Fallisce l’incontro al Ministero del Lavoro fra azienda e organizzazioni sindacali. Oltre 1500 addetti di Telecontact (3000 totali) a rischio nel passaggio alla newco Dna. Tim non recede dalla sua decisione pronta ad agire unilateralmente con la vendita. La mobilitazione continua.
Si è concluso con un verbale di mancato accordo l’incontro convocato dal Ministero del Lavoro venerdì 12 dicembre 2025 tra TIM, la società DNA e i sindacati Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil sulla vendita di Telecontact alla nuova azienda Dna. Le parti hanno sancito distanze ormai incolmabili sulla controversa cessione di rami d’azienda che riguarda oltre 3.300 persone.
Al centro della vertenza c’è l’operazione che prevede l’uscita dal Gruppo TIM di 1.591 lavoratori di Telecontact (il settore Contact Center), destinati a confluire, insieme ai 1.789 dipendenti di Gruppo Distribuzione, nella nuova società DNA.
I sindacati hanno ribadito il loro netto “no”, definendo il piano industriale di DNA come una “operazione senza prospettiva” che, basandosi su un ipotetico calo graduale dei volumi di TIM in quattro anni e su future attività di digitalizzazione ancora da acquisire, non offre “garanzie e prospettive di stabilità” per i lavoratori coinvolti.
Nonostante il mancato accordo, TIM ha confermato che la procedura di cessione (ai sensi dell’art. 47) resta aperta. L’azienda ha difeso la sua mossa, definendo l’accordo mancato come “un’occasione persa” per il rilancio di Telecontact, azienda che – secondo i dati forniti da TIM – è in perdita da anni e che prevede un rosso di 12 milioni di euro per il 2025.
TIM accolla tutta le responsabilità sulle lavoratrici e i lavoratori di lamentando un “elevato tasso di assenteismo” in Telecontact, superiore alla media del Gruppo, oltre a un “sovradimensionamento del personale” indiretto e di staff. Se il progetto DNA non si realizzerà, l’azionista unico di Telecontact TIM ha avvertito (minacciato?) che si renderà necessario un percorso di ristrutturazione aziendale per recuperare produttività e ridurre i costi.
Le Segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil hanno invece invitato TIM a revocare immediatamente la cessione, accusando l’azienda di aver “abbandonato Telecontact al proprio destino” per anni, non investendo in formazione e relegandola ad attività a basso valore. Le sigle sindacali si dicono pronte a un contenzioso giuridico in Tribunale se TIM procederà con azioni unilaterali, ma restano convinte che un rilancio interno dell’azienda sia “assolutamente possibile”.
L’opposizione sindacale non è solo formale, ma di sostanza: l’operazione, che prevede il conferimento del ramo d’azienda Telecontact alla newco DNA S.r.l. (controllata da Gruppo Distribuzione), è giudicata “priva di prospettiva industriale“. Il timore è che il passaggio a una società con un capitale sociale di soli 10.000 euro sia in realtà un’operazione di esternalizzazione mascherata destinata a gestire esuberi e ridurre tutele nel medio periodo.
Ivrea e Valle d’Aosta entrambe colpite dallo smembramento dell’eredità Olivetti
La vertenza Tim-Telecontact impatta fortemente la nostra area geografica con le sedi di Aosta e Ivrea, presidi storici delle attività di assistenza clienti e call center di Telecontact, dove il totale dei dipendenti coinvolti è di circa 130 unità. A Ivrea sono 90 i lavoratori a rischio e ad Aosta i dipendenti coinvolti sono 40. Si tratta in gran parte di donne, il cui futuro professionale è ora in bilico. Lunedì 17 novembre a Ivrea si è tenuto un presidio delle lavoratrici e dei lavoratori di Ivrea al quale hanno partecipato anche colleghe e colleghi di Aosta. Una delegazione è stata ricevuta dall’amminstrazione comunale eporediese. La crisi ha infatti rapidamente assunto una dimensione politica locale: le istituzioni sono state chiamate in causa dai sindacati per attivare con urgenza tavoli di confronto e scongiurare l’ennesima perdita di posti di lavoro strategici. Il 1 dicembre si è svolto in Regione Piemonte un incontro al quale hanno partecipato la vicepresidente della Regione Piemonte Elena Chiorino, la Città metropolitana di Torino con la consigliera Sonia Cambursano, il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore e l’assessora con delega al lavoro Gabriella Colosso. I sindacati hanno ribadito con forza la loro totale contrarietà all’ultima manovra in atto nel Gruppo TIM.
L’allarme si concentra in particolare sul territorio di Ivrea, un’area storicamente legata al mondo industriale e tecnologico. Le organizzazioni sindacali hanno lanciato un appello alla Regione Piemonte, chiedendo di “accendere un faro” sull’area. Ivrea, infatti, continua ad essere un polo cruciale per il settore Tlc in Piemonte, circa 2.000 dei 6.000 addetti regionali del comparto Tlc operano in questa area. Le attività legate alle telecomunicazioni sono state il naturale sbocco industriale del territorio dopo il disfacimento di Olivetti. Come denunciano le sigle sindacali da anni, l’attuale assenza di una politica industriale chiara e le “scelte errate” a livello nazionale rischiano di compromettere seriamente il tessuto produttivo locale.
La mobilitazione continua
Dopo il partecipato sciopero generale del 17 novembre, le lavoratrici e i lavoratori mantengono alta la mobilitazione con l’astensione dal lavoro di due ore a fine turno, un segnale chiaro che l’opposizione alla vendita non si fermerà.
Il fronte è aperto: i sindacati ribadiscono che non firmeranno alcun accordo al ribasso. La vicenda, ormai trasformata in una complessa vertenza politico-sociale, mette alla prova la capacità delle istituzioni di difendere un settore strategico e i lavoratori di fronte alle ristrutturazioni aziendali.
a cura di Cadigia Perini
