Un piccolo fiume umano contro il genocidio a Gaza

Sabato 11 novembre, sono appena passate le 16. Centinaia di corpi accompagnati da bandiere, cartelloni e striscioni riempiono Piazza Ferruccio Nazionale. Una voce dal microfono chiede con determinazione che il governo Italiano agisca per impedire il genocidio a Gaza. Il corteo parte e un piccolo fiume di umanità si riversa in via Piave e poi sul lungo Dora, come a specchiare il fiume che scorre a lato.

Il piccolo fiume è cresciuto rispetto a quello di tre settimane prima, quando il 21 ottobre si attraversava la città per chiedere uno stop al massacro in Palestina. Stavolta non è solo aumentato il numero dei corpi (un centinaio in più dei trecento precedenti): è cresciuta l’intensità dei canti con cui si intonano gli slogan; è cresciuta la consapevolezza che l’unione di tanti corpi che riempiono lo stesso percorso può liberare nuovi orizzonti. Il corteo ha attraversato il lungo Dora fino ai giardini Giusiana e da lì piazza Balla. Mentre musiche contro la guerra suonano dalle casse e striscioni e bandiere coreografano il flusso della folla. L’orizzonte del fiume è fitto della gioia di stare insieme per cantare un mondo diverso.

Durante il percorso spicca l’energia della comunità islamica, mai stanca di guidare la voce del corteo al suono di “Palestina Libera”. Intanto, mentre già si attraversa via Palestro, sono tanti i passanti che si uniscono a seguire con il labiale gli slogan o che si fermavano a leggere i messaggi dei cartelloni e striscioni. “BASTA ARMI!”; “STOP ALL’OLOCAUSTO DEL POPOLO PALESTINESE”; “DUE POPOLI DUE STATI”, ecc. Mentre già il corteo ha compiuto il suo giro ed è di nuovo in piazza Ferruccio Nazionale, l’orizzonte politico del piccolo fiume umano si traduce in messaggi più articolati con gli interventi dal microfono di diverse associazioni promotrici e non.

Prima Silvio Conte di Emergency, poi Rosanna Barzan del “Centro Documentazione Pace”, Yassine Sakhoune del Centro Culturale Islamico, Enrico Parizzi della Chiesa Evangelica Valdese, Jacopo Pitti di Nuovi Equilibri Sociali, Cadigia Perini di Rifondazione Comunista-UP, Simonetta Valenti per l’Associazione Rosse Torri, e ancora Francesca Riconda di Paese RealeLivio Obert per Pax Christi. In chiusura, Pierangelo Monti del Mir.

La piazza si esprime contro l’indifferenza e cobelligeranza dei governi, chiarendo di essere dalla parte dei popoli e a sostegno di chi in Palestina ed Israele opera verso una soluzione nonviolenta di due popoli due stati. Oltre a denunciare l’uccisione di civili, l’odio razziale e religioso, l’apartheid e il colonialismo (di insediamento in questo caso), come crimini contro l’umanità, il messaggio comune è diretto al governo Italiano. Ribadendo che l’Italia ripudia la guerra (art. 11 della Costituzione) e che non deve alimentarla né giustificarla, la richiesta è che il nostro governo cessi immediatamente di sostenere quello israeliano e che agisca immediatamente per impedire il genocidio a Gaza. Dunque, si conclude con la richiesta all’amministrazione comunale eporediese di farsi portatrice istituzionale di questa richiesta attraverso una esplicita presa di posizione ufficiale in merito alle politiche del nostro governo rispetto a Gaza.


Gli interventi sono intervallati dalla musica dal vivo di Andrea Gaudino e Federico Giovannini, entrambi chitarra e voce. I due si alternano al microfono per cantare canzoni di consapevolezza, pace e speranza. Prima “L’isola che non c’è” per ricordarci che chi non si unisce a cantare un mondo diverso forse è ancora più pazzo di questo piccolo fiume; poi “Auschwitz” di Guccini per ricordarci di non dimenticare cosa significhi l’uccisione di bambini civili come quella che vogliamo fermare (e di cui il governo Italiano deve cessare di essere complice); e infine “Hallelujah” nella versione di Jeff Buckley, come una preghiera corale che non è diretta a implorare i potenti, ma ad accompagnare quel fiume di speranza che vuole fermare la loro violenza.

Federico Giovannini