Il popolo della pace a Roma sabato 21 giugno
Il popolo della pace, proveniente da ogni parte d’Italia, da Ivrea a Palermo, era numeroso, con bandiere della pace e della Palestina, striscioni e cartelli variopinti, per le strade di Roma, nel pomeriggio di sabato 21 giugno, sotto il sole cocente.
Ha sfilato in due grandi manifestazioni, che purtroppo non si sono unite, per protestare, con accenti diversi, contro le guerre, il riarmo, il genocidio a Gaza, l’autoritarismo e il militarismo dilagante, e contro la Nato.
L’una organizzata dalle Reti che hanno promosso la Campagna FERMA IL RIARMO (Rete Italiana Pace Disarmo, Sbilanciamoci, Greenpeace, Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace) alla quale hanno aderito circa 500 organizzazioni e i partiti AVS, M5S, Rifondazione Comunista; l’altra organizzata dal coordinamento «Disarmiamoli», con Potere al popolo, il sindacato Usb e vari movimenti dell’estrema sinistra.
Hanno manifestato centomila persone, in rappresentanza dei pacifisti che settimanalmente in tante piazze d’Italia ripetono: Basta guerre! Basta armi! Basta distruzioni! Basta usare i nostri soldi per riarmarsi e preparare le guerre! Basta opprimere i popoli e occupare territori altrui! Basta uccidere e far soffrire i bambini! Centomila sono tanti, ma non abbastanza per dare una svolta alla politica militarista-bellicista europea.
Sì perché la gente normale ripudia la guerra, giudica negativamente l’attuale situazione del mondo e critica chi lo governa, ma poi rinuncia a essere protagonista del cambiamento, perché pensa che solo i potenti determinano le sorti delle società.
Grande responsabilità hanno i mezzi di comunicazione. Purtroppo una mobilitazione come quella di sabato a Roma è stata trascurata dai principali mezzi di comunicazione, che si attivano solo se agli eventi partecipano i vip, i personaggi politici più rinomati o se ci sono scontri violenti.
Si può dire che a ridurre su tv e giornali la notizia delle manifestazioni ha contribuito il gravissimo attacco americano-israeliano dell’Iran avvenuto nella notte successiva: ennesima violazione del diritto internazionale e ingiustificabile operazione della terza guerra mondiale a pezzi.
Quei centomila pacifisti sarebbero pronti a scendere in piazza un’altra volta per condannare questi bombardamenti e chi li ha organizzati, e per chiedere di trovare una soluzione pacifica al problema della minaccia nucleare e quindi per la denuclearizzazione del Medio Oriente. Le manifestazioni di sabato rientrano nella settimana di mobilitazione europea, dal 21 al 29 giugno, indetta in occasione del vertice della Nato a L’Aja (del 24 e 25 giugno), che definirà i dettagli del folle piano di Riarmo deciso dall’Unione Europea e approvato dal governo italiano (e da una parte del centro sinistra).
Un piano costosissimo, motivato ufficialmente dal bisogno di difendersi dai nemici (quali?), ma che non può accrescere la sicurezza, poiché istiga il sospetto e la paura negli altri Paesi che nella stessa logica della forza armata risponderanno con l’aumento delle spese militari, in una spirale che produrrà più inimicizie, più guerre, più povertà e spreco di risorse necessarie per il benessere dei popoli.
Quello che i manifestanti chiedono è di interrompere questa sciagurata spirale. Una richiesta che è stata elogiata anche dal segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, con queste parole: “E’ bene che ci sia una mobilitazione in generale per evitare la corsa al riarmo. Rientra nell’appello di Papa Francesco a usare “i fondi impiegati per le armi per risolvere i problemi della fame”.
Sarebbe bene che tutti (in particolare i politici e i governanti cattolici) si ricordassero quello che Papa Francesco disse il 24 marzo 2022: «Si continua a governare il mondo come uno ’scacchiere’, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri. … Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!». Ora quei “pazzi” decidono di arrivare a spendere il 3,5 o 5% per la cosiddetta difesa e sicurezza. I risultati della politica e dell’economia imperialista di guerra sono tragicamente evidenti in tutte le guerre, contro le quali i pacifisti hanno protestato e protestano. Con migliaia di bandiere palestinesi si è protestato contro il genocidio nella striscia di Gaza e contro la colonizzazione sionista della Palestina. Quando il corteo è arrivato al Colosseo, mentre veniva trasmesso un audio dei bombardamenti israeliani, migliaia di manifestanti si sono stesi per terra su teli bianchi a simbolizzare i morti di Gaza (e anche di altre zone di guerra).
Il sottoscritto ha portato per tutta la manifestazione un sudario bianco che avvolgeva un simulacro di bambino, con la scritta “Se fosse figlio tuo?”, per denunciare la strage di innocenti che continua ogni giorno senza pietà da quasi due anni. “Cosa si può fare per fermare questo orrore?” mi ha chiesto una donna commossa.
Cominciamo con esigere che l’Italia smetta la complicità con chi compie questi crimini, ovvero che innanzitutto il governo revochi il memorandum d’intesa con il governo israeliano nel settore militare e che i cittadini boicottino il commercio da e verso lo stato di Israele. Per tutto il lungo percorso della manifestazione si sono succeduti interventi di rappresentanti delle organizzazioni, trasmessi dagli altoparlanti posti su un grande camion che stava in testa al corteo.
Purtroppo chi non era nella prima parte del corteo non ha potuto sentire. Anche alla fine, per contenere le spese organizzative, non è stato allestito un grande palco, e gli oratori italiani e di altre nazioni (Katerina Anastasiou, co-coordinatrice della campagna europea Stop Re-Arm Europe, il Palestinese Omar Suleiman, l’Iraniana Parisa Nazari) hanno parlato dal camion.
Per fermare le guerre e la corsa al riarmo, per sconvolgere i piani dei guerrafondai e costruire la pace, occorre continuare a scendere in piazza e poi fare iniziative di educazione alla pace e alla nonviolenza, senza farsi vincere dallo scoraggiamento.
Pierangelo Monti