Stampaggio a caldo nel Canavese. Quali prospettive?

Il convegno organizzato il 4 ottobre a Forno Canavese da Fiom CGIL Torino, Cgil Torino, SPI leghe alto Canavese Ivrea-Caluso, con il patrocinio della Comune di Forno Canavese e della Città Metropolitana di Torino, è nato dalla preoccupazione per i riflessi internazionali che si stanno riversando sulle aziende attive nel processo produttivo dello stampaggio a caldo e sui lavoratori in esse impiegati.

Il Convegno organizzato da Fiom, Cgil e Spi sullo “Stampaggio a caldo in Canavese Occidentale” che si è tenuto a Forno Canavese sabato 4 ottobre, ha richiamato l’attenzione su un distretto industriale che ha giocato e continua a giocare un ruolo chiave nel quadro dell’economia locale e nazionale. Ancor di più, lo stampaggio a caldo ha forgiato l’identità di un territorio e modellato la comunità che lo abita. Lo ha messo bene in luce la relazione presentata da Giuseppe Capella (Cgil Ivrea), che raccoglie i risultati di una ricerca condotta dal gruppo di lavoro della Fiom basata su dati raccolti dal sindacato in collaborazione con il Centro per l’Impiego di Cuorgnè e UNISA (Unione nazionale italiana stampatori acciaio). Sono state prese in esame “46 aziende di stampaggio a caldo più 17 ‘aggregate’ (trattamenti termici, lavorazioni meccaniche e di finitura). Parliamo di 2500 addetti, ai quali bisognerebbe sommare i lavoratori dell’indotto (aziende che svolgono “lavorazioni meno specializzate” come la pulitura pezzi, sabbiatura, molitura, marchiatura”)

Lo studio mostra come negli ultimi decenni le imprese del distretto siano state capaci di surfare sulle onde del cambiamento, soprattutto quello innescato dalla crisi della Fiat che fino agli anni ‘80 assorbiva il 70% della produzione. Il mercato si è via via diversificato (il 40% dei prodotti OEM è ora acquistato da multinazionali), mentre la produzione è stata investita da significativi processi di automazione e informatizzazione. L’intero comparto si è complessivamente modernizzato, ma il prezzo del cambiamento è stato alto per i lavoratori: i livelli occupazionali (nello studio si parla di circa 10 mila lavoratori) si sarebbero dimezzati.

Per questo l’orizzonte, dalle parti di Busano, Forno, Rivara appare piuttosto grigio. Il 2024 si è chiuso con un calo del 18% del tonnellaggio prodotto rispetto all’anno precedente e non si colgono segnali di un mutamento di tendenza. Anzi, l’aumento del costo dell’energia causato dal conflitto russo-ucraino, la crisi dell’automotive, la guerra commerciale e i dazi sull’acciaio, stanno esercitando una pressione sempre più forte sul distretto.  Dino Ruffatto, presidente Unisa, non ha nascosto i problemi posti dal quadro internazionale: l’alto grado di specializzazione permette alle aziende di resistere sul mercato, ma esiste ormai un gap del 20% rispetto ai competitor indiani, cinesi e turchi.

L’energia è il cuore del problema. Lo stampaggio a caldo è infatti un settore estremamente energivoro: occorrono 6 milioni di kWh per 9 mila tonnellate di prodotto. Il prezzo medio del gas, con cui si produce l’energia elettrica per il riscaldamento dei forni a induzione, è salito dai 26 euro/MWh del 2024 ai 42 euro/MWh del marzo 2025 e nel nostro Paese il costo dell’elettricità si aggira intorno ai 150 euro/MWh (in Germania 138 euro/MWh, Francia 123 euro/MWh, Spagna 108 euro/MWh). Il Decreto Bollette, che pure dato qualche sollievo rimane una risposta provvisoria, che non può certo sopperire al bisogno di una politica energetica strutturalmente incisiva.

La giornata si è arricchita con gli interventi dei partecipanti: Andrea Giorgis, nelle vesti di RSU e RSL, si è soffermato sui temi della sicurezza sul posto di lavoro e della formazione. Alfredo Ghella, storico rappresentante dei metalmeccanici canavesani, ha presentato uno spaccato di storia del distretto, rimarcando le capacità di modernizzazione del settore e l’importanza che la contrattazione ha avuto in questo processo. Sonia Cambursano, consigliera metropolitana con delega allo sviluppo economico e alle attività produttive, ha espresso un parere concorde rispetto all’esigenza di migliorare la rete viaria e infrastrutturale nell’interesse del polo dello stampaggio e quindi dell’intera comunità locale, un aspetto esplicitamente richiamato nella relazione di Capella. Edi Lazzi, segretario della Fiom di Torino, ha precisato che non è l’economia di guerra la cornice entro cui è possibile e pensabile il rilancio del settore; investire denaro pubblico per comprare armi significherà semmai sottrarre risorse che, al servizio di una seria politica industriale, avrebbero invece un impatto positivo sulla domanda (basti pensare ai benefici che maggiori investimenti in agricoltura, ad esempio, porterebbero all’intero comparto). Nell’intervento conclusivo, Elena Ferro, segretaria Cgil Torino, ha ben delineato la proposta emersa dal Convegno, vale a dire la creazione di un osservatorio che coinvolga i sindacati, le associazioni datoriali e gli enti pubblici a diversi livelli, per monitorare le condizioni del distretto ed articolare possibili risposte alla crisi.

Sul polo dello stampaggio a caldo, storica eccellenza del nostro territorio, si annodano dunque i grandi problemi del nostro tempo. Per fronteggiarli, e qui riprendo le parole di Edi Lazzi, è necessario sviluppare un’intelligenza collettiva ed il Convegno ha il grande merito di avere tracciato un primo, necessario solco in questa direzione.

Mi permetto qui una breve riflessione personale a margine: credo che in momenti di crisi e di transizione come questo, i lavoratori possano riscoprirsi i protagonisti di una storia che, abbiamo visto, parte da lontano. Saranno più forti se si riconosceranno e organizzeranno come parte organica di un sistema che va oltre la singola fabbrica. Come lavoratori del distretto dello stampaggio a caldo, appunto. Immagino, ad esempio, un Consiglio dei delegati delle aziende del distretto, che nel prossimo futuro porti avanti il punto di vista degli operai in questa fase di resistenza, ricerca e sperimentazione.

Gabriele Pascuzzi