Umanità Sospesa: quando le comunità locali diventano luoghi di resistenza civile

L’iniziativa “Umanità sospesa” svoltasi a Castellamonte il 26 giugno rappresenta la prova tangibile che la società civile organizzata non ha bisogno di grandi capitali o di palcoscenici mediatici per accendere una luce su ciò che accade a migliaia di chilometri di distanza, ma che in realtà ci riguarda profondamente.

Anche le comunità locali possono accendere una luce, creare consapevolezza, schierarsi dalla parte dell’umanità. In un mondo che spesso sembra frammentato, dove le grandi crisi appaiono lontane e astratte, ma in realtà ci toccano intimamente, la politica locale e la società civile delle comunità territoriali possono e devono fare la differenza, trasformandosi in autentici luoghi di resistenza civile e di coscienza politica.

Quando l’orrore della guerra e della violenza coloniale, come quello che devasta #Gaza, Gerusalemme e la #Cisgiordania, quel che resta della #Palestina, viene raccontato direttamente da chi l’ha vissuto con i propri occhi, il messaggio acquisisce una forza particolare, devastante nella sua autenticità.

Le comunità locali possono reagire all’orrore con tutta la forza e la determinazione di cui sono capaci. Lo ha dimostrato eloquentemente la serata «Umanità Sospesa», organizzata a Castellamonte da #ProXimaMente, neocostituita associazione culturale molto promettente e dinamica, con il patrocinio del Comune e la collaborazione di ANPI e Rosse Torri. Un evento che ha visto la partecipazione del sindaco di Castellamonte Pasquale Mazza e il contributo attivo dell’assessore Claudio Bethaz e del consigliere comunale Alessandro Musso e di molti volontari che hanno dedicato tempo ed energie per il successo dell’iniziativa.

Martina Marchiò, coordinatrice medica di Medici Senza Frontiere, appena rientrata dalla Striscia di Gaza, autrice del libro “Brucia anche l’umanità”, ha denunciato con forza la drammaticità del genocidio in corso. «È una sistematica uccisione di civili. Nella Striscia di Gaza la legge internazionale umanitaria non ha nessun valore», ha dichiarato senza mezzi termini. «Mancano cibo e medicinali, nemmeno l’acqua del mare si può più filtrare. Nessun posto lì è sicuro. La situazione peggiora giorno dopo giorno. Ecco perché sono fondamentali serate come questa per accendere i riflettori su questa situazione senza fine».

Helen Ghirmu, consigliera comunale di “Energia per Rivarolo”, cofondatrice dell’associazione promotrice, ha aggiunto con commozione: «Quando anche i giovani smettono di sognare, qualcosa ti si rompe dentro. Nessuno è veramente inconsapevole. Non siamo più nel 1945. Per fortuna ci sono persone, come noi, che stanno male per quello che accade. Anche noi viviamo un trauma di rimando. È importante essere qui stasera per dire ai palestinesi che non sono soli».

A parlare è stata la forza dirompente della testimonianza, ma anche il potenziale concreto di una politica che non resta in silenzio di fronte all’ingiustizia. Perché fare politica non significa solo amministrare il quotidiano: significa scegliere cosa è giusto e cosa è sbagliato, assumendosene pienamente la responsabilità. Significa schierarsi contro l’ingiustizia, anche quando si manifesta a migliaia di chilometri di distanza.

Devastante l’appello di un’infermiera di Gaza che riportiamo integralmente. Martina Marchiò ci ha raccontato che questa donna si priva del cibo per nutrire i quattro figli suoi e gli altri quattro che sta crescendo, e lavora instancabilmente cercando di alleviare la sofferenza di un popolo martoriato:

“Prima della guerra, Gaza era una città piena di vita. L’odore di pane fresco riempiva i vicoli e fiori di gelsomino pendevano con grazia dai balconi. Avevo l’abitudine di passeggiare a Gaza city restando in silenzio e respirando il profumo come se fosse una piccola patria che sbocciava alle nostre porte. E poi il mare… era il mio rifugio. Ci andavo quando la vita era troppo pesante. Il mare era l’unico che mi ascoltava senza interruzioni, che mi abbracciava e mi prometteva che il domani sarebbe stato migliore.

Ma poi, la guerra ha cambiato tutto. Gaza non è più quella che era un tempo. Le case sono diventate un cumulo di macerie. L’aria è satura di fumo. L’odore di morte è inconfondibile. Nessun suono sovrasta Il rombo delle bombe, nessun odore permane se non quello della cenere.

Anche il mare non è più lo stesso. Adesso è silenzioso… come se fosse in lutto insieme a noi.
Come madre che vive a Gaza, un tempo avevo sogni semplici. Sognavo la libertà, di ridere con la famiglia ed i miei figli. Sognavo di sorseggiare un caffè in riva al mare, sulla spiaggia, in una serata tranquilla. Mi prendevo cura del mio piccolo giardino sul balcone piantando menta e gelsomino, aspettando il mattino per sentirne il profumo.

Ora non ci sono più né la mia famiglia, né il mare, né il gelsomino. Tutto è cambiato. Anche io non sono più la stessa. Essere a Gaza dopo la guerra significa diventare più forti della propria età. Significa imparare come nascondere le lacrime affinché chi ti circonda non crolli. Significa restare in silenzio e urlare dentro di sé in continuazione.

A tutti voi che ascoltate là fuori non chiediamo molto. Chiediamo unicamente di poter vivere. Di essere considerati come esseri umani e non come…

Chiediamo che la nostra storia venga capita e non spazzata via e ridotta a un titolo di giornale. Gaza sta sanguinando. Gaza sta crollando. Ma Gaza continua a resistere e noi restiamo con lei.

Ma voi che siete fuori, salvate quel che resta dell’infanzia e salvate ciò che resta delle donne. Salvate ciò che resta della vita, degli alberi che… Siate la nostra voce in un mondo che è divenuto sordo. Gaza merita di vivere.”

Queste parole, cariche di dolore ma anche di una dignità incrollabile, hanno attraversato lo spazio e il tempo per arrivare fino a Castellamonte, dimostrando che l’umanità non conosce confini quando si tratta di solidarietà autentica. In uno spazio gremito, il silenzio che ha seguito il video era denso di commozione e consapevolezza: ogni persona presente ha compreso di essere diventata custode di una testimonianza, portavoce di una voce che rischia di essere soffocata dal fragore della guerra.

L’iniziativa di Castellamonte dimostra che il cambiamento nasce dal basso, dalle associazioni e dalle comunità che scelgono di non distogliere lo sguardo. Ogni piccolo comune può diventare un faro di umanità, ogni cittadino un testimone attivo della storia del proprio tempo. Perché l’indifferenza non è mai neutrale: è sempre complice.

Walter Kiesl