Tacchi rotti, eppur bisogna andar

Sabato 18 giugno 2023, mi dirigo verso il mio primo pride.

Ho 30 anni, sono queer, ho vissuto all’estero per molti anni per poi fermarmi in un piccolo paese di una valle alpina.
Ho vissuto dietro una tiepida ombra per molto tempo, raccontandomi di non avere bisogno di fare coming out in famiglia e sul posto di lavoro.
Nascondendomi nella convinzione che l’ovvia libertà di ognunə di noi di essere sé stessə non necessitasse di una manifestazione esterna.
Mi sbagliavo.
Quando ho iniziato a muovere i primi passi oltre quest’ombra mi sono resa conto di quanta paura di giudizio avessi dentro.
Paura di essere rivalutata (negativamente) come persona dopo aver espresso il mio orientamento sessuale.
Paura di sentire frasi violente e piene d’odio.
Paura di sentirmi impotente, pietrificata, paura di odiarmi per questo.
Questi, forse, sono i motivi per cui non avevo ancora partecipato a un Pride.
Inconsapevolmente, fingevo di non averne bisogno.
Ho portato il mio corpo e la mia anima in corteo con piacere immenso.
Durante il tragitto in treno ho potuto udire frasi d’odio e di discriminazione verso la nostra comunità.
Ci hanno definitə “malatə ”, e hanno cambiato vagone.
Ho percorso insieme a migliaia di persone le strade della zona nord di Torino.
Il caldo era soffocante, ma i colori, i sorrisi, i corpi intorno a me erano boccate di aria fresca.
Mi sono guardata intorno, e ho visto una lotta vestire i panni dell’amore.
Eravamo in migliaia, partendo da Corso Vercelli, a danzare in corteo verso il Parco del Valentino.
Guardavo in su verso i balconi dei condomini: alcunə sorridevano, altrə ci guardavano indignatə.
E guardavo intorno a me persone anziane, genitori, bambinə , sedie a rotelle, baci, bandiere arcobaleno, cartelloni.
Ha partecipato anche il sindaco Stefano Lo Russo, in sostegno a una città più tollerante ed inclusiva.
I diritti dell’intera comunità LGBTQIA+ sono più che mai sotto attacco, e l’urgenza di lottare e di esplodere attraverso questa galassia di colori è di primaria importanza.
Una lotta alla conformità, alle disuguaglianze, al razzismo, al patriarcato, all’esclusione di persone con disabilità e neurodivergenze, alla transfobia istituzionale.
Una lotta per il diritto all’omogenitorialità e al riconoscimento di figlie e figli da parte di entrambi i genitori e per la tutela delle famiglie arcobaleno.
Quella che vogliamo è una comunità aperta ed inclusiva, e prima o poi la avremo.
Questa è la lotta dell’universo arcobaleno che sfila perché queste violenze cessino di lasciare segni sulle nostre vite.
Il Pride, una rivoluzione per me fino ad ora silenziosa, mi è esplosa finalmente nel cuore in tutta la sua bellezza.
La mia rivoluzione, per un presente in cui non lascio indietro nessunə, per un presente in cui io e la mia compagna siamo tutelate e libere di scegliere.

Arianna Melis