Federico e Milena conversano e riflettono sulla partecipatissima manifestazione per la Pace che sabato 22 ottobre ha percorso in corteo le strade cittadine partendo dalla stazione ferroviaria per arrivare, attraverso il lungo Dora, davanti al municipio.
Federico: Cos’è stato per te il corteo di sabato 22 ottobre svolto ad Ivrea?
Milena: È stato una scoperta. Non mi aspettavo che così tante persone potessero partecipare ad un evento pacifista, visti i presidi precedenti. Nel momento in cui, attorno alle 11, ora di partenza del corteo, sono arrivata alla Stazione ed ho visto tutte quelle persone… Tra cartelli, bandiere, striscioni ed artefatti performativi (come il missile di cartone e la bara che simboleggia la morte della ragione), il mio cuore ha iniziato a battere a mille. Mi sembrava surreale vedere così tanta partecipazione in una città piccola come Ivrea.
Federico: Come mai?
Milena: Le persone non sono abituate a scendere in piazza. Quindi significa che sia il passaparola sia i manifesti, volantini, post, storie e le locandine, hanno generato motivazione alla partecipazione. Le persone hanno compreso che non sono sole se vogliono scendere in piazza per la pace, oggi.
Federico: E cosa ti ha colpito nella loro partecipazione?
Milena: Accanto ai rappresentanti delle associazioni, cittadine e cittadini sono diventati folla. In tanti, oltre a mettere a disposizione tempo e corpo, si sono impegnati nei giorni precedenti ad immaginare e creare slogan e cartelli. Ve ne era uno bellissimo con scritto “BOMBA ATOMICA” e con il fungo atomico disegnato al posto della “T”.
Federico: In cosa è consistito il corteo stesso? E come era composto?
Milena: Il corteo consisteva in una passeggiata che partiva dalla Stazione fino a Piazza Ferruccio Nazionale, attraversando tutto corso Re Umberto. Il percorso ha occupato un’intera corsia, in una strada molto trafficata, soprattutto di sabato. Abbiamo quindi attirato l’attenzione di chi di solito attraversa quella via solo per andare a lavoro, a fare compere o svolgere doveri privati.
Alla testa del corteo si trovava la “bara della ragione” che denuncia la follia della guerra. Dietro di essa, a condurre il resto del corteo, l’automobile su cui erano posizionati gli altoparlanti e la cassa. E poi una lunga coda di persone con i loro cartelli, bandiere ecc.
Federico: Questo mi fa subito venire in mente la musica e le parole di coraggio e denuncia che abbiamo lanciato durante il corteo. La musica è stata per me una dimensione importante della mattinata, con canzoni come C’era un ragazzo o Sunday Bloody Sunday a dare energia, vibrazioni e forza lirica al nostro passaggio per la città.
Milena: Credo che con la musica abbiamo creato una forte atmosfera di solidarietà. Tanti hanno cantato ricordando momenti passati della loro vita. Oltre ai loro ricordi, molte persone hanno ritrovato anche vecchie conoscenze. Addirittura c’era chi non si vedeva da molto tempo e si è ritrovato di nuovo proprio durante il corteo, senza aspettarselo. È stato quindi un momento anche di ritrovo sociale ed umano. La pace ha unito molte persone anche nel privato.
Federico: A me ha fatto anche piacere notare la rilevanza mediatica del corteo. C’erano diversi giornalisti a seguire tutta la manifestazione. Dopo tanti mesi di oscuramento mediatico, il pacifismo torna a ricevere attenzione. Credo che con oltre 300 persone nel corteo, abbiamo assistito ad una prova di esistenza della voce pacifista. Difatti, tutti i giornali locali ne hanno parlato. È anche un bel segnale in vista della manifestazione del 5 dicembre a Roma, dove noi pacifiste e pacifisti di tutta Italia ci raduneremo per far sentire la nostra voce.
Milena: A proposito di far sentire la propria voce, mi ha commosso uno degli interventi al microfono avvenuti in Piazza Ferruccio Nazionale. Sara, giovane studentessa, ha trovato il coraggio ed il luogo adatto per denunciare il bullismo di natura omofobica subìto ad opera di alcuni compagni, a cui ha rivolto il suo discorso.
Federico: È stato sicuramente il momento che ha più compiuto il senso del corteo. Sara ha ribadito un concetto semplice: “tutti abbiamo gli stessi diritti”. E lo ha fatto partendo da una violenza che subisce ordinariamente, una violenza discriminatrice come tante altre ne avvengono ogni giorno nella nostra società. È proprio la tolleranza verso queste violenze quotidiane che arriviamo poi a tollerare la follia della guerra. Il suo non è stato l’unico intervento a microfono da parte della cittadinanza. Infatti dopo i vari interventi di organizzatori del corteo, altri hanno preso parola dalla folla. Prima di Sara, un operatore scolastico ha ricordato alle persone presenti che il cambiamento pacifista non può prescindere dall’educazione, fin dalla nascita. E come dargli torto! L’educazione è qualcosa che si dà prima di tutto con il buon esempio (perché tutti gli esseri umani apprendono per imitazione).
Ivrea, sabato del 22 ottobre, un esempio lo ha dato. In 300 (non come quelli delle Termopili però) abbiamo mostrato che si può scendere in strada per essere folla, umanità solidale, e pace: con musica, messaggi e liberazione dalla paura. Ivrea ha sorriso, presto lo farà anche Roma.
Milena Bertone