Città sorelle. Beit Ummar, Cisgiordania, Palestina – Ivrea, Piemonte, Italia.
La Cisgiordania è diventata una bomba a orologeria.
Nessun lavoro, nessun denaro.
Niente acqua, niente cibo.
Cancelli chiusi, strade vuote.
Psiche distrutte, volti pallidi.
I debiti hanno sommerso la gente.
La povertà ormai colpisce tutti.
L’ansia non abbandona nessuno.
L’attesa è diventata un pericolo.
La Cisgiordania è in uno stato di squilibrio.
Nessun segnale incoraggiante.
Prego Dio per la salvezza e la pace.
(Beit Ummar, 28 luglio 2025, messaggio firmato)
Beit Ummar — città gemella di Ivrea – è situata tra le città di Hebron e Betlemme, negli splendidi e fertili altopiani centrali della Cisgiordania. In Palestina, come ovunque, ogni luogo ha la sua storia unica e particolare; allo stesso tempo, tuttavia, la condizione di Beit Ummar rappresenta in un certo senso l’occupazione in sintesi.
A Beit Ummar, come in molti altri luoghi della Cisgiordania, circa il 60% dei residenti dipende dall’agricoltura per il proprio sostentamento. Con la continua espansione degli insediamenti coloniali illegali, sempre più terreni vengono espropriati e migliaia di viti e alberi da frutto, tipici della zona, sradicati. Beit Ummar era conosciuta per avere il più grande mercato ortofrutticolo della Cisgiordania meridionale. Con la perdita degli alberi e con l’esercito israeliano che blocca l’ingresso al mercato, i frutticoltori di Beit Ummar sono stati costretti a svendere sulle strade quel che rimane.
I palestinesi sono prigionieri nella loro terra. Una rete di check point impedisce loro il libero movimento
Beit Ummar è chiusa fra check point. Controlli e perquisizioni prolungati, trattamenti violenti e umilianti: questi sono i check point gestiti dai militari israeliani in Cisgiordania. B’Tselem (l’organizzazione israeliana per i diritti umani) e Palestine Monitor hanno denunciato il fatto che molti malati, donne incinte e neonati palestinesi siano morti per essere stati fermati o ritardati ai checkpoint mentre venivano condotti in ospedale. E spesso i checkpoint vengono chiusi del tutto, all’improvviso. Il massimo di violenza e sopruso si verifica però quando i soldati aprono il fuoco senza motivo, evidentemente per puro divertimento, contro cittadini palestinesi che transitano senza rappresentare nessun pericolo.
I checkpoint bloccano tutti, non importa se devi andare al lavoro, da un medico, a fare un acquisto, anche i bambini che vanno a scuola vengono bloccati. Palestine Monitor riferisce che i bambini sono vittime di insulti, percosse e disprezzo da parte dei soldati israeliani. Come risultato di questa intimidazione sempre più bambini abbandonano la scuola o rimandano il completamento della loro istruzione.
«È sempre stato così, siamo sempre stati privati delle libertà, ma oggi siamo animali in gabbia, e lo sono i bambini a cui diciamo di non uscire a giocare perché non sappiamo se torneranno a casa vivi»
Tutta colpa del 7 ottobre? No, è da 60 anni che i palestinesi della Cisgiordania subiscono la spietata occupazione israeliana.
Riporto solo tre episodi accaduti a Beit Ummar prima del 7 ottobre 2023. E’ così da 60 anni e ogni giorno di ogni anno è sempre peggio con l’avanzare degli insediamenti e il crescere della violenza delle azioni dei coloni.
14/2/2011 – Hebron (WAFA) – Un veicolo carico di coloni israeliani armati è entrato nel villaggio di Beit Ummar, a nord di Hebron, per una dimostrazione di forza. Testimoni oculari hanno riferito a WAFA che le forze israeliane, le guardie di frontiera e la polizia, accompagnate da un bulldozer, hanno chiuso una strada secondaria che porta al villaggio. Beit Ummar è presa di mira dai coloni israeliani nelle ultime settimane.
23/7/2015 – Gerusalemme (Nena News) – Falah Abu Mariam, di 50 anni, è stato colpito durante un raid notturno dei soldati israeliani nella sua abitazione a Beit Ummar. È il palestinese ucciso dai soldati israeliani nel giro di poche ore durante raid in città e centri abitati della Cisgiordania. La famiglia riferisce che l’uomo si era semplicemente opposto all’arresto del figlio da parte delle forze di occupazione, cercando di strapparlo dalle braccia dei militari intenzionati a portarlo via.
12/11/2020 – Beit Ummar – Muhammad, 76 anni, racconta: verso le sette del mattino, sono andato sul campo con le mie tre figlie sposate e i miei nipoti per raccogliere le olive. Circa un’ora dopo la partenza, la guardia di sicurezza di Bat Ayin si è presentata dietro la recinzione dell’insediamento e ci ha ordinato di andarcene. Mi sono rifiutato e ho detto che ero sul mio terreno. La guardia se n’è andata ed è tornata con quattro soldati. Hanno aperto il cancello e sono entrati nel nostro terreno, e uno di loro ci ha ordinato di andarcene. Mi sono rifiutato e gli ho detto che ero sul mio terreno e non su quello dell’insediamento. Gli ho suggerito di chiamare l’Amministrazione Civile e chiedere se stessi infrangendo la legge. Il soldato si è rifiutato e mi ha spinto forte, facendomi cadere a terra. Poi mi ha colpito con il calcio del fucile. Le mie figlie e nipoti hanno iniziato a urlare e piangere e hanno cercato di aiutarmi ad alzarmi. Mi sono alzato e i soldati ci hanno ordinato di nuovo di andarcene. Ho provato a contattare un funzionario dell’Amministrazione Civile tramite il mio avvocato, ma non ha funzionato. Il soldato ha minacciato di far rotolare via il nostro trattore se non ce ne fossimo andati. Verso mezzogiorno, dovemmo arrenderci e andarcene.
Dopo il 7/10/2023 – Solo qualche esempio, solo a Beit Ummar
21/4/2025 – Demolition, Beit Ummar, West Bank (Fotografo Mosab Shawer) – Le forze coloniali israeliane demoliscono un edificio di 7 piani nel villaggio di Beit Ummar, a nord di Hebron, in Cisgiordania, con il pretesto di aver costruito senza permesso nell’Area C, il 21 aprile 2025. La proprietà, che avrebbe dovuto ospitare 14 famiglie, apparteneva alla famiglia di Mohammad Issa Hussein Alqam ed era situata nella zona di Wadi al-Wahadin, a sud di Beit Ummar, proprio di fronte all’insediamento israeliano di Karmei Tzur, costruito su territorio palestinese. Secondo il Palestinian Information Centre, le forze israeliane hanno effettuato oltre 5.939 demolizioni e atti di distruzione contro case e strutture palestinesi in Cisgiordania dal 7 ottobre 2023.
24/7/2025 (WAFA Agency) – Le forze di occupazione israeliane hanno arrestato due palestinesi in seguito agli scontri scoppiati mentre i residenti locali si opponevano ad un attacco di coloni israeliani nella città di Beit Ummar, a nord di Hebron. Secondo l’attivista dei media Mohammad Awad, lo scontro è iniziato quando un gruppo di coloni israeliani armati, sotto la protezione delle forze israeliane, ha attaccato con pietre i contadini palestinesi mentre lavoravano i loro terreni nella zona di Wadi al-Sheikh, a est della città, vicino a Jabal Wardan.
I coloni stanno confiscando la terra e ci lanciano pietre. Beit Ummar ormai soffre da quattro direzioni. Ci stanno soffocando.
26/7/ 2025 (WAFA Agency) – Le forze di occupazione hanno assaltato Beit Ummar con diversi veicoli militari, dispiegandosi nel centro città e in diversi quartieri. I soldati hanno sparato proiettili veri, proiettili di gomma, granate assordanti e gas lacrimogeni contro i residenti, causando diversi casi di soffocamento. I soldati di occupazione hanno anche lanciato deliberatamente una granata assordante all’interno di un ristorante di proprietà di un cittadino, causando danni materiali. Parallelamente i coloni israeliani hanno continuato i loro assalti ai contadini locali, costringendoli a lasciare le loro terre nella zona di Wadi al-Sheikh, vicino alla città. Nel frattempo, i soldati israeliani hanno arrestato diversi contadini, li hanno interrogati e li hanno minacciati di arresto se fossero tornati alle loro terre.
3/8/2025 – Beit Ummar – Testimonianza diretta dell’ex sindaco di Beit Ummar: I coloni mi hanno bruciato i campi (10 mila mq) con i miei vigneti che sono la mia principale fonte di reddito.
“More than twelve years, I have planted them grapes trees .I lost everything in ten minutes”
(Ho piantato quelle vigne più di dodici anni fa. Ho perso tutto in dieci minuti)
“The soldiers began shooting toward us”
(I soldati cominciano a sparare contro di noi)
Sul 7 ottobre sono ancora tanti i punti oscuri, una sola cosa è certa, da lì Israele è partito senza alcun freno con il suo piano di distruzione del popolo palestinese per prenderne le terre.
“La striscia di Gaza non esiste più“, diversi giornali hanno ripreso questo titolo dopo le riprese dall’alto di troupe di giornalisti (che hanno sfidato i divieti israeliani) sui voli da cui vengono paracadutati gli aiuti umanitari.
Scrive Emma Murphy, direttrice di ITV News International, che era a bordo di un aereo giordano che lanciava aiuti a Gaza: “in oltre venti mesi di raid israeliani, sono state scaricate in totale 100.000 tonnellate di esplosivo – una quantità superiore a quella messa insieme dei bombardamenti a tappeto “su Londra, Dresda e Amburgo”, aree largamente più ampie, durante la Seconda Guerra Mondiale.” La metà di queste bombe è stata fornita da paesi europei”
I palestinesi in Cisgiordania vengono sfollati, le loro case e campi distrutti, obiettivo: cacciarli tutti dalle loro terre, con ogni mezzo.
“La devastante operazione militare di Israele nella Cisgiordania occupata, che sta avvenendo sullo sfondo agghiacciante del genocidio in corso nella Striscia di Gaza, ha conseguenze catastrofiche per decine di migliaia di persone palestinesi sfollate, che stanno affrontando una crisi in rapido peggioramento e senza alcuna prospettiva di ritorno. Il trasferimento illegale di persone protette rappresenta una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e un crimine di guerra”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, alta direttrice per le ricerche e le campagne di Amnesty International.
Insicuri anche nei campi profughi. Testimoni dai campi profughi riferiscono che le forze israeliane aprono il fuoco contro chiunque tenti di tornare anche solo per verificare lo stato delle proprie abitazioni o recuperare effetti personali. In realtà dovremmo parlare di campi di prigionia che rimarranno fino alla distruzione di ogni abitazione, ormai tantissime famiglie non hanno più una casa dove poter tornare.
Beit Ummar, nostra città gemella, vive questa realtà. Il progetto di costruzione di una cisterna sostenuto dalla straordinaria sottoscrizione “Un ponte con Beit Ummar” promossa dal Comune di Ivrea e ampiamente partecipata da cittadini e associazioni, passa in second’ordine, in questa drammatica situazione in continuo aggravamento, la priorità è conservare una casa, un campo, rimanere vivi contro il progetto di colonizzazione totale con eliminazione della popolazione palestinese messo in atto dallo Stato di Israele.
E per tutto questo la lettera “Ivrea non intende tacere” inviata dall’Amministrazione Comunale di Ivrea al Presidente della Repubblica, alla Presidente del Consiglio e al Ministro degli esteri, è un atto importante che ribadisce “non in mio nome”.
Cadigia Perini
Fonti: per gli episodi specifici ho attinto ai siti di Wafa Agency, Nena News, B’Tselem, Al Jazeera, Jaffaps.com, Activestills.org, Greenolivetours.com e altri.