“Geometria, ordine, evidenza, mistero”: Piero della Francesca – La Madonna della Misericordia (1450 circa), dal Poliptico del museo di Sansepolcro; Palazzo Marino; Milano, 9.12.1016
Lo sguardo dello spettatore si deposita, di primo acchito, sulla possente tonaca rossa, poi su quello strano mantello di variegati azzurro-blu che, rieccheggiando la forma e lo spazio di una capanna, accoglie un gruppo di persone in preghiera. Lo sguardo si deposita, sì, perchè niente in questo dipinto eccita i sensi al punto di trascinarli: ci sembra di essere nei territori dell’impassibile, dove tutto appare fermo. Solo la gamba sinistra della donna, leggermente in avanti, movimenta la scena. Poi, impercettibilmente, lo sguardo si sposta verso il volto giovanile della donna la quale, con insolita forza invisibile, sostiene a braccia aperte il pesante mantello. E’ un volto anch’esso impassibile, di una serenità secca ed inquietante: il colorito scuro, la fronte amplissima, le orecchie grandi, gli occhi appena aperti, i pomuli scivolosi, il naso armonico, la bocca delicata, le labbra serrate e dure, il mento affilato. Lo sguardo non interpreta bene se si tratti di una donna umana o di un essere, seppure somigliante, in qualche modo lontano. Ha la testa coperta da un sottile e corto velo e, sopra, una corona quasi trasparente. Sopra la corona ha una sorta di aureola che sembra solidale con essa: sembrerebbe una di quelle acconciature che si è soliti vedere sopra la testa delle dee antiche. Il fondo del dipinto è tutto d’oro. I personaggi sotto il manto stanno lì, secondari nella loro sproporzionata piccolezza rispetto alla donna, ma ognuno con la sua espressione ed identità. Uno di loro porta un cappuccio che lo sguardo interpreta come il cappuccio di un penitente.
La Madonna della Misericordia di Piero della Francesca è, insieme alla Flagellazione, uno dei suoi dipinti misteriosi. Tutto in esso sembra evidente anche allo spettatore occidentale più lontano dalla storia cristiana: dei fedeli invocano la protezione divina inginocchiati sotto il manto protettivo della Madonna. Tutto rispetta sostanzialmente il canone di rappresentazione delle Madonne della Misericordia così frequenti nell’iconografia cristiana fino al tardo Rinascimento. Il contenuto sembra chiaro ma nell’Arte è la forma che conta. E la forma di questo dipinto sorprende: include l’antico medievale ed il nuovo rinascimentale, l’umano ed i suoi contrari, l’evidenza ed il mistero. Il paesaggio d’oro fa sparire la natura ma crea uno spazio caldo; il mantello, nelle altre rappresentazioni sostenuto da angeli o santi, qui è sostenuto da una forza umana ma l’apparente impassibilità del volto ci rimanda alle impassibili e giustiziere dee antiche; una freddezza secca e senza concessioni permea tutto, eppure si ha la sensazione di tepore e di accoglienza insieme ad un sottile e inquietante timore. Dov’è il mistero di questo dipinto? Forse nella sua geometria. Piero della Francesca sottomette tutto alla Geometria. E la Geometria è ordine. Reale e simbolico. Estetico e sociale. Ordine. Questo è lo strano miracolo che compie Piero della Francesca nella pittura del Rinascimento: rappresentare i significati e le forme dell’umano e delle cose imbrigliati dall’Ordine e nel contempo liberati dall’Ordine. Liberi nella loro sottomissione, sottomessi nella loro libertà. Una ineffabile magia il cui trucco lo sguardo perplesso cerca di scoprire.
Fa freddo questa sera a Milano ed un serpentone di gente in attesa per vedere il dipinto occupa un lato della piazza della Scala: la Madonna della Misericordia è ospite per qualche settimana nella sede del Comune. Nel lato opposto della piazza, in capannelli o seduti sulle panchine, donne e uomini extracomunitari socializzano nel loro scarso tempo libero. Di fronte, la Scala riposa dai recenti fasti mondani. Nella Galleria lo sponsor Swarosky profana l’Albero di Natale con cafona prepotenza di nuovo ricco: il marchio campeggia irriverente in mezzo all’Albero. Tutto qui, come nella vicina Piazza del Duomo, mostra le contraddizioni del nostro tempo; qui convivono ricchezza e povertà, cafoneria e normalità, illusioni e disperazione, localismo protettivo e varietà etnica e multiculturalità. Ma tutto qui appare a quest’ora placido e spensierato. E’ questo uno di quegli spazi urbani scelti dall’ingegneria politica per mostrare la sua capacità di nascondere al primo sguardo il disordine sociale. Al primo sguardo. Poi, basta fare attenzione e tutto si rivela: si sente molto il freddo che viene dal profondo, questa sera, proprio qui.
Paco Domene