre secondo Antigone, erano 223 con una capienza di 195. La visita del 2021 restituisce dati dettagliati che, se aggiornati oggi, renderebbero possibile una visita guidata essenziale per chi voglia farsi carico delle condizioni di vita oltre i cancelli. Intenzione ribadita in modo chiaro dall’amministrazione comunale di Ivrea durante il consiglio comunale aperto dello scorso 14 dicembre. Quanti sono i detenuti stranieri? Esiste un aiuto per chi di loro non comprende la nostra lingua?  Per un numero così elevato di detenuti quanti sono gli agenti penitenziari? E gli educatori? Esiste la possibilità di avere un supporto psicologico e se sì come funziona? Le domande sono tantissime, ma come è possibile occuparsi seriamente di un luogo come questo senza conoscerlo a fondo, o quanto più a fondo possibile?
Il Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale del carcere di Ivrea ha gli strumenti per aiutare coloro i quali  (dall’Amministrazione comunale ai volontari, agli insegnanti) vogliono occuparsi di questo quartiere e migliorare le condizioni di vita all’interno?

Come si vive nel quartiere Carcere di Ivrea? Come si muore? E perché?

Cosa succede esattamente quando uno o più di uno tra gli oltre duecento detenuti che risiedono ufficialmente in corso Vercelli 165 si ammala o si sente male? Quanto personale sanitario lavora dentro (medici, infermieri) e per quante ore al giorno? E’ personale dell’ASL TO4? Quali medicinali sono sempre disponibili e quali vanno richiesti all’esterno e come? Esistono detenuti con problemi di tipo psichiatrico? E il carcere di Ivrea è un luogo attrezzato per accoglierli? La risposta a queste domande fotografa il quartiere Carcere dal punto di vista dell’assistenza sanitaria. Il Garante dei detenuti ha gli strumenti per scattare questa fotografia?

Vorremmo che quanto successo a Vespino (questo il nome con cui Andrea firmava i suoi articoli sul nostro inserto La Fenice) non si ripetesse mai più

Il nostro è un paese dannato, dove qualsiasi tragedia riscuote solo per un attimo gli animi, riporta all’attenzione un problema, si porta dietro buone intenzioni e impegni sul proprio onore, nella cornice della prima pagina di un giornale.
In questa città l’attenzione al quartiere carcere è da sempre alta e dovrebbe continuare a esserlo non solo quando quel quartiere finisce sotto i riflettori perché pare sia stato teatro di episodi di violenza nei confronti di chi in quel quartiere ci abita, ma per ricostruire (o costruire) una seconda possibilità di vita E  questo grazie soprattutto ai tanti che in carcere entrano quotidianamente per attività volontarie.
La Procura di Ivrea ha disposto l’autopsia sul corpo di Vespino per dare un nome a quanto gli è successo. Occorre che chi ha strumenti e possibilità di entrare in quel quartiere a garanzia dei detenuti lo faccia al più presto per rendere conto di quanto avviene in quel luogo.
Un luogo che rischia di tornare a essere un non-luogo senza speranza, come recitava la poesia che apriva lo spettacolo dello scorso 2 dicembre, dove un gruppo di detenuti della sezione Ristrutturata ha raccontato il carcere da dentro il carcere, ovvero nu campusantu. L’iniziativa del nove marzo di quasi un anno fa, TI RIGUARDA, si proponeva di ripensare la pena, dentro, fuori e oltre il carcere.
Abbiamo ripensato troppo poco.

Simonetta Valenti

 

 

lo scorso 14 dicembre : https://rossetorri.it/tutti-dentro-o-quasi/ ‎