Come già annunciato nell’incontro del 30 novembre, Comdata richiede contratti di solidarietà a partire dal primo gennaio per 12 mesi. Sono ormai anni che Comdata a Ivrea va avanti ad ammortizzatori sociali, segno di disinvestimento per la sede eporediese. E di nuovo mobilitazione a zero.
Esattamente cinque anni fa, dicembre 2018, ci fu il primo sciopero di un certo rilievo in Comdata a seguito all’annuncio di 200 esuberi. La partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori all’assemblea aperta davanti alla sede Comdata in via Jervis fu importante, erano presenti per solidarietà anche diverse persone esterne all’azienda, assente l’amministrazione comunale di allora guidata dal sindaco Sertoli. Il primo cittadino recuperò tre giorni dopo invitando sindacati e Rsu in municipio e per l’occasione fu dichiarato lo sciopero per permettere ai lavoratori di essere presenti al presidio davanti al comune.
L’anno successivo partirono i contratti di solidarietà, l’annuncio raggelante di 200 esuberi fece in qualche modo accettare la solidarietà posta dall’azienda come alternativa. Da lì in poi, ma già dagli anni precedenti per settori (vedi Innovis) Comdata ha continuato ad utilizzare gli ammortizzatori sociali come strumento di gestione del personale.
In questi anni i volumi di lavoro per la sede di Ivrea intanto calano, si perdono commesse, non solo Inps e Aria-Lombardia (senza clausola sociale), ma anche altre spostate da Comdata in altra sede. E’ chiaro che Ivrea non è più un sito “strategico” per Comdata, si dovrebbe chiedere e farsi dire chiaramente dall’azienda che futuro a breve prospetta per la sede eporediese, perché l’attuale stillicidio di ore di lavoro mina lo stato d’animo dei lavoratori che si sentono precari e impotenti.
2023: le chiamano eccedenze, ma sempre esuberi sono
L’ultimo “preavviso” di esuberi, è onesto chiamarlo così anche se non vi è stata una formale dichiarazione di esuberi da parte di Comdata, è stato fatto il 30 novembre scorso nell’incontro tra Rsu, sindacati territoriali e azienda tenutosi in Confindustria. Quell’incontro dove Comdata ha presentato cali di lavoro su diverse commesse e annunciato un nuovo anno di solidarietà, un incontro che qualcuno ha definito “come tanti se ne fanno” rispondendo alla critica per la mancata proclamazione di uno sciopero con presidio davanti a Confindustria. Può darsi che fosse solo un incontro come tanti, ma nel senso che sono anni che Comdata annuncia tagli, richiede ammortizzatori sociali. Nell’incontro del 15 dicembre, di nuovo in Confindustria, di nuovo senza mobilitazione, l’azienda svela i numeri e il suo piano. Il perdurare della mancanza di volumi nelle commesse di Ivrea potrebbe portare alla riduzione di 239 fte (tempo pieno equivalenti) afferma l’azienda e quindi, film già visto, per scongiurare questo taglio netto, si chiede nuovamente l’attiviazione di contratti di solidarietà.
Comdata chiede contratti di solidarietà per un anno a partire dal 1 gennaio 2024 con una riduzione annua del 60% dell’orario di lavoro per un numero massimo di 759 lavoratrici e lavoratori (prevista la rotazione che però l’esperienza insegna non è applicata ad ampio raggio). «Una insaturazione più ampia rispetto a quella già nota a tutti noi – dichiarano i sindacati – l’azienda prevede infatti cali di lavoro a partire dal primo trimestre 2024 su alcune commesse del polo Enterprise, assicurazione e telecomunicazioni.» Infine, come sempre in parallelo alla solidarietà, verranno organizzati corsi di formazione finalizzati alla ricollocazione dei lavoratori.
Le organizzazioni sindacali hanno dichiarato che il piano aziendale è “irricevibile” ed hanno trattato per alcuni miglioramenti. Tradotto vuol dire che viene accettata la dichiarazione di esuberi e quindi l’ammortizzatore sociale, solo si cerca di ottenere all’interno del piano una riduzione del danno. Il principale punto positivo è che la riduzione dell’orario di lavoro è stata ridotta al 38% (in proporzione si riducono anche la retribuzione, ovviamente, e gli istituti legali e contrattuali). Gli altri sono miglioramenti si può dire di minor impatto oppure già concessi in precedenti trattative. Fra questi i sindacati hanno ottenuto di avere il piano di formazione e la commessa di riferimento entro il 15 gennaio invece del 31 gennaio 2024; la formazione con integrazione salariale; di considerare la formazione come lavoro relativamente alla maturazione degli istituti; la posssibilità di prorogare i part-time in scadenza per raggiungimento dei 48 mesi di utilizzo per tutto il 2024. “Risultati non scontati portati a casa” dichiarano le OOSS, ma in assenza della mobilitazione dei lavoratori, di tutta l’azienda, il dubbio che il risultato finale potrebbe non essere il migliore possibile, ma quello che già l’azienda aveva messo in conto di accettare, è forte.
Nel 2018 in alcune comunicazioni sindacali si leggeva che l’obiettivo era quello di fare della Comdata di Ivrea una questione nazionale, visto che l’azienda ha altre sedi in tutta Italia e che «Una situazione di questo genere non si può affrontare solo con solidarietà ed esuberi, ma bisogna anche pensare a investimenti e sviluppo per il futuro» Erano affermazioni molto condivisibili. Solo che Comdata è andata avanti avanti esattamente così e senza il giusto contrasto in termini di mobilitazione dei lavoratori. E così senza l’organizzazione di una protesta, Comdata procede indisturbata per la sua strada lastricata di eccedenze ed esuberi.
Cadigia Perini