Tra proteste dei detenuti e malcontento degli agenti la Casa Circondariale aumenta le barriere verso l’esterno
Il tema carcere in Italia salta agli onori della cronaca in genere per due motivi. Il primo è dato dalle frequenti notizie di suicidi di detenuti, proteste violente di singoli o rivolte collettive che avvengono negli istituti italiani. Il secondo deriva da sempre nuove richieste di “più carcere” con le quali i partiti di governo sono soliti rispondere a problemi che richiederebbero ben altra risposta, quali l’occupazione di strade, case o scuole, l’opposizione anche non violenta alla polizia penitenziaria e in genere qualunque resistenza a pubblico ufficiale. Il recente decreto sicurezza del 2025 viene indicato espressione di una “linea politico-criminale autoritaria” da importanti associazioni come l’Associazione Nazionale Magistrati, l’Unione Italiana delle Camere Penali, l’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale.
Il Governo però va avanti perché la via più facile, “più galera”, anche se inutile e ingiusta, è molto meno faticosa di quella più logica e difficile, che cerca di affrontare i problemi e riabilitare chi ha sbagliato.
In questa prospettiva il carcere di Ivrea (o Casa Circondariale anche se di casa non ha granché) si trova in buon allineamento.
Frequentemente filtrano notizie di rivolte individuali, proteste, suicidi o tentativi di suicidio. L’ultima è di una settimana fa, 19 ottobre, con episodi di aggressione, colluttazioni e diverse emergenze sanitarie. Un processo è in corso per la morte in cella nel dicembre 2023 del detenuto Andrea Pagani a causa della mancata assistenza medica e ricovero in Ospedale. Il caso era stato sollevato proprio dai compagni di detenzione sulle pagine della Fenice.
Per il segretario generale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) Leo Beneduci, si tratta dell’ennesima conferma di un sistema che non regge più. «Il carcere di Ivrea è nel caos – ha dichiarato – il personale di Polizia Penitenziaria è lasciato solo di fronte a un’emergenza continua e prevedibile. Da tempo denunciamo una gestione fallimentare da parte dei vertici regionali dell’Amministrazione Penitenziaria, rimasti immobili di fronte a un istituto ormai fuori controllo. Servono interventi immediati: più personale, più sicurezza».
A questo va aggiunta la recente tendenza, nell’ultimo anno sempre più marcata, di chiusura verso la collaborazione di associazioni di volontari che da anni operano all’interno della struttura. Dei due giornali redatti dai detenuti, uno, La Fenice, supplemento di Varieventuali, è stato chiuso dalla Direzione senza spiegazioni specifiche da un giorno all’altro a fine 2024, l’altro, L’Alba, curato dai volontari dell’Associazione Volontari penitenziari Tino Beiletti, ha potuto continuare solo dopo uno stretto vincolo di controllo della Direzione stessa. A diversi volontari è stato ritirato il permesso d’entrata, vistato dal Magistrato di sorveglianza, senza alcuna giustificazione, e a nuovi volontari che hanno fatto richiesta non è stato invece assegnato. Nuovi progetti di tipo artistico/letterario sono stati bocciati e altri già avviati sono stati stoppati.
A forti disagi dei detenuti che inevitabilmente possono sboccare in rivolta, si aggiungono ormai anche le proteste da parte degli agenti di Polizia Penitenziaria che, oltre alle frequenti rimostranze per l’organico troppo ridotto (c’è contemporaneamente sovraffollamento di detenuti e sottodimensionamento della Polizia) hanno deciso di inviare una diffida formale alla Direzione della Casa Circondariale, il DAP e il Ministero per la mancata consegna dei buoni pasto fin dal gennaio 2024. Naturalmente, come nel caso delle Associazioni, nessuna risposta.
Ma se gli agenti hanno un sindacato che ne raccoglie le istanze, chi raccoglie quelle dei detenuti?
Formalmente il Comune di Ivrea si è dotato, in quanto sede di un istituto carcerario, di un Garante delle persone private della libertà che però in questo quadro di progressiva chiusura sembra non avere niente da dire, come non ha niente da ridire l’assessora Gabriella Colosso che del carcere dovrebbe occuparsi, visto che la delega Recupero e sviluppo periferie comprende anche il carcere.
Certo, sono state messe due panchine: una all’esterno (rossa per i reati di violenza sulle donne) e una blu (“della gentilezza”, vicino all’ingresso del Bar/spaccio. Entrambe quindi invisibili per i detenuti. Certo, è stato aperto un piccolo gattile all’interno del carcere, di cui sarebbe interessante conoscere il funzionamento.
Per il resto iniziative per avvicinare questo “quartiere” alla città: zero.
Francesco Curzio
