Continuiamo la pubblicazione delle interviste a giovani partiti nei 50 anni di vita del Centro Intercultura di Ivrea, con Michela Minardi partita da Ivrea nel 1976 e oggi volontaria nel Centro Locale di Genova.
Come hai conosciuto Afsai?
Non conoscevo molto di AFSAI. Frequentavo la III liceo al Botta e una mattina del 1975 durante l’ora di matematica venne a presentare i programmi all’estero Chiara di III C – raccontando la sua esperienza. Ma che bello, pensai. Molto incuriosita la sera a casa raccontai la giornata e quanto mi sarebbe piaciuto andare via un anno. In famiglia nei giorni successivi se ne parlò ancora e ancora e cominciarono gli approfondimenti con il Centro Locale e con la scuola.
Hai deciso di fare domanda senza indugio?
Non mi preoccupava l’idea di tornare dopo un anno avendo studiato altre materie e senza aver tenuto il passo in latino, greco e filosofia – anche se sarebbe stato l’anno della maturità. Il Preside Professor Formia incredulo non mi ostacolò in realtà, e neppure i professori.
Quale fu la tua destinazione?
Ricordo con piacere tutto sin dalle selezioni, con i weekend di gruppo e i colloqui alla fine dei quali arrivò la lettera con la mia destinazione: Inghilterra con programma annuale in boarding school [collegio convitto con attività extra-scolastiche, ndr] tutta femminile. La mia boarding school si trovava nella campagna del Surrey in mezzo a boschi e prati. Era il classico college di pietra grigio-nera, con grandi sale e pavimenti di legno che scricchiolavano, circondato da campi sportivi.
Racconta della tua “nuova famiglia”
La mia famiglia ospitante, i Rowse, viveva in una grande casa a un’ora di distanza dalla scuola. Io a casa avevo una stanzetta tutta rosa con la coperta elettrica. Per me era tutto nuovo. I primi mesi mi svegliavo la notte senza sapere dove fossi e se parlassi italiano o inglese. Durante la settimana ci abitavano solo la mamma e il papà, le quattro figlie erano grandi e si erano trasferite a Londra. Il papà allevava le api, faceva il miele, mentre la mamma era attiva nel partito conservatore inglese e mi portava con sé nelle raccolte fondi. Mi sembrava tutto strano e curioso perché io a Ivrea seguivo i gruppi di sinistra studentesca. Passavo la settimana a scuola e qualche weekend mamma Rowse veniva il venerdì pomeriggio a prendermi – pur così diverse andavamo molto d’accordo. A casa andavamo a fare una spesa gigantesca con un doppio carrello. Cucinavamo e preparavamo il pranzo della domenica (sempre di sette portate). Alla domenica dopo il pranzo gli uomini (papà con i generi) dietro casa tiravano al piattello con il fucile. Noi donne della famiglia chiacchieravamo in uno dei tre salotti. In quei weekend mamma Rowse mi ha confezionato il vestito lungo a fiori per i balli nelle boarding school maschili – a cui andavamo in pullman con le mie compagne di scuola.
Come eravate organizzate nella boarding school?
A scuola dividevo la camera con Fiona, una ragazza con i capelli lunghi lunghi e biondi che spesso piangeva – poi ho capito per una situazione molto triste. Tante erano nella boarding school per problemi famigliari. La divisa era obbligatoria: gonna a scacchi gialla e verde, maglione verde, e calzettoni grigi. Al mattino c’era l’alza bandiera, l’inno, e la preside Mrs. Hardy dava il buongiorno. Ho seguito materie molto diverse da quelle del Botta e ogni studente poteva scegliere un percorso personalizzato. A me piaceva molto letteratura inglese, insegnata da un professore indiano con cui leggevamo i libri degli autori. All’inizio ho fatto fatica a seguire le lezioni tutte in inglese; non vedevo l’ora che arrivasse educazione fisica – dove ovviamente non c’era bisogno di parlare. Cantavo nel coro della scuola, rigorosamente in divisa, questa volta in bianco e nero. Ogni tanto andavamo in altre scuole per delle competizioni.
Avevi rapporti con gli altri ragazzi Afs?
Nel corso dell’anno con il gruppo exchange AFS – per lo più dagli USA – si organizzavano attività di promozione. Si è creata tra noi una grande amicizia. Ci supportavamo via lettera, perché all’epoca non c’erano né e-mail né smartphone. Ricordo tante storie e abitudini diverse, ognuno di noi con le sue insicurezze quando ci interrogavamo su come andare avanti. Solo negli anni successivi, a poco a poco, ho capito il valore di un’esperienza così ricca e diversa; quanto spirito di adattamento abbiamo dovuto mettere in campo.
Come è stato il rientro a Ivrea?
Grazie alla cucina di casa Rowse sono tornata rotondetta e felice, pronta ad affrontare il rientro scolastico. Durante l’estate la professoressa Guarini di latino e greco, le materie più critiche, mi faceva andare a Vico Canavese per esercitarmi nelle traduzioni. Una volta tornata, le prove di reinserimento un po’ mi preoccupavano – ma in realtà, da lì in poi, è stato tutto in discesa. Il mio anno in boarding school in Inghilterra con AFSAI, abbastanza inusuale, mi accompagna da allora. Infatti ancora oggi sono volontaria e responsabile scuola nel Centro Locale di Genova.
a cura di Cadigia Perini