Enorme partecipazione per la manifestazione di protesta contro il genocidio in corso in Palestina, tenutasi a Torino sabato 18 maggio. Almeno 4mila persone hanno sfilato per mezza città, per chiedere di cessare ogni supporto da parte del governo italiano a Israele e alla sua campagna genocidaria, che in questi 8 mesi ha prodotto circa 30mila morti e centinaia di migliaia di feriti.
La manifestazione avviene a 76 anni esatti dalla Nakba palestinese e rappresenta il culmine della settimana di mobilitazione annunciata una settimana prima dal coordinamento Torino per Gaza durante il Salone del libro, durante il quale le manifestazioni di protesta erano state violentemente represse dalle forse di polizia.
Una settimana di mobilitazione durante la quale la cosiddetta Intifada studentesca è esplosa anche nel capoluogo piemontese, con l’occupazione di 3 delle maggiori università torinesi, Palazzo nuovo, il Politecnico e la facoltà di Fisica. Gli studenti hanno piazzato le tende all’interno degli istituti, e per ora non sembrano avere alcuna intenzione di smontare: la protesta, almeno per il momento, continua a oltranza.
Una mobilitazione studentesca diffusa e massiccia come non se ne vedevano da tempo, e che sta velocemente espandendosi in tutte le università d’Europa e delle Americhe, provocando diverse reazioni schizofreniche da parte delle istituzioni.
La sinistra è cieca, ma la destra ci vede benissimo
Se inizialmente infatti l’Università di Torino aveva sospeso il bando Maeci di collaborazione con Israele, segnando una parziale vittoria per i collettivi studenteschi e scatenando le reazioni indignate di partiti e formazioni filo sioniste, la magnitudo della scelta si è presto sgonfiata.
Nonostante inizialmente i rettori degli atenei sembrassero aver accolto di buon grado le proteste, definendo gli atenei “luoghi di protesta pacifica” e il diritto degli studenti di prendere posizione “elemento centrale della vita universitaria”, in una settimana le cose hanno cominciato a prendere una piega diversa.
La seduta del Rettorato prevista per lunedì 21 maggio, è velocemente stata spostata in via interamente telematica dal rettore Stefano Genua, che ha sottolineato come «Non ci fossero le condizioni per svolgerla in presenza», cercando sostanzialmente di silenziare le voci degli studenti intervenuti per protestare anche in questa occasione. Come reazioni gli studenti hanno velocemente occupato anche il Rettorato.
Situazioni di tensione si registrano anche al Politecnico, dove il rettore Corgnati parla di un cancello sfondato e di una quarantina di esterni all’università presenti tra gli occupanti, rispolverando il sempreverde spauracchio degli “infiltrati”. Una versione dei fatti fortemente contestata dagli stessi studenti.
Decisamente peggio delle istituzioni universitarie quelle governative. Nonostante settimane di mobilitazione per la Palestina, la giunta comunale torinese a guida Pd pare ritenere il momento appropriato per approvare una mozione, proposta dalla Lega circa un anno fa, che impegna la a individuare strade, vie o edifici da poter intitolare a personalità dello israeliane. Unica a protestare Sinistra ecologista, per voce della propria consigliera Alice Ravinale, la sola a sottolineare quanto questa decisione risulti surreale in questo momento storico.
Si tratta in realtà dell’ennesima dimostrazione dell’incapacità di analisi della sinistra di governo (o presunta tale). Un errore che anno dopo anno ne sta decretando il declino, con la conseguente ascesa del reazionarismo più feroce.
Un fenomeno che si vede chiaramente negli Stati Uniti, dove la violenta repressione delle proteste universitarie sta decretando l’ormai quasi certa sconfitta di “Genocide Joe” Biden, il quale risulterà troppo indigesto da per i tanti che hanno a cuore la questione palestinese, spianando la strada al suo sfidante Donald Trump. Un uomo che ha nel suo programma elettorale la trasformazione degli Usa in un regime militare fascista.
Una situazione che si ripeterà in piccolo anche in Piemonte, dove la coalizione a sostegno dell’attuale presidente Alberto Cirio, nonostante la distruzione della sanità pubblica, la feroce campagna anti abortista, il continuo attacco alla povertà e la graduale militarizzazione del suolo pubblico portate avanti in questi anni, rimane salda in testa ai sondaggi di oltre 20 punti. Un vantaggio enorme, corroborato del fatto che anche la percentuale di popolazione critica con l’operato di Cirio non si riconosce nelle proposte alternative.
Più si alza la repressione, tanto più si alzano le barricate
Insomma, se pensate di stare vivendo in tempi preoccupanti, è perché non avete ancora visto quelli che verranno. Nonostante ciò non tutto è perduto, e l’attuale grande confusione sotto il cielo non è priva di situazioni eccellenti.
Prima tra tutte la grande capacità degli studenti, e più in generale dell’attuale mobilitazione globale per la Palestina, di non farsi frenare dalle tante forme di repressione messe in atto. Nonostante infatti i vari stati occidentali abbiano provato diverse tattiche, non sembrano aver trovato qualcosa di realmente efficace per sedare le proteste della nuova generazione. Non serve ignorarli, perché ormai il movimento ha assunto una dimensione globale. Non funziona picchiarli, perché non li spaventa e dalle botte traggono più forza. Non serve cercare comode pacificazioni, perché scopo della protesta è proprio rendere scomoda quella normalità giudicata non più sostenibile.
Lorenzo Zaccagnini