Una serata antifascista ai piedi del Mucrone
Ci sono a volte dei corto circuiti emotivi che consentono dei collegamenti, delle connessioni che offrono sprazzi di lucidità.
Ieri sera ero a una partecipatissima serata organizzata da Hope Club e da Biella antifascista nella cittadina ai piedi del Mucrone.
Ascoltavo Perla Allegri di Antigone e Gianluca Vitale, avvocato, descrivere i dispositivi
contenuti nel famigerato DDL Sicurezza, in corso di approvazione in Parlamento.
Sarà stata la stessa emozione che ha portato Perla Allegri ad aprire il suo intervento dicendo che normalmente si sente sola a trattare questi temi scomodi e invece, data la folta partecipazione, vedere questa sala piena di persone stasera mi riempie il cuore
Vi è stata poi, certo, una ampia e fattuale spiegazione di come questo Decreto sicurezza, qualora fosse approvato, ci renderà ancora più insicuri, e di quanto sia calibrato per attaccare e rendere penalmente perseguibili i giovani, i migranti e i detenuti. E di questo scriveremo ancora nei prossimi giorni e mesi.
Eppure quello che rimane più vivo la mattina dopo è ancora la parte emotiva. Ieri guardavo Perla e mi veniva da piangere di rabbia.
Il perché l’ho spiegato nel breve intervento che ho fatto appena conclusi quelli dei relatori. 39 anni fa, a Milano, esattamente il 23 febbraio del 1986 morì un ragazzo a cui, pur non avendolo conosciuto, sono molto legato.
Si chiamava Luca Rossi. E’ la sera del 23 Febbraio 1986. Luca ed un amico, giovani militanti e studenti universitari non ancora ventenni, stanno correndo per prendere la filovia in Piazzale Lugano, quartiere Bovisa di Milano.
In un altro punto della stessa piazza, alcune persone discutono prima con calma e poi sempre più animatamente e scoppia una rissa. Una delle persone coinvolte è un agente fuori servizio in forza alla Digos. La rissa è un susseguirsi di pestaggi e discussioni e dopo oltre quindici minuti finisce senza che l’agente chiami rinforzi.
Due delle persone coinvolte fuggono in auto ed il poliziotto incapace di affrontare la situazione con la ragione e l’autorità richieste, estrae la sua pistola d’ordinanza ed in posizione di tiro, facendo arbitrariamente e illegittimamente uso delle armi, spara ad altezza d’uomo per colpire i fuggitivi.
Uno dei proiettili ferisce a morte Luca che si trovava a passare per caso in quel luogo e in quel momento. Ma non è un “caso” che consente al poliziotto di sparare. E’ una legge, la cosiddetta “Legge Reale” che conta al suo attivo negli anni decine e decine di vittime “per sbaglio”.
La successiva sentenza definitiva, che chiude il processo voluto dai familiari per ricerca di verità e giustizia e non certo per vendetta, riconosce l’agente colpevole di omicidio colposo aggravato. Queste le parole che descrivono la storia di Luca sul sito dei suoi amici e compagni, che poi sono anche i miei compagni e amici.
Il riconoscimento di colpevolezza dell’agente che usò impropriamente la sua arma di servizio e che colpì Luca che correva per prendere il filobus, nel quadro normativo del DDL Sicurezza, non sarebbe più possibile; in quanto prevede la possibilità, per il personale di polizia, di avere la propria arma personale in qualunque momento da utilizzare, da portare con sé, anche non in servizio.
Ripeto quello che ho detto ieri sera: questa norma è espressione di una ideologia autoritaria che vuole negare tutto ciò che c’è di umano non solo nelle nostre Leggi, ma proprio nelle nostre vite.
E’ il caso di non rimanere ulteriormente divisi e isolati. Quello che dobbiamo fare è unirci e combattere.
Ettore Macchieraldo
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Ma poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.
B. Brecht