Incontro con Frei Betto al Castello Vescovile di Albiano
E’ il bel Salone dei Cento a (r)accogliere il pubblico intervenuto per incontrare Frei Betto, teologo della liberazione, sabato 11 maggio, al Castello Vescovile di Albiano. C’è appena stato un bel temporale, il cielo varia dal grigio al blu e le cose brillano di quella luce tagliente, risultato di migliaia e migliaia di goccioline sparse ovunque. C’è quel tempo perfetto sospeso tra ciò che ancora non è passato e ciò che ancora deve venire, quando senza tanti preamboli (a parte una breve introduzione) Frei Betto inizia a parlare, esordendo così: “la politica è in ogni nostro atto. Tutto è politica”. Non siamo certo abituati a sentire un religioso che parla di politica come se niente fosse, ma lui mette subito in chiaro che è discepolo di Gesù, un perseguitato politico molto famoso, perseguitato per il messaggio che stava cercando di diffondere: il regno di Dio come progetto politico di civilizzazione basato sull’amore. Tutto è politica, continua, persino i mesi dell’anno, dice. Accidenti, i mesi dell’anno. Ma su che cammino ci stiamo inoltrando? E sì, perché i mesi erano 10: 5 dedicati a divinità o scadenze legate ad usi e costumi e 5 semplicemente numerati (dicembre, l’ultimo mese, lo dice chiaro), ma sono diventati 12 per compiacere la sete di gloria di due imperatori romani: Giulio Cesare, da cui Luglio, poi Augusto da cui Agosto. E siccome luglio aveva 31 giorni anche agosto ne ha dovuti avere altrettanti, affinché Augusto non risultasse inferiore a Cesare, così gli astronomi hanno dovuto togliere giorni a febbraio. Insomma, il potere fa addirittura cambiare la scansione del tempo, se vuole.
Gesù è stato incarcerato, torturato, giudicato e condannato da una dittatura che, in quanto tale, ovviamente, non ha interesse a sentir parlare di democrazia. Gesù non ha mai parlato di chiesa (la parola non appare che due volte nei vangeli) ma ha parlato del regno di Dio come un regno che era da venire, da costruire sulle basi della libertà, dell’uguaglianza e dell’amore. Dio ci ha creati per vivere in paradiso, in un mondo fatto appunto di amore e di libertà.
E lui di dittatura ne sa qualcosa: quando era in carcere, in Brasile, ai molti militanti comunisti incarcerati come lui, che gli chiedevano come faceva ad avere fede nonostante ciò che stava succedendo, citava il capitolo 25 del Vangelo Di Matteo (...”Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre … Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi … In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. …) e diceva che anche loro avrebbero meritato il paradiso perché erano persone che lottavano per la libertà e la democrazia. Sdoganato il comunismo come ideologia che condivide il progetto di Dio, si spinge oltre, specificando che fu Lenin, non Marx (come comunemente si crede) a consegnare la bandiera del comunismo al capitalismo, chiedendo ai militanti la professione di ateismo obbligatoria. La frase è chiarissima, non ci possono essere problemi di traduzione (entregar a bandeira- consegnare la bandiera). La frase di Marx “la religione è l’oppio dei popoli”, va dunque riletta mettendola nel giusto contesto, come forma dialettica della retorica. Marx era per la libertà di culto.
Per capire e attuare il suo progetto Dio ci ha dato 3 strumenti: la fede che è luce, la speranza che è forza di non arrendersi e l’amore che è il più importante dei tre. In nome di Dio, certo, si fanno e si sono fatte molte atrocità, ma se il mondo è così la colpa è solo nostra, non di Dio. E aggiunge: il futuro sarà ciò che noi facciamo adesso.
Il potere vuole tenerci distratti e ignoranti, ora con la rete è possibile fare qualsiasi cosa, la rete ha il compito di disincentivare l’impegno in politica, dando una visione frammentata e frammentaria della realtà. Trump è riuscito a farsi eleggere manipolando i media, così come Bolsonaro in Brasile. Il capitalismo propone di barattare la nostra libertà per la sicurezza. Usa la paura per limitare la libertà. Nelle città, al giorno d’oggi, ci sono più farmacie che librerie. Si spendono tantissimi soldi in sicurezza e si crea la disuguaglianza, perché il sistema capitalista vuole rendere normale la disuguaglianza. E’ d’accordo con quanto diceva Bobbio circa la differenza tra destra e sinistra, cioè che la destra crede nella disuguaglianza e la sinistra nell’uguaglianza.
La sfida che il vangelo ci pone, prosegue, è come utilizzare le tre verità teologiche: fede, speranza e carità affinché ci portino alla libertà. Poi conclude il suo intervento, parlato tutto d’un fiato, con parole essenziali e trasparenti, non una più del necessario, in un bel portoghese schietto, talmente chiaro da non avere neanche bisogno di tanta traduzione, citando il profeta Isaia:” la pace verrà come frutto della giustizia”.
C’è spazio per le domande e visto il tema ne approfittiamo per chiedere se ha un’idea più chiara della nostra su ciò che sta accadendo in Venezuela e soprattutto sul perché i governi progressisti non riescano a conservare il potere in Sudamerica. La risposta è naturalmente chiara ed essenziale. I governi progressisti, dice Frei Betto, hanno commesso 3 grossi errori: non hanno promosso l’alfabetizzazione politica dei cittadini che il capitalismo ha trasformato in consumatori, hanno avuto troppa fiducia nell’export di materie prime (gli USA sono il primo importatore di petrolio e hanno tutti gli interessi ad averlo al minor costo possibile, meglio se gratis- Trump infatti vorrebbe occupare il Venezuela, ma senza pagare il prezzo delle vite di soldati americani quindi cerca di farlo fare ad altri e per fortuna non ci sta riuscendo) e si sono resi preda della corruzione. Non fa una piega.
E quando pensiamo di aver già sentito abbastanza cita Fidel (Castro), ricordando un suo pensiero: un rivoluzionario può perdere tutto tranne la morale. E va avanti, raccontando di quando Castro, in una delle sue visite a Cuba, gli chiese una bibbia, confessando che ogni membro del partito ne aveva una, e lui regalandogli la sua copia in lingua spagnola gli scrisse la seguente dedica: “A Fidel, in cui Dio ha fede”. La forza del traduttore (un prete) ha avuto un tremito.
L’ultima parola è per l’ambiente: alla domanda sulla salvaguardia della natura in quanto vita, risponde che siamo noi umani ad aver bisogno della natura, non viceversa, la natura era già lì molto prima del nostro arrivo. Da Cartesio in poi, però, abbiamo perso la nostra dimensione olistica, di tutt’uno con ciò che ci circonda e dunque quando si afferma che la vita va difesa in quanto valore supremo, non si intende solo la vita dell’essere umano, ma la vita del pianeta, della natura tutta.
Poi, per la terza volta ci dice di aver parlato già troppo. Non c’è davvero nulla da aggiungere perché in fondo, quella prima frase: “tutto è politica” aveva in sé il senso pieno del suo pensiero. E del nostro. Di noi che eravamo lì ad ascoltarlo, ma che non avremmo saputo esprimerci in modo così semplice.
Lisa Gino