Della crisi epistemica e dell’emergenza climatica

L’anno che si sta per chiudere verrà forse ricordato per una crisi epistemica di portata colossale: gli esseri umani stanno perdendo gli strumenti per l’acquisizione della conoscenza, la capacità di distinguere il vero dal falso.

Nell’antica biblioteca dell’Escorial a Madrid si può ammirare Veritas et Falsitas, l’affresco di Pellegrino Tibaldi (1527-1596) che ritrae Zenone di Elea, il filosofo greco famoso per l’invenzione della dialettica: determinare i contenuti di verità attraverso il metodo di indagine razionale, il dialogo e la discussione degli argomenti. L’affresco ritrae Zenone che mostra alle giovani generazioni le porte del vero e del falso.

L’anno che si sta per chiudere verrà forse ricordato per una crisi epistemica di portata colossale: gli esseri umani stanno perdendo gli strumenti per l’acquisizione della conoscenza, la capacità di distinguere il vero dal falso.

Fonte: Wikimedia Commons

La disponibilità dall’inizio del 2023 di strumenti interattivi online, come ChatGPT, che simulano un dialogo umano, ha scatenato la rincorsa alla cosiddetta “intelligenza artificiale” (IA): in pochi mesi il numero di utenti connessi è balzato a centinaia di milioni, dopo un anno sono 1,7 miliardi. Questi sistemi digitali (reti “neurali” con miliardi di parametri), basati su quantità di dati e su capacità di elaborazione disponibili solo alle Big Tech, sono in grado di scrivere testi comprensibili e coerenti, statisticamente simili a tutto quello che è stato immesso loro in input. Rielaborando tutto quello che hanno “letto” in ingresso riescono a trovare la parola più probabile in ogni punto di una frase, come diceva Borges: “… non si è ciò che si è per quello che si scrive, ma per quello che si è letto“. Solo che in questo caso l’agente non esiste, non c’è un essere senziente, si tratta solo di computer, seppur di dimensioni ciclopiche. Infatti, l’errore di antropomorfizzare questi sistemi è proprio il rischio più grande: purtroppo per molte persone l’illusione di avere un interlocutore compensa la triste collezione di solitudini che è diventato il Web. Diverse ricercatrici (Bender e al., 2021) hanno cercato di spiegare che si tratta di un pappagallo stocastico (stochastic parrot) che “apprende” frasi a caso, non “comprende” nulla, e ogni tanto scrive frasi senza senso. Risultato: una di queste scienziate, Timnit Gebru, dell’Ethical AI Team di Google è stata licenziata.

L’enorme capacità di memoria ed elaborazione in poche mani ha creato una della più grandi concentrazioni di potere (e di persuasione) della storia. Ecco la crisi epistemica: la facilità con la quale si può diffondere mala-informazione (informazione vera, effettiva, diffusa tipicamente fuori contesto), mis-informazione (informazione falsa e fuorviante, creata e diffusa senza l’esplicita intenzione di ingannare, purtroppo percepita e ritrasmessa come fosse vera), dis-informazione (informazione falsa, diffusa con l’esplicita intenzione di ingannare le persone, polarizzare l’opinione in gruppi incomunicanti).

Nel maggio 2023 Geoffrey Hinton, uno dei più grandi scienziati informatici e considerato il principale sviluppatore dell’IA basata su reti “neurali”, lascia Google e inizia una campagna di sensibilizzazione sui rischi dell’IA. In un’intervista dice: “… vedo come un grosso problema – non poter più sapere cosa sia vero“. (NYT, 2023).

Un esempio: di fronte all’emergenza climatica l’ennesima conferenza mondiale (la COP28 a Dubai) ha prodotto la dichiarazione finale del 13 dicembre scorso che è un capolavoro di equilibrismo e dis-informazione. Si parla di graduale uscita (transition away) dai combustibili come carbone, petrolio, gas. Eppure la comunità scientifica, applicando appunto gli insegnamenti di Zenone, basandosi su anni di misurazioni effettuate con raffinati strumenti da molti ricercatori in luoghi diversi del pianeta, raccomanda di accelerare la de-carbonizzazione e che il clima è vicino al tracollo a causa della CO2 generata dai combustibili fossili (IPCC, 2023). Come se non bastasse, alla COP28 ventidue paesi hanno dichiarato di voler triplicare il ricorso al nucleare entro il 2050 per “liberarsi dai combustibili fossili più velocemente“, giustificazione sostenuta anche dal documentario Nuclear Now di Oliver Stone, lanciato negli stessi giorni con una tempistica notevole. Eppure molti esempi dimostrano che ci vogliono circa 15 anni per costruire una centrale nucleare (e 10-15 miliardi di euro), mentre impianti basati su fonti rinnovabili con accumulo di energia richiedono molto meno tempo. Le problematiche del nucleare sono emerse in tanti anni di studi e ricerche e sono ancora tutte aperte: il problema delle scorie radioattive, la filiera condivisa con il nucleare militare, le “piccole” dosi di radioattività, i rischi di catastrofi come Cernobyl o Fukushima (Tartaglia, 2022). Ammettere gli errori è un segno di maturità, come nel caso del progetto Superphenix: avviato nel 1976 e abbandonato nel 1997.

Perché allora si (ri)parla di centrali nucleari? Forse perché diversi tra i paesi che vogliono triplicare il nucleare (USA, Francia, UK) hanno già centrali e molte di queste sono ormai da dismettere con costi notevoli? Come si spiega che anche paesi come gli Emirati Arabi Uniti abbiano firmato per il rilancio del nucleare? Forse la risposta risiede nell’indisponibilità a mettere in discussione uno dei dogmi dell’economia: la crescita dei consumi, la necessità di trovare sempre nuove forme di energia che garantiscono un controllo centralizzato. L’argomentazione sottile, usata anche in Nuclear Now, di voler garantire anche ai paesi meno sviluppati i nostri livelli di consumi, non mette in discussione l’economia della crescita, della competizione, del consumismo, dello spreco, dell’iper-liberismo. Un modello che sta aumentando le disuguaglianze. Fin dal 1972 (con Limits to growth) è emersa l’impossibilità di una crescita infinita su un pianeta finito, la necessità di ridurre i consumi di energia, di consumare l’energia in modo più saggio, e (infine) di ricorrere alle nuove tecnologie basate sulle rinnovabili, alle comunità energetiche decentrate.

Nel 2023 l’offensiva marketing proveniente dalla Silicon Valley ha inondato l’infosfera con la parola magica “intelligenza artificiale“, non chiamiamola così, chiamiamola con il suo nome: “algoritmi dinamici che si calibrano con tanti dati“. L’enorme potere di persuasione che queste tecnologie mettono nelle mani di pochissimi (e ricchissimi) individui devono far riflettere sulla qualità degli argomenti, sugli strumenti fondamentali per l’indagine razionale: gli insegnamenti di Zenone di Elea.

La crisi epistemica e quella climatica sono strettamente connesse con la hybris, l’arroganza con la quale gli umani pensano di poter dominare la natura invece di studiarla per conviverci. Leopardi (1798-1937) suggeriva di cambiare prospettiva: la Terra (e noi con essa) siamo un punto infinitesimo nell’immensità dell’Universo e la natura è indifferente alle nostre sorti: “…immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? … E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei” (Leopardi, 1824).

Buon 2024!

Norberto Patrignani

Fonte: Wikimedia Commons

letture consigliate:

riferimenti:

– Bender E.M., Gebru T., McMillan-Major A., Mitchell M. (2021). On the Dangers of Stochastic Parrots: Can Language Models Be Too Big? Fairness, Accountability, and Transparency (FAccT ’21).

– IPCC (2023). The Intergovernmental Panel on Climate Change, 6th Assessment Report, ipcc.ch.

– Leopardi, G. (1824). Dialogo della natura e di un islandese. Operette morali, 1824.

– NYT (2023, 30 May). The Godfather of AI Has Some Regrets, The New York Times.

– Tartaglia, A. (2022). Spaccare l’atomo in quattro. Contro la favola del nucleare, Edizioni Gruppo Abele.