GAZA e l’industria israeliana della violenza

Essere liberi non vuol dire solo liberarsi dalle proprie catene, ma vivere in un mondo che rispetti e valorizzi la libertà degli altri, Nelson Mandela.
Mercoledì 8 luglio lo Zac! ha ospitato la presentazione del libro di Enrico Bartolomei, Diana Carminati e Alfredo Tradardi “GAZA e l’industria israeliana della violenza”. L’iniziativa è stata promossa dall’Ismi (International Solidarity Movement Italia) con l’adesione del Centro Documentazione Pace e Libera.
Ancora una volta Alfredo Tradardi e Diana Carminati hanno voluto farci partecipi del loro grande impegno culturale e politico nei confronti della Palestina. Ad un anno dalla operazione israeliana “margine protettivo”, questo testo vuole ricordarci, non solo un secolo di sofferenza e resistenza della popolazione della Striscia di Gaza, ma il paradigma della violenza contemporanea. Una violenza che si estrinseca con modalità diverse in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, contro i cittadini arabi di Israele e contro i profughi che vivono nei campi allestiti dal 1947-48 nei paesi arabi del Medioriente.
Il libro è suddiviso in 11 capitoli: La violenza contro un popolo di profughi – La violenza del processo di pace – La violenza contro l’economia palestinese – Dalle punizioni punitive alla violenza genocida, con l’elenco delle nove operazioni militari israeliane contro la popolazione palestinese di Cisgiordania e Gaza, portano nomi poetici e biblici: Operazione Arcobaleno, Giorni di Penitenza, Prime Piogge, Nuvole d’Autunno, Margine Protettivo, ecc.
Nel capitolo “La violenza della menzogna” si evince la necessità di Israele di costruire menzogne per rovesciare l’immagine del paese e risultare sempre vittima e non colonialista occupante, pesano i miti fondanti – una terra senza popolo per un popolo senza terra – rifiuto arabo della partizione ONU e inizio della guerra contro Israele, … – se cadessero questi miti risulterebbe chiara un’altra verità. Ecco la necessità della menzogna e dell’esportazione della menzogna!
La seconda parte del libro è dedicata all’industria militare israeliana: essa appare una delle più avanzate tecnologicamente e costituisce un pilastro dell’economia israeliana. Si avvale di ingenti aiuti provenienti dagli Stati Uniti che sono iniziati con la fondazione di Israele. Di questa industria i Palestinesi sono stati cavie privilegiate (ved. “Dime” durante l’operazione Piombo fuso). La ricerca fatta da Bartolomei descrive la produzione di dispositivi di sorveglianza, di controllo delle frontiere, radar, ecc., dispositivi ormai venduti in tutto il mondo (Expo incluso), esportazione che ha portato Israele ad un ruolo primario nella repressione a livello mondiale. Nuove bombe e nuovi droni per un “Laboratorio della guerra umana assimetrica”.
Alfredo si è ancora soffermato sulla illusione di Oslo e la successiva perfezione del colonialismo con la distruzione del territorio, il furto dell’acqua, delle terre e degli alberi, il progressivo sfruttamento della mano d’opera, l’impedimento al movimento nei territori, le chiusure tali per cui la popolazione può sopravvivere solo grazie agli aiuti umanitari. Aiuti che vengono calcolati da Israele concedendo il passaggio di alimenti solo nella misura minima di sopravvivenza.
Alfredo fa infine una raccomandazione: perseguire il BOICOTTAGGIO, DISINVESTIMENTO e SANZIONI. Come richiesto da decine di organizzazioni palestinesi, intellettuali palestinesi e israeliani, questa azione non-violenta, così come avvenne a suo tempo per il Sud Africa, può arrecare il maggior danno di immagine ed economica ad Israele.
Sono armai molte le Università del mondo (UK, USA, Sud Africa, Svezia ecc.) che rifiutano collaborazioni e contatti con le università israeliane, così come sono molti gli artisti e sportivi che rifiutano di esibirsi in Israele. A questo noi cittadini attivi possiamo dare un impulso (www.bdsbdsitalia.org[email protected])
Rosanna Barzan, Centro Documentazione Pace